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Pazienti al centro o nel mirino?

Destinatari di finanziamenti e importanti attori nelle dinamiche di politica sanitaria: serve maggiore trasparenza?

By Luglio 2016Gennaio 20th, 2022Nessun commento

 

Non più soltanto outcome clinici o economici: quasi un terzo delle misure di qualità utilizzate per il value-based purchasing di prestazioni sanitarie statunitensi riguarda la soddisfazione del paziente [1]. Sarà questa una delle ragioni che rende così interessante il malato agli occhi dei diversi stakeholder della sanità? Che il paziente sia stato posto di recente al centro dell’attenzione è ormai evidente: dall’importanza che i patient reported outcome iniziano ad assumere nelle sperimentazioni cliniche (e in alcuni casi anche nei processi regolatori) all’osservazione delle dinamiche sui social media, si moltiplicano le forme di monitoraggio del sentiment della persona sofferente.

Non c’è risorsa dedicata agli attori del marketing farmaceutico che non proponga una guida pratica al patient engagement, definito un “hot topic in today’s health environment”. Secondo MarketAndMarkets, le soluzioni finalizzate al coinvolgimento del paziente attrarranno investimenti per un valore di 16,39 miliardi di dollari entro il 2010, con una crescita annua – da oggi ad allora – del 19,7% [2]. Una recente survey di Accenture spiega che almeno il 91% delle industrie farmaceutiche ha in programma di realizzare sei o più servizi centrati sul paziente nei prossimi due anni [3].

“Non c’è risorsa dedicata agli attori del marketing farmaceutico che non proponga una guida pratica al patient engagement, definito un ‘hot topic in today’s health environment’.”

L’obiettivo di queste strategie è spiegato nei siti rivolti agli operatori dell’industria: migliorano l’aderenza alle terapie, favorendo così le vendite dei prodotti oltre a promettere un valore aggiunto alla cura; accrescono le informazioni in possesso del paziente rendendolo un “consumatore” più esigente; legano il malato alle aziende incentivando una preziosa alleanza. Gli strumenti di cui si avvale l’industria sono in primo luogo le tecnologie di mobile health, spesso offerte agli utenti che poco si preoccupano di condividere in questo modo dati sensibili con chi potrebbe utilizzarli a scopo commerciale. Poi, in portali rivolti al paziente, che rappresentano un mercato destinato a sfiorare nel 2017 i 900 milioni di dollari secondo l’agenzia di consulenza Frost & Sullivan [4]. Infine, i social media, con la costruzione di community online utili per un contatto costante e coinvolgente con l’utente.

L’alleanza si sviluppa in rete, dunque, ma non sempre con l’auspicata trasparenza. Uno studio del Mario Negri [5] ha evidenziato che la sponsorizzazione delle risorse internet rivolte ai malati è molto diffusa essendo praticata da circa l’80% delle aziende. Solo un quarto dei siti chiarisce il contributo ricevuto e solo in 6% dei casi il destinatario riporta l’entità della cifra ricevuta. Solo in un caso su 10 l’informazione sul finanziamento è esplicitata in homepage essendo spesso nascosta nei report sull’andamento economico dell’ente. In conclusione, la risposta alla domanda presente nel titolo del lavoro è negativa: la collaborazione tra industria e pazienti non è trasparente. La ricerca del Negri – pubblicata nel 2012 – dava risultati molto simili ad altre indagini condotte in diverse realtà, come per esempio quella di Rothman et al. uscita nel 2011 sull’American Journal of Public Health [6]. I ricercatori della Columbia university avevano preso in esame una sola azienda esemplare, cercando di tracciare i finanziamenti erogati e verificando se e in quale misura i destinatari avevano garantito la pubblicità della transazione economica avvenuta. Ebbene, i risultati erano poco tranquillizzanti, così che le conclusioni si auguravano che il Sunshine Act allora in corso di approvazione prevedesse la dichiarazione anche dell’entità e del motivo dei contributi erogati alle associazioni di malati.

Qualcosa potrebbe cambiare in considerazione del recente, diffuso invito a una maggiore limpidezza e, soprattutto, di nuovi codici di auto-condotta da parte delle associazioni delle industrie farmaceutiche. Il codice etico di Farmindustria è pubblicato anche sul sito della European Federation of Pharmaceutical Industries and Association così che possa essere anche messo a confronto con quanto previsto in altri paesi [7]. È prevista la massima trasparenza e l’assenza di qualsiasi finalità commerciale. Sui siti delle aziende devono essere pubblicati i nomi delle associazioni finanziate, pubblicazione però che può essere cancellata dopo una permanenza online di soli tre mesi.

Una sanità che ponga il paziente al centro della propria attenzione è sicuramente augurabile. Questo, però, non dovrebbe tradursi nel trasformare il malato o i suoi familiari in un target commerciale. Nell’interesse di tutti, è augurabile un impegno per una maggiore trasparenza.

Bibliografia
[1] www.hcahpsonline.org
[2] www.marketsandmarkets.com/search.asp?Search=patient+engagement
[3] www.accenture.com/us-en/patientservicessurvey-pharma
[4] www.frost.com
[5] Colombo C, Mosconi P, Villani W, Garattini S. Patient organizations’ funding from pharmaceutical companies: is disclosure clear, complete and accessible to the public? An Italian survey. PLoS One 2012;e34974.
[6] Rothman SM, Raveis VH, Friedman A, Rothman DJ. Health advocacy organizations and the pharmaceutical industry: an analysis of disclosure practices. Am J Publ Health 2011;101:602-9.
[7] transparency.efpia.eu/countries/download/14/document/code-2-luglio-2014.pdf