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ChatGPT L'ultima parola

La prima persona

L'ultima parola del numero "ChatGPT"

Seth Godin
By Giugno 2023Giugno 26th, 2023Nessun commento
fotografia del reportage di Claudio Colotti durante l'alluvione in Emilia Romagna
Fotografia di Claudio Colotti

“Io” è la prima persona.

“Tu” è la seconda persona.

“Lei” “Loro” “Esso” sono tutte terze persone.

Fin qui tutto bene.

Ma come può ChatGPT usare la parola “io”?
E quando noi parliamo di ChatGPT, usiamo “lui”
o “lei” o “loro” oppure “esso”? Perché tutto ciò
che è “esso” non dovrebbe poter dire “io”.

Probabilmente abbiamo bisogno di una forma
di “esso” che possa essere usata da ChatGPT
quando parla di sé o per suo conto. Perché “io”
porta con sé un peso emotivo e intellettuale
che ci confonde o ci inganna.

Come sottolinea Kevin Munger, la regola che
risolve la questione è davvero semplice e facile da
implementare (cioè, dovremmo vietare a questi
sistemi di parlare di sé stessi in prima persona e
agli esseri umani personali “io” e “noi”, ndr). Penso
che sia chiaro cosa si intende quando dico “noi”.
Ma cosa viene comunicato quando ChatGPT
o altri large language model dicono “io”?

Quando abbiamo costruito il bot per questo blog,
ho insistito affinché il bot non dicesse “io”.
Perché esso non è me. È un bot.

Inventare nuove regole per l’uso della lingua è
difficile e regolarmente fallisce. Ma sono passati
solo pochi mesi e sembra proprio che ci stiamo
abituando a non distinguere più il testo di una
persona da quello di un oggetto “it”.

Potrebbe essere così semplice come usare
la forma “IT”, con la seconda t maiuscola.
Oppure “ix”, che è divertente da pronunciare
e mi sarà d’aiuto nel gioco dello Scarabeo…

Solo perché il computer dice “io” non significa
che non stiamo interagendo con un computer.
La cosiddetta uncanny valley* è reale e pericolosa.

Seth Godin
Steh’s blog,
25 maggio 2023

 

*Uncanny valley, in italiano “valle perturbante”, è un fenomeno
psicologico introdotto nel 1970 dal giapponese Masahiro Mori,
ingegnere di robotica. Quanto più uomo e robot si assomigliano
la nostra reazione inizialmente positiva si trasforma in una sensazione
spiacevole di disagio: il nostro cervello identica il robot come umano
ma non troppo umano, e i segnali discordanti dal cervello generano
sconcerto e reazioni opposte.