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Rarità Articoli

Il percorso del paziente con malattia rara

Il modello della Regione Lazio dall’ipotesi diagnostica alla assistenza globale.

Fabio Ambrosino

Think2it

By Giugno 2018Luglio 31st, 2020Nessun commento

Le tappe del Pdta
Dal momento in cui il medico di medicina generale formula un’ipotesi diagnostica di malattia rara inclusa nel Dpcm 12/01/2017, il paziente entra in un percorso diagnostico-terapeutico assistenziale (Pdta) definito (nell’infografica, gli snodi colorati in verde) per la sua patologia specifica. A partire dall’indicazione dei centri di riferimento dove effettuare gli accertamenti diagnostici, questo accompagna il soggetto fino alla scelta dei trattamenti e alla pianificazione degli interventi di assistenza.

Pallore, affanno, ittero. La madre di Samuel, 5 mesi, sa bene cosa quei sintomi possono significare. Lei stessa, come diversi altri membri della sua famiglia, soffre di una rara forma di anemia congenita – la sferocitosi ereditaria – causata da un difetto a livello della membrana dei globuli rossi. Decide quindi di rivolgersi al pediatra di famiglia, l’unico nel piccolo paese in provincia di Latina dove vivono, il quale conferma il sospetto diagnostico e prescrive al piccolo ulteriori accertamenti. Da quel momento Samuel diventa un bambino potenzialmente affetto da una malattia rara. La sua storia, quindi, permette di capire quali sono i percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (Pdta) previsti dal sistema sanitario della Regione Lazio per questa categoria di pazienti.

A partire dal 2002, infatti, la giunta regionale del Lazio ha progressivamente recepito le indicazioni ministeriali in merito all’istituzione di una rete nazionale delle malattie rare, tra cui quelle relative alla creazione, attuata nel 2008, di un registro dedicato: il Sistema informativo malattie rare Lazio (Si-MaRaL) [1]. Dal 2013 al 2015, poi, la regione ha effettuato una riorganizzazione dell’assetto assistenziale basata sul lavoro di un gruppo di operatori delle strutture del sistema sanitario regionale e di rappresentanti delle associazioni di pazienti. Questo ha individuato un centro di coordinamento regionale, stilato l’elenco degli istituti specializzati per il trattamento delle singole patologie (elenco che è stato recentemente aggiornato) [2] e individuato un elenco di 18 gruppi di patologie, per le quali si è poi provveduto a definire Pdta specifici.

“Se c’è un sospetto diagnostico di una malattia rara inserita nell’allegato 7 del Dpcm 12/01/2017 [3] – spiega Simonetta Barbacci, funzionaria dell’Area programmazione della rete ospedaliera e risk management della Regione Lazio –, il medico di famiglia o lo specialista deve indirizzare la persona al Centro regionale di riferimento della rete malattie rare riconosciuto dalla Regione Lazio per la specifica malattia rara”.

Per i pazienti come Samuel, per i quali c’è un sospetto di anemia ereditaria, la prima struttura indicata è l’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, dove la madre lo porta per eseguire gli accertamenti necessari a confermare o rifiutare la diagnosi: emocromo, parametri di emolisi, striscio di sangue periferico e altri. Esami questi che, essendoci un sospetto diagnostico di malattia rara, vengono eseguiti in regime di totale esenzione dal ticket. “Nel caso di possibile patologia rara di origine ereditaria, poi, anche gli esami genetici dei famigliari possono essere eseguiti gratuitamente”, aggiunge Barbacci.

I test a cui viene sottoposto Samuel, purtroppo, risultano positivi. La diagnosi è quindi confermata: sferocitosi ereditaria. Il medico specialista, come vuole la prassi, rilascia un certificato di malattia rara, di durata illimitata e validità nazionale. In quel momento il suo caso viene inserito nel sistema SiMaRaL, attraverso una scheda che riporta le informazioni riguardanti la diagnosi (momento di esordio di segni e sintomi, data e modalità), il piano assistenziale individuale (prescrizioni di farmaci, interventi riabilitativi, trattamenti chirurgici ed eventuali richieste di ausili e protesi) e i cosiddetti bilanci di salute, con le relative indicazioni su data e setting delle visite di follow up.

Questo sistema permette di avere una fotografia della situazione a livello regionale e di individuare, di conseguenza, eventuali aree critiche. Per esempio, dal rapporto 2015 [4] era emerso un gap tra il numero di schede chiuse con la motivazione “trasferimento” e le corrispondenti aperte nei centri di arrivo, a indicare, specie nella transizione dall’età pediatrica a quella adulta, un possibile problema di continuità terapeutica. Una situazione, questa, alla quale si sta tentando di porre rimedio, nell’ambito di alcune patologie specifiche (ad esempio, quelle emorragiche congenite), con l’implementazione di un modello organizzativo di rete clinica hub e spoke.

“Da un punto di vista assistenziale – sottolinea Barbacci – il centro hub e i presidi spoke possono garantire la stessa complessità di prestazioni, con il valore aggiunto che il centro svolge anche attività di coordinamento della rete e di formazione per i servizi territoriali e i medici di famiglia. Le strutture presenti sul territorio svolgono invece le funzioni assistenziali meno complesse, sia di inquadramento diagnostico sia di trattamento, le quali possono essere così erogate vicino alla residenza del paziente”.

Samuel, quindi, verrà seguito principalmente dai centri presenti nella sua provincia di residenza, i quali lo seguiranno in tutto il percorso terapeutico. Dopo aver ricevuto la diagnosi, infatti, al piccolo viene prescritta una somministrazione periodica di acido folico e vitamina B12. Terapia per la quale, trattandosi questi di farmaci di classe A, ha diritto all’esenzione. Lo stesso vale, per tutti i pazienti affetti da malattie rare, per i medicinali di classe H e per quelli innovativi o sottoposti a sperimentazione clinica specificati dall’elenco predisposto dalla Commissione unica del farmaco [5]. Per quanto riguarda i farmaci di classe C, invece, questi sono generalmente a carico dell’assistito, a meno che il medico proscrittore del Centro malattie rare non dichiari che il trattamento in questione è indispensabile a evitare un aggravamento della malattia o la morte del paziente.

Un meccanismo che può però risultare in prescrizioni inappropriate, specie in assenza di evidenze scientifiche solide. “Quello dell’appropriatezza prescrittiva dei farmaci di fascia C o galenici per i quali non esistono consolidate prove di efficacia è un punto che deve essere migliorato”, spiega Barbacci. “A riguardo la regione sta organizzando dei gruppi di lavori su singole tematiche, i quali vedono lavorare insieme gli specialisti dei centri e quelli dei servizi farmaceutici delle Asl. Attualmente si sta lavorando sulle prescrizioni dermatologiche”.

L’obiettivo generale, conclude la funzionaria dell’Area programmazione della rete ospedaliera e risk management, è quello di garantire “un’assistenza globale, che tenga conto della complessità dei bisogni dei pazienti in funzione dell’età, del sesso e delle condizioni socio-economiche”. La stessa implementazione di un modello hub e spoke nell’ambito di alcune patologie dimostra la volontà del sistema sanitario regionale di fornire trattamenti di elevata qualità in modo quanto più capillare possibile, concentrando invece le attività ad alta complessità in pochi centri con adeguato expertise ed efficienza organizzativa.

Più che in altri casi, infatti, nell’ambito delle malattie rare è fondamentale che l’assistenza avvenga sul territorio. Il dover passare molte ore in auto per portare il proprio figlio alle visite di routine, per esempio, può avere delle ripercussioni sulla qualità di vita del paziente e dei genitori, mettendo a rischio l’efficacia degli interventi clinici. Ovviamente, in alcuni casi il livello di specializzazione tecnica necessario a somministrare determinati trattamenti è talmente elevato da far sì che questo possa essere erogato solo in alcune strutture, ma a livello organizzativo è quanto meno importante che questi aspetti vengano tenuti in considerazione.

Altrettanto importante, infine, è l’informazione. Per questo motivo, dal 2009 è attivo sul sito della regione un portale interamente dedicato alle malattie rare [6]. Qui i pazienti possono trovare informazioni utili, dalle normative vigenti alle statistiche regionali, e scoprire – attraverso l’apposita sezione “ricerca malattia rara” – i centri di riferimento regionali e i Pdta per la patologia specifica di cui soffrono.

Bibliografia

[1] Sistema Informativo malattie rare Lazio (SiMaRaL) (a cura di Esmeralda Castronuovo e Domenico Di Lallo). Le malattie rare nella Regione Lazio. Rapporto Anno 2015. Regione Lazio, dicembre 2016.
[2] Decreto del commissario ad acta n. U00063. Aggiornamento della Rete regionale malattie rare in attuazione del Decreto del commissario ad acta 15.09.2017, n. U00413 – Individuazione centri e presidi di riferimento.
[3] Decreto ministeriale del 12 gennaio 2017. Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. Gazzetta Ufficiale, 18 marzo 2017, n. 65.
[4] Centro di coordinamento regionale malattie rare Lazio. Le malattie rare nella Regione Lazio. Rapporto anno 2015. Dicembre 2016.
[5] Legge 648/96. Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, recante misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l’anno 1996. Gazzetta Ufficiale, 23 dicembre 1996, n. 300.
[6] www.regione.lazio.it/malattierare/