Perché è importante parlare del passaggio dall’età pediatrica a quella adulta per chi soffre di malattie rare?
Le malattie rare sono spesso condizioni gravi e croniche che possono presentarsi fin dall’infanzia e sono associate a disabilità permanenti. Grazie ai progressi in campo medico scientifico, l’aspettativa di vita dei pazienti è complessivamente aumentata negli ultimi anni; infatti, oggi molti bambini con queste patologie raggiungono l’età adulta. Credo che la transizione intesa come passaggio dalle cure per un paziente pediatrico a quelle per gli adulti sia una priorità sanitaria.
Molti studi documentano che proprio nell’adolescenza vi è un’alta probabilità che i ragazzi saltino i controlli periodici e trascurino le cure con il rischio di complicazioni anche gravi. Ma non solo, questa transizione comporta un cambiamento degli interlocutori: quelli con cui si era instaurato un rapporto di fiducia in passato devono essere lasciati alle spalle e nuove relazioni devono essere ricostruite. Queste relazioni sono molto delicate poiché ogni età ha le proprie criticità.
Quali sono le criticità che emergono più frequentemente in questa transizione?
La gestione del passaggio dal pediatra al medico di famiglia non deve essere un fatto burocratico-amministrativo, ma un processo graduale, progressivo e ben pianificato. La transizione comporta un cambiamento degli interlocutori. Per un’assistenza efficacie è quindi indispensabile che anche il medico dell’adulto, e non solo il pediatra, conosca la storia naturale della patologia e sia esperto nel valutare la peculiarità intrinseca e la complessità biologica della persona malata. Inoltre, rivestono una funzione importante gli ambulatori di transizione come centri interdipartimentali, al fine di evitare pesanti impatti psicologici sul paziente e garantirgli la migliore assistenza possibile per tutta la vita. In ultimo, acquisire una piena conoscenza delle malattie rare è difficile, ma gli esperti di queste patologie hanno competenze ed esperienze da tutelare e da condividere. Per questo la nostra azienda dà pieno sostegno ai medici effettuando campagne di informazione e mettendo a disposizione strumenti di lavoro che possano aiutare nella gestione dei pazienti affetti da malattie rare. Per esempio, sul sito web Rachitinfo i medici possono trovare molte risorse sull’ipofosfatemia legata all’X (Xlh), mentre nel portale Genetic health map hanno a disposizione una funzionalità specifica per questa malattia rara che permette di annotarne i sintomi e realizzare digitalmente alberi genealogici completi, al fine di individuare i membri della famiglia a rischio. Anche i percorsi di formazione sono fondamentali. In collaborazione con l’università di Trieste, diamo un supporto incondizionato al Master universitario di II livello in “Diagnosi e terapia dei pazienti con linfoma e malattie linfoproliferative” che si propone di formare un medico già specializzato in ematologia, oncologia o medicina interna nella gestione clinica dei pazienti affetti da queste difficili malattie quali i linfomi cutanei a cellule.
Tra il pediatra e il medico per l’adulto ci dovrebbe essere un trasferimento diretto di responsabilità da una figura professionale all’altra.
Quali le necessità più sentite dai pazienti con malattie rare e come favorire una maggiore autonomia soprattutto in età adulta?
Il tipo di assistenza offerta in età pediatrica è molto diversa da quella dell’adulto, in quanto il paziente pediatrico necessita del supporto dei familiari, sia a livello clinico che decisionale, mentre il paziente adulto è considerato un individuo autonomo, indipendente e capace di autogestirsi. Tra il pediatra e il medico per l’adulto ci dovrebbe essere un trasferimento diretto di responsabilità da una figura professionale all’altra. Le associazioni di pazienti rappresentano interlocutori importanti per valutare ogni delicato aspetto e definire il percorso migliore per il giovane e anche per il caregiver. Per questo stiamo supportando la creazione di pdta specifici e la collaborazione tra i vari interlocutori per agevolare questo processo di transizione.
Le associazioni di pazienti rappresentano interlocutori importanti per valutare ogni delicato aspetto e definire il percorso migliore per il giovane.
Come aumentare la consapevolezza sulle malattie rare da parte della società per rendere visibili i bisogni di pazienti e familiari?
In Italia molte persone convivono con malattie rare e molte di queste ancora non si conoscono. La scarsa consapevolezza da parte del pubblico può far sentire i pazienti incompresi e spesso invisibili agli occhi della società. Essi spesso devono affrontare un lungo percorso per arrivare a una diagnosi corretta e accurata. Per questi motivi la nostra azienda ha avviato una campagna – Shine a light on Xlh – volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’ipofosfatemia legata all’X attraverso una mostra d’arte virtuale per aumentarne la consapevolezza. La campagna si focalizza sulle testimonianze di undici persone che si sono raccontate e hanno condiviso con coraggio le loro storie, ricordando le molte sfide quotidiane che hanno dovuto affrontare durante il loro percorso di cura. Questa malattia causa problemi scheletrici, muscolari, uditivi e dentali, ma non tutte le persone che ne soffrono ricevono il sostegno di cui hanno bisogno. Solo attraverso la collaborazione e il supporto con azioni concrete di pazienti, caregiver e operatori sanitari si può promuovere un cambiamento positivo nella gestione della Xlh e di molte altre malattie rare.
A cura di Giada Savini