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Influencer Articoli

Perché i medici popstar mi irritano

E perché dovrebbero irritare anche voi

Adam Cifu

Medical school academics, Bucksbaum institute for clinical excellence, Chicago university

medici pop
Fotografia di Lorenzo De Simone

Recentemente mi hanno fatto delle domande su un medico e il suo ultimo libro.

Non ha molto importanza chi sia questo medico né di che cosa parli il suo libro. I dettagli cambiano nel giro di pochi anni. Il dottore è fotogenico, quasi sempre maschio. È intelligente e ha un curriculum accademico impeccabile. Il libro parla di come risolvere un problema a cui la medicina tradizionale ha ben poco da offrire. Per esempio, come prevenire il cancro oppure come preservare le funzioni cognitive o raggiungere una longevità fuori dal comune. A volte i libri informano il lettore di un problema di cui non conosceva l’esistenza – come potrebbe essere una micosi sistemica, un’infiammazione vascolare o uno stress ossidativo – e propongono una soluzione.

Oltre ad essere considerati dei comunicatori di talento, questi medici famosi hanno molto in comune. Possiedono davvero delle conoscenze scientifiche e sono esperti nell’estrapolazione. Discutono di ipotesi e di studi preliminari, solitamente condotti in vitro, con cui vengono verificate. Se condividono dati clinici, questi provengono da trial di piccole dimensioni con endpoint surrogati. Ma, in realtà, non si hanno delle prove che le persone vivono più a lungo, mantengono le loro capacità cognitive o sviluppino il cancro meno frequentemente. L’autore potrebbe partire dalla correlazione tra lunghezza dei telomeri e invecchiamento biologico; associarla all’osservazione che nei topi una dieta ricca di antociani rallenta l’accorciamento dei telomeri; e scrivere un trattato su una dieta antietà a base di frullati di sambuco nero e arancia rossa [1].

Questi medici diventano il tormento dei colleghi praticanti. Se solo sento menzionare uno dei loro nomi, comincio a digrignare i denti in silenzio. Mai una vignetta come quella del New Yorker è riuscita a descrivere meglio questo mio pensiero.

Perché il lavoro di questi medici mi irrita? Non ho assolutamente alcuna avversione per i pazienti che si informano in autonomia. Pratico la professione di medico in un’epoca di empowerment e consapevolezza del paziente che sarebbe stata inconcepibile decenni fa. Mi piace lavorare in modo collaborativo con pazienti informati. Mi piace anche la sfida di sfatare i consigli bizzarri che periodicamente ricevono da una zia, da un amico o dallo zio medico in pensione del Colorado, oppure dal motore di ricerca di Google.

Credo che la mia irritazione derivi dalla consapevolezza che un buon consiglio medico è specifico e personalizzato. La pratica quotidiana della medicina consiste nel prendersi cura di più persone. I medici passano le loro giornate a dare consigli che valgono per i loro pazienti, mentre sono molto poche le raccomandazioni che possono dare alla popolazione in generale [2]. Ciascuno di noi dovrebbe fare attività fisica e allacciare le cinture di sicurezza, nessuno dovrebbe fumare o bere in modo smisurato; e tutti dovrebbero ricevere i vaccini pediatrici. Raccomandazioni di questo tipo non solo sono poche, ma non sono nemmeno interessanti oppure originali. Non sarebbero certamente adatte per un libro, un podcast, un canale YouTube o un programma televisivo interessante.

Chiunque spaccia consigli medici alle masse per arricchirsi o per diventare famoso deve essere, a mio avviso, una specie di ciarlatano.

Una volta date le informazioni basilari, diventa difficile offrire dei consigli di salute alla popolazione. Qualsiasi medico intervistato dalla stampa laica se ne può rendere conto immediatamente. Dopo ogni raccomandazione pronunciata, un’ondata di caveat inonda il cervello.

Una volta sono stato intervistato per un articolo di giornale. La domanda che mi avevano fatto era sensata, semplice e interessante per un vasto pubblico di lettori: “Quando si ha mal di testa, è meglio curarlo o sopportarlo?”. Se una mia paziente mi facesse questa domanda, sarebbe facile rispondere. Perché conoscerei la gravità e tipologia del mal di testa in questione. Saprei se il mal di testa richiede un’ulteriore valutazione; conoscerei la probabilità di sviluppare effetti collaterali da analgesici, perché sarei a conoscenza se la mia paziente beve, se ha una malattia renale o una gastrite. Conoscerei anche quali sono i suoi bisogni e valori. Si tratta di una paziente che volentieri assume i farmaci o di una che si vanta del suo stoicismo?

Nel tentativo di dare una raccomandazione che sia generica, il medico che parla in pubblico si trova di fronte a una scelta scomoda. Potrebbe scegliere per una risposta concisa che soddisferà l’intervistatore e che interesserà il lettore, ma che sarà sicuramente sbagliata per un gran numero di pazienti. Oppure potrebbe scegliere di dare una risposta prolissa piena di eccezioni, avvertenze e dettagli apparentemente non pertinenti – dunque una risposta di certo più accurata ma che probabilmente confonderà (e annoierà) il pubblico.

Immaginiamo ora che la scelta del medico sia influenzata non solo dal suo desiderio di dare informazioni e divulgare, ma anche dal desiderio di vendere libri e mantenere sui media una presenza redditizia.  Penso che questo sia il motivo per cui io, in quanto responsabile della cura delle singole persone che esercita la propria professione su una solida base di prove, sono così spesso frustrato dai medici famosi che esercitano il loro mestiere verso “le masse”. Anche i migliori media, quelli con scrittori e produttori attenti, che cercano di approfondire i temi affrontati, evitando il disease mongering e il sensazionalismo, spesso danno informazioni che sembrano illogiche e inappropriate nel momento in cui vengono riportate nello studio del medico da un paziente intelligente, colto e alfabetizzato su temi medici.

L’altro motivo per cui i “medici famosi” mi irritano è che a nessun medico piace essere messo in discussione. Penso: chi è questa persona che dà consigli al mio paziente? Non si tratta solo di un secondo parere che non avevo richiesto, ma spesso di un parere su questioni di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza. Non sapevo che il mio paziente avesse problemi di calo della libido? Mi imbarazza che il mio paziente senta il bisogno di chiedere informazioni a coloro che personalmente reputo dei ciarlatani. Non sono abbastanza le mie raccomandazioni e la mia disponibilità?

Esiste un ruolo per il medico in pubblico? Quando noi medici assumiamo un ruolo di esperti in pubblico dobbiamo innanzitutto sforzarci di diffondere quelle informazioni che sono noiose ma cruciali per un ampio pubblico: il casco per la bici, il sesso sicuro, i programmi di esercizio fisico e i lucchetti per armi da fuoco non sono argomenti terribilmente interessanti, tuttavia si prestano a raccomandazioni di ampio respiro. Quando le discussioni entrano nel campo dei suggerimenti che non valgono per tutti i soggetti, dobbiamo riconoscere questo limite. Dobbiamo definire con attenzione a chi stiamo parlando e chiarire che le raccomandazioni dirette ad ampie fasce della popolazione spesso non si applicano ai singoli individui. È necessario essere creativi per raggiungere questo obiettivo e allo stesso tempo continuare ad essere coinvolgenti; fare questo è per il bene di tutti. Inoltre, di regola, dobbiamo lasciare i consigli al medico che realmente segue il paziente. Questo deve essere fatto in modo più autentico rispetto al classico messaggio “Parla con il tuo medico di…”.

Prendersi cura di un singolo paziente è difficile. Prendersi cura di un pubblico, intrattenendolo, è impossibile. Spesso la buona medicina è noiosa. I progressi scientifici e le speculazioni sul futuro delle cure mediche possono essere eccitanti. Quando i medici cercano un pubblico più vasto devono ricordarsi che la loro più alta responsabilità è nei confronti dei singoli pazienti.

“Lavorerò come professionista della salute per migliorare la qualità delle cure mediche e per migliorare la salute pubblica, ma non lascerò che una considerazione pubblica o professionale minore interferisca con il mio impegno primario di fornire la migliore e più appropriata cura disponibile per ciascuno dei miei pazienti” [3].

Questo articolo è stato pubblicato su Sensible Medicine, il 12 settembre 2023, con il titolo “And why they should bug you too”. È stato tradotto e pubblicato su Forward grazie a un accordo con l’autore, che ringraziamo per la sua disponibilità.

Note
[1] Sembra davvero una buona cosa.
[2] Questo commento esclude ovviamente gli interventi trasformativi nella sanità pubblica.
[3] Bulger R. A dialogue with Hippocrates and Griff T. Ross, MD. In Bulger R, ed. In search of the modern Hippocrates. Iowa City: University of Iowa City Press, 1987.