“Io” è la prima persona.
“Tu” è la seconda persona.
“Lei” “Loro” “Esso” sono tutte terze persone.
Fin qui tutto bene.
Ma come può ChatGPT usare la parola “io”?
E quando noi parliamo di ChatGPT, usiamo “lui”
o “lei” o “loro” oppure “esso”? Perché tutto ciò
che è “esso” non dovrebbe poter dire “io”.
Probabilmente abbiamo bisogno di una forma
di “esso” che possa essere usata da ChatGPT
quando parla di sé o per suo conto. Perché “io”
porta con sé un peso emotivo e intellettuale
che ci confonde o ci inganna.
Come sottolinea Kevin Munger, la regola che
risolve la questione è davvero semplice e facile da
implementare (cioè, dovremmo vietare a questi
sistemi di parlare di sé stessi in prima persona e
agli esseri umani personali “io” e “noi”, ndr). Penso
che sia chiaro cosa si intende quando dico “noi”.
Ma cosa viene comunicato quando ChatGPT
o altri large language model dicono “io”?
Quando abbiamo costruito il bot per questo blog,
ho insistito affinché il bot non dicesse “io”.
Perché esso non è me. È un bot.
Inventare nuove regole per l’uso della lingua è
difficile e regolarmente fallisce. Ma sono passati
solo pochi mesi e sembra proprio che ci stiamo
abituando a non distinguere più il testo di una
persona da quello di un oggetto “it”.
Potrebbe essere così semplice come usare
la forma “IT”, con la seconda t maiuscola.
Oppure “ix”, che è divertente da pronunciare
e mi sarà d’aiuto nel gioco dello Scarabeo…
Solo perché il computer dice “io” non significa
che non stiamo interagendo con un computer.
La cosiddetta uncanny valley* è reale e pericolosa.
Seth Godin
Steh’s blog,
25 maggio 2023
*Uncanny valley, in italiano “valle perturbante”, è un fenomeno
psicologico introdotto nel 1970 dal giapponese Masahiro Mori,
ingegnere di robotica. Quanto più uomo e robot si assomigliano
la nostra reazione inizialmente positiva si trasforma in una sensazione
spiacevole di disagio: il nostro cervello identica il robot come umano
ma non troppo umano, e i segnali discordanti dal cervello generano
sconcerto e reazioni opposte.