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Big data Articoli

Big data e innovazione farmaceutica

Il punto di vista del regolatorio.

Luca Pani

Direttore generale Agenzia italiana del farmaco

By Novembre 2016Luglio 31st, 2020Nessun commento

Le potenzialità dei big data nell’evoluzione della scienza medica e regolatoria sono ormai riconosciute a livello globale, ma la portata e l’impatto del fenomeno richiedono una rivisitazione radicale delle competenze e degli strumenti finora adottati per guidare le decisioni politiche, regolatorie e cliniche nel mondo del farmaco e della sanità.

Se per le autorità regolatorie la sfida cruciale dei prossimi anni sarà definire, riconoscere e premiare l’innovazione farmaceutica per garantire ai cittadini l’accesso a medicinali efficaci a prezzi sostenibili, non meno importante sarà la capacità di mettere a valore l’enorme mole di dati generati dai grandi database sanitari, dai registri medici elettronici, dalla digitalizzazione delle pubblicazioni scientifiche e dalla proliferazione di dispositivi medici personali.

Il “diluvio” di dati sanitari non è di per sé un valore e può costituire persino un’insidia per la salute e per la privacy, specie se gli interessi economici e l’utilizzo improprio dovessero prevalere sugli aspetti etici.

I big data in farmacologia sono grandi aggregazioni di informazioni legate alle popolazioni che assumono i farmaci, come ad esempio i dati biometrici, i dati relativi alle abitudini e agli stili di vita, all’interazione e agli effetti dei trattamenti farmacologici, all’andamento naturale delle patologie, alla durata della risposta farmacologica nel tempo.

Intanto è bene chiarire che il “diluvio” di dati sanitari non è di per sé un valore e può costituire persino un’insidia per la salute e per la privacy, specie se gli interessi economici e l’utilizzo improprio dovessero prevalere sugli aspetti etici e sulla gestione razionale e responsabile delle informazioni sensibili.

Una prima questione riguarda quindi le fonti e la qualità dei database, perché soltanto i dati acquisiti e gestiti correttamente sono in grado di produrre quelle evidenze validate che servono al processo decisionale. In altre parole, occorrerà passare dai big data agli smart data, cioè essere in grado di generare e selezionare i dati “giusti”, riducendo al minimo il rischio di errore, per svolgere analisi corrette e assumere decisioni informate e autorevoli. Sarà quindi fondamentale riuscire a integrare conoscenze di domini differenti e tradizionalmente non comunicanti, in un concorso di intelligenze e di competenze tecniche e scientifiche mai sperimentato, per valorizzare al meglio le straordinarie potenzialità dell’information technology applicata alle scienze della vita e, nel nostro specifico, ai processi regolatori lungo l’intero ciclo di vita del farmaco.

 Occorrerà passare dai big data agli smart data, cioè essere in grado di generare e selezionare i dati “giusti”.

Lo sviluppo clinico di molecole sempre più orientate a target mirati e popolazioni di studio definite in base a specifici biomarcatori richiede la capacità di condividere e integrare i risultati prodotti nei trial in modo da ottenere dati scientificamente significativi che possono indirizzare la ricerca futura, incidere sui processi regolatori e contribuire alla definizione di modelli teorici e computazionali in grado di simulare effetti su popolazioni più ampie.

Dalla pratica clinica provengono inoltre informazioni preziose su come i farmaci agiscono nella vita reale su un numero migliaia o milioni di volte superiore a quello delle popolazioni studiate nei trial, e sugli effetti a lungo termine per la rivalutazione dell’efficacia e del profilo beneficio-rischio. Per i regolatori, acquisire e analizzare in modo sistematico questa enorme mole di dati post-marketing significa poter contare su un patrimonio di conoscenze in continua evoluzione in grado di colmare i gap di evidenze al momento dell’autorizzazione, specie per quei farmaci che vengono immessi in commercio con procedure accelerate; significa anche poter gestire gli schemi di rimborso condizionato, informare le attività di health technology assessment e il processo di rinegoziazione, migliorare l’identificazione delle popolazioni target e verificare l’appropriatezza prescrittiva.

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È ciò che l’Aifa sta facendo da alcuni anni con i suoi database: la banca dati OsMed, la Rete nazionale di Farmacovigilanza e, soprattutto, i registri di monitoraggio, che consentono una gestione telematica di tutte le fasi di trattamento (eleggibilità, dispensazione, follow-up), rappresentando una risorsa informativa preziosa per il nostro Servizio sanitario nazionale.
In conclusione, l’ingresso dei big data nel mondo della farmacologia porta con sé un potenziale grande vantaggio per la salute dell’uomo. Il beneficio che ne consegue è però legato alla capacità di incrociare enormi masse di dati e analizzare così una quantità ineguagliata di informazioni, riferite a milioni di pazienti e pertanto in grado di consentire analisi di ampia portata mai tentate sinora. Tutto ciò richiede integrazione delle competenze e aggiornamento, condivisione delle conoscenze, collaborazione tra stakeholder (pazienti e medici in primis) e cooperazione tra attori pubblici e privati, ma anche un quadro giuridico in grado di contemperare trasparenza, accesso alla conoscenza, tutela dei dati personali e diritto alla riservatezza su informazioni sensibili come quelle che riguardano la salute.

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