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Confini Interviste

Pubblico e privato. Un confine fluido in sanità?

Logiche diverse ma obiettivi comuni

Intervista a Francesca Patarnello

VP Market access & Government affairs AstraZeneca

By Marzo 2023Marzo 28th, 2023Nessun commento
collaborazione tra istituzioni e imprese sanitarie
Fotografia di Giacomo Doni

Finanziare. Progettare. Costruire. Operare. Erogare. Mantenere.

Non mancano i terreni su cui immaginare una collaborazione tra le istituzioni e le imprese. Tra pubblico e privato. I sistemi sanitari saranno sempre di più sollecitati a migliorare qualità ed efficienza delle strategie di prevenzione, tutela della salute e assistenza. Inoltre, c’è la grande sfida della raccolta dati, del proteggerli e utilizzarli. Ancora, i sistemi sanitari dovranno aprirsi a un’integrazione con la componente sociale, rispondendo alle esigenze di assistenza lungo tutto l’arco della vita e utilizzando la tecnologia per migliorare l’erogazione delle prestazioni. La collaborazione è indispensabile. Da sette anni Forward è un esempio di come si possa stabilire uno spazio di confronto attivo, potenzialmente costruttivo, in cui le diverse parti siano disponibili a dialogare in modo aperto, dimenticando talvolta l’abito al quale sono più legate.

Quali possono essere considerati gli obiettivi comuni delle istituzioni e delle imprese che lavorano nell’ambito sanitario?

L’obiettivo comune è trovare soluzioni compatibili con il Servizio sanitario nazionale e sostenibili per rendere equamente disponibili ai pazienti i risultati della ricerca e sviluppo delle aziende. Questo obiettivo comune è tanto semplice quanto difficile. Per raggiungerlo è necessario trovare un equilibrio tra le aspettative di profitto delle aziende e i desideri di risparmio del sistema pubblico. In questo equilibrio si deve trovare una soluzione che possa funzionare per entrambi.

Qual è la zona di rispetto che chi lavora nelle istituzioni deve osservare nel rapportarsi con chi lavora nelle imprese e, viceversa, chi lavora nelle imprese dovrebbe rispettare per entrare in relazione con chi lavora nelle istituzioni?

Penso debba essere caratterizzata dalla trasparenza. Credo anche che ognuno debba avere sufficienti elementi e sufficiente potere per decidere “le cose che lo riguardano”. Faccio un esempio: trovo poco accettabile semplificare la questione della determinazione dei prezzi come il frutto di un calcolo in base ai fattori produttivi. Credo che la scelta del pricing debba essere considerata responsabilità e ambito esclusivo delle imprese. A queste deve essere chiesto che seguano le regole, che producano innovazione e definiscano un prezzo che per loro sia accettabile al fine di mantenere i profitti e investire in nuova innovazione. Ma, d’altra parte, è chiaro che un altro spazio invalicabile è il modo in cui il sistema vuole scegliere di investire le proprie risorse: se ne vuole spendere tante o poche per i farmaci o per l’organizzazione delle cure è chiaramente una sua responsabilità e scelta politica. Si tratta di un ambito nel quale le valutazioni delle istituzioni devono essere rispettate e nel quale chi lavora nell’industria ha voce solo come cittadino, ma non come azienda. Penso quindi che ci siano degli spazi riservati ed è giusto che funzionino con logiche diverse: la logica privata, che è quella del profitto, e la logica pubblica, che è quella del seguire gli obiettivi del sistema sanitario. In mezzo, però, c’è una grande area di contiguità in cui è utile darsi delle regole comuni e possibilmente obiettivi comuni così che ci si senta protetti e si sappia come comportarsi. La programmazione, la gestione delle aspettative, le regole chiare portano a scelte migliori e più durature, eliminano i contenziosi e producono complessivamente maggiore qualità nel sistema.

Programmazione, gestione delle aspettative e regole chiare portano a scelte migliori e più durature, eliminano i contenziosi e producono complessivamente maggiore qualità nel sistema.

Per stabilire queste regole di reciproco rispetto quanto è importante che si conosca il lavoro degli altri?

È molto importante, ma credo che a monte ci sia sempre bisogno di rispetto per il ruolo degli altri. Non possiamo conoscere tutto quello che fa un cardiochirurgo o un ingegnere o un funzionario del Ministero. Ci dobbiamo affidare alla loro competenza e professionalità. Parto dal presupposto del rispetto per il loro lavoro, qualsiasi esso sia all’interno dell’organizzazione. Poi, certamente, se lo conosco è più facile capirlo e valutarlo, mettersi nei panni degli altri, comprendere le difficoltà e cercare soluzioni. In ogni caso non si può pensare che se non si conosce il lavoro di qualcuno si possono ignorare le sue istanze!

Fonte: Crea Sanità, 18° Rapporto Sanità. | Fonte: Ema, dati riferiti al 2018-2019.

Quali contaminazioni sono possibili e quali sono addirittura auspicabili nel lavorare insieme?

Una cosa che a me piace molto, che non esiste nel nostro contesto, è il fatto di poter passare da un ruolo all’altro, o meglio da una parte all’altra degli ambiti lavorativi (pubblico e privato, regolato e regolatore). Credo che il tema del conflitto di interesse ci abbia condizionato troppo e invece sarebbe importante poter “cambiare casacca” ogni tanto, sarebbe un segno di rispetto per il professionismo. Dietro la parola “professionismo” vedo tante cose molto importanti: il rispetto per ciò che fai, per il modo in cui lo fai, la deontologia, il valore della tua reputazione. Se ho passato una parte della mia vita a lavorare in un istituto di ricerca, una parte in un’azienda farmaceutica, una parte in una asl, una parte in una Regione mi sarà più facile capire come è fatta la realtà. Una realtà complessa in cui tutti i soggetti condividono una serie di elementi e si contaminano il più possibile come linguaggio, come competenze, come aspirazioni, come sistema di controllo. La prima contaminazione penso sia proprio frequentare posti diversi, anche semplicemente come luoghi. Molti convegni, ad esempio, sono le poche occasioni importanti in cui le persone si vedono, si parlano, ascoltano le ragioni reciproche.

In quale ruolo si vedrebbe se lavorasse nel pubblico?

Quando ero ragazza, neolaureata, volevo a tutti i costi lavorare nel pubblico per una questione di natura etica. Vengo da una famiglia dove nessuno aveva lavorato nell’industria. Ho grande rispetto per chi lavora nel pubblico, ne capisco la difficoltà perché si tratta di un terreno in cui le responsabilità nei confronti della società sono più dirette. Nelle aziende se fai male il tuo lavoro danneggi gli azionisti, nel pubblico penalizzi le risorse pubbliche. Pensando a dove mi vedrei, restando nel mio ambito, mi piacerebbe lavorare alla European medicines agency. Ma, se dovessi cambiare proprio tutto, alcune volte mi piace pensare di avere un ruolo “politico”, perché no anche in Parlamento, per scrivere leggi nuove che aiutino a costruire un futuro migliore.