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Management della ricerca Articoli

Perché un’infrastruttura di ricerca in un grande ospedale

Personale formato e tecnologie all’avanguardia che forniscono servizi per una ricerca di alta qualità.

Caterina Caminiti

Direttrice Unità operativa ricerca e innovazione, Azienda ospedaliero-universitaria di Parma

By Novembre 2017Luglio 31st, 2020Nessun commento

Negli ospedali dove si fa ricerca, si cura meglio. Non è solo un’intuizione, ma esistono evidenze a sostegno di questo principio. I pazienti inclusi in uno studio clinico hanno l’opportunità di ricevere trattamenti innovativi altrimenti non disponibili, in alcuni casi l’unica possibilità di cura, e vengono seguiti secondo un protocollo rigoroso [1]. La letteratura scientifica suggerisce, inoltre, che i pazienti seguiti in centri dove si fa ricerca o da professionisti che la praticano, anche quando non inseriti in progetti di ricerca, presentano migliori esiti di salute, ad esempio una più bassa mortalità, e ricevono un’assistenza più appropriata (maggiore adesione alle linee guida prescrittive e alle evidenze scientifiche) [2]. Sono riportati anche vantaggi per le istituzioni sanitarie che fanno della ricerca una priorità, dove i clinici hanno maggiori opportunità di acquisire nuove conoscenze e competenze, che possono direttamente trasferire nella pratica quotidiana, e sono stimolati a ricercare dei trattamenti ottimali per i propri pazienti. A questi importanti aspetti è stata dedicata una serie di articoli pubblicati sulla prestigiosa rivista Annals of Oncology [1]. Fare ricerca, insomma, non serve solo per acquisire nuove conoscenze ma anche per fornire un’assistenza di buona qualità. Gli ospedali universitari si trovano in una posizione privilegiata in questo senso, in quanto in essi coesistono le competenze e le tecnologie necessarie per attuare ricerca in tutti gli ambiti, da quella biomedica (modelli in vitro o in vivo), traslazionale, clinica sperimentale e osservazionale, fino a studi su nuove modalità organizzative, gestionali e formative. Una buona idea è essenziale per attuare un progetto di ricerca, ma non è sufficiente.

Il mondo della ricerca clinica è sempre più complesso e competitivo, caratterizzato da un numero crescente di trial realizzati a livello internazionale. Gli studi clinici sono sempre più ampi, coinvolgono numerosi centri e, inoltre, riguardano settori molto specialistici e l’analisi di enormi quantità di dati (big data) [3,4]. La corretta pianificazione e l’efficiente conduzione di uno studio richiedono pertanto la presenza sul posto di strutture, tecnologie e personale adeguato, oltre alla stretta collaborazione con network internazionali. Di cruciale importanza risulta anche la capacità di saper attrarre e reperire i finanziamenti necessari: impresa difficile in un mondo sempre più competitivo, dove i fondi pubblici scarseggiano. Una volta avviato lo studio, poi, è fondamentale garantire che vengano rispettati i requisiti di buona pratica clinica (good clinical practice), così come la piena adesione a quanto previsto nel protocollo scientifico e nel piano dei costi, e, infine, che i risultati dello studio vengano adeguatamente disseminati (indipendentemente dall’esito). Gli aspetti organizzativi dell’attuazione di uno studio sono, in realtà, elementi fondamentali per garantire la trasparenza e la qualità dei processi, la rapidità di azione e la riduzione di sprechi, e ovviamente la tutela dei diritti dei pazienti. L’eccessivo carico burocratico, la complessità degli aspetti regolatori e la mancanza di una infrastruttura di ricerca che faciliti la conduzione di studi clinici figurano tra le principali ragioni che portano molti clinici a rinunciare al loro impegno nella ricerca [5]. Tutte queste attività e la complessa rete di stakeholder coinvolti in un progetto di ricerca non possono essere gestite dal singolo ricercatore, che molto spesso è fortemente impegnato anche in attività assistenziali e nella didattica.

Per questo motivo, all’interno dei grandi ospedali assumono fondamentale importanza le infrastrutture di ricerca, dotate di personale adeguatamente formato e di tecnologie all’avanguardia, che forniscono prevalentemente servizi e competenze ai vari stakeholder per attuare ricerca di alta qualità.

 

L’esperienza di Parma

L’infrastruttura della ricerca dell’ospedale di Parma è una rete organizzativa composta da vari elementi strettamente connessi tra di loro che si è costruita nel tempo. Il primo tassello è stato realizzato nel 2006 con la costituzione dell’Unità operativa ricerca e innovazione in staff alla direzione generale. Questa rappresenta la prima struttura complessa dedicata all’attività di ricerca della regione Emilia-Romagna, in linea con gli indirizzi regionali volti a sostenere e incentivare la ricerca nel proprio servizio sanitario (legge regionale n. 29 del 2004). L’Unità operativa ricerca e innovazione funge da punto di  coordinamento, controllo e supporto all’interno dell’ospedale al fine di garantire la governance della ricerca e l’attuazione di studi di alta qualità. Non essendoci linee guida su come una simile struttura debba operare, l’Unità operativa ricerca e innovazione ha mosso i primi passi concentrandosi sulla diffusione di opportunità di ricerca pubblica, in particolare quelle relative al Programma di ricerca regione-università dell’Emilia-Romagna (PrRU) ideato da Alessandro Liberati − ricercatore di fama internazionale impegnato nella promozione e nello sviluppo della ricerca clinica e dell’innovazione a livello regionale e all’interno del Sistema sanitario nazionale − e sulla realizzazione di eventi formativi in materia di metodologia della ricerca, con l’obiettivo di aiutare i proponenti nella formulazione di proposte progettuali. Nel corso degli anni, il raggio d’azione dell’Unità si è gradualmente ampliato e lo staff si è arricchito di personale specializzato con competenze altamente qualificate e diversificate: biostatistico, data manager, bioinformatico, esperto legale, economista, information specialist, responsabile della qualità, esperto di comunicazione scientifica. Oggi vi lavorano 13 professionisti che operano in sinergia e coprono tutte le fasi di realizzazione di uno studio e di coordinamento/governance delle attività; attività che sono state in parte ispirate dai bisogni espressi dai professionisti o rilevati attraverso indagini conoscitive ad hoc, e anche dalla letteratura e da esperienze di altri centri internazionali. L’infrastruttura si articola in quattro settori, in base alle principali aree di attività.

  1. Statistica medica, epidemiologia e bioinformatica: collabora attivamente con i team di ricerca, fornendo competenze metodologiche in numerosi ambiti (clinico-sperimentale, genetico, epidemiologico) per tutto il processo di realizzazione dello studio, dall’ideazione fino alla pubblicazione. Particolare attenzione viene data alle modalità di raccolta, integrazione e archiviazione di dati per garantire un’alta qualità, in accordo ai regolamenti per la sicurezza e riservatezza dei dati.
  1. Qualità delle procedure e monitoraggio: è orientato alla salvaguardia della qualità degli studi attraverso la formalizzazione dei processi relativi all’attività di ricerca con la predisposizione di procedure operative standard, e gestisce l’attività di training per tutto il personale ospedaliero in tema di good clinical practice. Svolge attività di monitoraggio dei processi (consenso informato, tenuta della documentazione, gestione archivio dati, ecc.) effettuando visite e audit presso i centri sperimentali, relativamente agli studi clinici promossi dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma.
  1. Comunicazione e divulgazione scientifica: sviluppa le strategie di comunicazione delle attività di ricerca in corso e concorre a diffondere la cultura scientifica per accrescere la percezione dell’importanza della ricerca svolta in ospedale. Promuove il coinvolgimento di pazienti e cittadini nella ricerca, anche attraverso la realizzazione di incontri aperti al pubblico sulle opportunità di partecipazione a studi clinici in ospedale. Fornisce informazioni in merito ai progetti di ricerca in atto e alle pubblicazioni scientifiche dei professionisti dell’ospedale.
  1. Budget e accordi economici: gestisce i rapporti con gli sponsor per definire i contratti economici e attua la corretta gestione dei finanziamenti pubblici assegnati ai progetti di ricerca, al fine di prevenire le condizioni che possono mettere a rischio l’integrità e la trasparenza dell’attività di ricerca e di rendicontare il budget assegnato aderendo correttamente alle linee guida dell’ente finanziatore e alla normativa vigente. Ulteriore passo in avanti nella costituzione della infrastruttura di ricerca è stata l’istituzione, nel 2011, della rete Labmar di laboratori impegnati in ricerca biomedica con l’obiettivo di favorire lo scambio, la comunicazione e la stretta collaborazione tra i laboratori, consentendo di aggregare energie e risorse, sia sul fronte delle specifiche attività di ricerca sia nella promozione di nuovi progetti di ricerca. Il successo del progetto, che ha visto l’adesione di oltre 50 laboratori dislocati nelle diverse unità operative aziendali, ha ispirato la realizzazione del Centro comune di ricerca con lo scopo di assicurare una ricerca e un’assistenza di alto livello abbinando alla qualità della logistica e della tecnologia quella dei ricercatori e dei professionisti. Realizzata congiuntamente dall’Azienda ospedaliero-universitaria, dall’Università degli studi di Parma e dalla Fondazione Cariparma, è la prima struttura del suo genere creata in un ospedale italiano. Elemento fondamentale del Centro è CoreLab, inaugurato nel 2015 e collocato fisicamente accanto ai locali dell’Unità operativa ricerca e innovazione. CoreLab consta di sette laboratori che si occupano nello specifico di epigenetica, proteomica, trascrittomica e genomica. Vi lavorano in sinergia gruppi di professionisti, afferenti a diverse unità operative, altamente qualificati che si avvalgono di strumentazioni all’avanguardia e che operano in stretto accordo con specifiche procedure operative standard. In questi laboratori opera il personale dedicato alla ricerca dei reparti di cardiologia, oncologia, malattie infettive, genetica, ematologia e pediatria. Un’altra facility di cui si compone il Centro comune di ricerca è la Clinical trial unit, un’area dedicata alla ricerca per pazienti in regime ambulatoriale, in fase di attuazione. Il razionale che ha guidato la progettazione di quest’area è la consapevolezza che spesso i pazienti in studio non comprendono appieno la sperimentazione a cui partecipano [6,7], e si sentono disorientati dal non chiaro confine tra percorso terapeutico sperimentale e standard di cura [8]. La Clinical trial unit è stata pertanto progettata creando un ambiente che garantisca privacy e confidenzialità, sia ai soggetti in studio sia ai potenziali candidati che potranno ricevere tutte le informazioni di cui hanno bisogno lontano dal caos dei reparti. Consta di quattro ambulatori, un laboratorio, un studio per data manager, un archivio, un sala ristoro per pazienti, una sala d’attesa e una cucina. Come per il CoreLab, la struttura viene utilizzata dalle varie équipe dell’ospedale nell’ambito di progetti di ricerca autorizzati e seguendo formali procedure di accesso e utilizzo. Infine, parte integrante della struttura organizzativa è la segreteria del comitato etico per Parma. La prossimità spaziale e l’integrazione con le altre componenti del Centro favoriscono una maggiore rapidità d’azione nell’iter di sottomissione e approvazione degli studi, elemento essenziale per un centro di ricerca, a vantaggio anche dell’attrattività nei confronti di ricercatori esteri e di sponsor.

Il servizio sanitario dovrebbe sostenere con fondi pubblici le infrastrutture a supporto della ricerca sanitaria sviluppata negli ospedali e riconoscere il valore delle professionalità coinvolte.

Investire in buona ricerca e di qualità

Cosa dovrebbe fare il servizio sanitario per favorire la ricerca di buona qualità negli ospedali? È auspicabile che, almeno nei grandi ospedali, le infrastrutture per la ricerca vengano sostenute e finanziate con fondi pubblici, in base all’attività svolta, e riconosciute come strutture a supporto della ricerca sviluppata nel Servizio sanitario nazionale. Sarebbe inoltre utile mettere in rete, dare visibilità e riconoscere il valore delle professionalità dedicate alla ricerca, stabilendo idonee procedure di reclutamento, progressione di carriera e retribuzione. Sarebbe infine opportuno prevedere un sistema premiale che tenga conto della partecipazione a vario titolo del personale sanitario in attività di ricerca, per valorizzare e riconoscere l’impegno profuso per l’avanzamento delle conoscenze e il miglioramento della salute nel Servizio sanitario nazionale.

Bibliografia

[1] Selby P, Autier P. The impact of the process of clinical research on health service outcomes. Ann Oncol 2011;22 suppl7:vii5-vii9.
[2] Clarke M, Loudon K. Eff ects on patients of their healthcare practitioner’s or institution’s participation in clinical trials: a systematic review. Trials 2011;12:16.
[3]  Zon R, Meropol NJ, Catalano RB, et al. American Society of Clinical Oncology Statement on minimum standards and exemplary attributes of clinical trial sites. J Clin Oncol 2008;26:2562-7.
[4] Rubio DM, Del Junco DJ, Bhore R, et al; Biostatistics, epidemiology, and research design (Berd) key function committee of the Clinical and translational science awards (Ctsa) consortium. Evaluation metrics for biostatistical and epidemiological collaborations. Stat Med 2011;30:2767-77.
[5] Djurisic S, Rath A, Gaber S, et al. Barriers to the conduct of randomised clinical trials within all disease areas. Trials 2017;18:360.
[6] Stryker JE, Wray RJ, Emmons KM, et al. Understanding the decisions of cancer clinical trial participants to enter research studies: factors associated with informed consent, patient satisfaction, and decisional regret. Patient Educ Couns 2006;63:104-9.
[7] Jeff ord M, Mileshkin L, Matthews J, et al. Satisfaction with the decision to participate in cancer clinical trials is high, but understanding is a problem. Support Care Cancer 2011;19:371-9.
[8] Lidz CW, Appelbaum PS, Grisso T, et al. Therapeutic misconception and the appreciation of risks in clinical trials. Soc Sci Med 2004;58:1689-97.