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Invisibili Interviste

Pazienti nascosti

Dai migranti agli adolescenti, chi sono gli invisibili al Servizio sanitario nazionale

Intervista a

Cosimo Nume

Presidente Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Taranto

Angelica Salvadori

Medico di medicina generale Casa della salute di Borgaretto-Beinasco asl TO3 - Consigliera OMCeO di Torino

By Ottobre 2022Febbraio 13th, 2023Nessun commento
Fotografia di Claudio Colotti

Quali sono le persone più frequentemente “invisibili” al Servizio sanitario nazionale?

Angelica Salvadori. Per accedere al Servizio sanitario nazionale bisogna avere un codice fiscale e già questo dal punto di vista normativo fa la differenza. Le persone che non hanno un codice fiscale, perché provengono da Paesi extraeuropei e sono irregolarmente presenti sul territorio, possono avere il codice stp (straniero temporaneamente presente). In alcuni casi può succedere che i cittadini stranieri, ad esempio quelli che appartengono alla comunità Rom, possano accedere alle cure per alcuni periodi ma poi debbano rinnovare il permesso di soggiorno e questo è un fattore di ulteriore difficoltà. Gli immigrati regolari, invece, sono tra le persone che hanno il codice fiscale ma che a noi a volte sfuggono perché probabilmente non hanno conoscenza di come si utilizza il servizio e vivono condizioni di isolamento sociale e culturale, soprattutto le donne.

Infine, penso ai pazienti psichiatrici o con dipendenze. Loro fanno soprattutto riferimento ai Centri di salute mentale e al Ser.D. e di conseguenza li vedo raramente, spesso quando sono quei servizi a cercarmi.

Cosimo Nume. Come numero sicuramente gli adolescenti, perché appartengono a quella fascia d’età che sfugge ai controlli del pediatra. Da parte dei genitori spesso c’è un investimento emotivo sui bambini nei primi anni di vita, sugli adolescenti è molto minore a meno che non ci sia una medicina d’iniziativa da parte dei pediatri di libera scelta. Purtroppo non c’è abitudine da parte dei genitori dei ragazzi tra i 16 e i 17 anni di presentarli al medico di medicina generale. Per questo, può capitare che questi ragazzi – in un periodo particolarmente delicato del loro sviluppo fisico e psicologico – arrivino piuttosto tardi alla visita del medico di medicina generale. In questo caso bisogna avere delle astuzie: se ad esempio arrivano la prima volta per richiedere il certificato di idoneità sportiva, è utile approfondire la visita anche su aspetti che potrebbero essere stati sottovalutati o trascurati negli anni precedenti. Quindi dare un’occhiata allo sviluppo della colonna vertebrale, all’allineamento delle ginocchia, consentendo di prevenire in una fase evolutiva patologie su cui si potrà difficilmente intervenire in seguito. Inoltre può essere utile con loro ricorrere alla comunicazione digitale, facendogli capire che hanno a che fare con una persona in grado di interloquire con loro.

Oltre agli adolescenti, tra i pazienti “invisibili” non possiamo non considerare il numero sempre crescente di persone che arrivano nel nostro Paese e hanno problemi di riconoscimento dei diritti almeno nella prima fase di permanenza.

Cosa può fare un medico di medicina generale per cercare di recuperarle?

AS Purtroppo credo si faccia ancora troppo poco: nella quotidianità e con i tempi di lavoro stretti finisce che si danno le risposte solo a chi ci cerca. Bisognerebbe, invece, identificare nella propria popolazione i pazienti fragili e mettere in atto azioni di tipo proattivo, anche con l’aiuto di infermieri e del personale amministrativo per contattare i pazienti. A volte lo faccio, ma spesso con scarsi risultati. Ad esempio, se un paziente che vedo poco mi chiede una ricetta lascio sopra un post-it con scritto “avrei piacere di vederla, fissiamo un appuntamento” oppure “mi chiami quando vuole”.

Penso sia importante sottolineare che, al di là della difficoltà sanitaria, ci sia soprattutto una difficoltà culturale e sociale e per questo dovremmo sempre di più interagire con professionalità diverse, dallo psicologo all’assistente sociale. Cosa che oggi non è facile fare.

“Bisognerebbe identificare nella propria popolazione i pazienti fragili e mettere in atto azioni di tipo proattivo” – Angelica Salvadori

Quali consigli darebbe a un giovane medico su come seguire un giovane paziente?

CN Non può mancare l’ascolto. Deve essere consapevole, riferito all’età, tenere conto di tutte le possibili problematiche legate alla storia del paziente. Per la mia esperienza non c’è altra maniera se non l’ascolto per conquistare la fiducia. L’adolescente lo capisce, perché è molto meno sprovveduto di quanto pensiamo.

AS I bambini e i ragazzi tra i 6 e i 14 anni possono scegliere se essere seguiti dal pediatra di libera scelta o dal medico di medicina generale, mentre dopo i 14 anni il passaggio è obbligatorio. In questo momento può succedere che i ragazzi rimangano provvisoriamente senza assistenza del medico se i genitori non si ricordano o non sanno di dover iscrivere i propri figli dal medico di medicina generale. Anche in questo caso quelli che hanno più difficoltà sono spesso i figli degli immigrati. Credo, però, che gli adolescenti sfuggano meno di altre categorie perché per quanto riguarda la mia esperienza i genitori al momento del passaggio li portano in ambulatorio per conoscerci. Se dovessi dare un consiglio ai medici più giovani, ricorderei al momento del passaggio di chiedere ai genitori di farsi rilasciare dal pediatra la cartella clinica perché è un buon punto di partenza per individuare caratteristiche cliniche ma anche relative alla socialità. In questo caso credo non si debba essere troppo proattivi perché può esserci il rischio contrario di far fuggire l’adolescente. Si può invece appena c’è un’occasione – come ad esempio la visita per il rilascio di un certificato medico per lo sport – cercare di instaurare un rapporto facendo capire che si può essere un punto di riferimento per lui.

“Per la mia esperienza non c’è altra maniera se non l’ascolto per conquistare la fiducia” – Cosimo Nume

Quali consigli darebbe a un giovane medico su come seguire un paziente anziano?

CN Oggi dobbiamo rivedere il concetto di anziano, perché i 75enni e gli 80enni di oggi hanno vissuto l’inizio di una rivoluzione digitale che ha trasformato anche la possibilità di interazione tra medico e paziente. Per cui, dove non ci sono stati motivi di particolare povertà culturale, abbiamo di fronte una persona in grado di usufruire di tutte quelle possibilità che le nuove frontiere della medicina dovrebbero garantire. Durante la pandemia si è parlato tanto di telemedicina, di fare diagnosi a distanza, perché oggi è impensabile seguire un paziente con una cardiopatia importante o con un diabete facilmente scompensabile con la sola visita periodica. La visita diretta rimane il cardine della professione, ma in aggiunta serve sfruttare tutte quelle potenzialità che ci permettono di monitorare con costanza le condizioni di salute del paziente anziano, spesso fragile, evitando così complicanze al paziente ed evitando al Servizio sanitario nazionale, che già è in condizioni impegnative, un sovraccarico. Ribadisco – perché è importante dirlo ai colleghi più giovani – che resta fondamentale l’ascolto, che non è sentire ma ascoltare la storia del paziente. Storia che a volte può essere omissiva e in quel caso vanno cercati gli spazi per comprendere le difficoltà fisiche ma anche quelle sociali, psicologiche e familiari.

Quali consigli darebbe a un giovane medico su come seguire un paziente fragile?

AS Gli direi di mettere in campo azioni proattive fin da subito perché negli anni finisce che ci siano persone e categorie meno seguite, che magari neanche si sa di avere tra i propri assistiti o che si mettono in contatto con noi solo quando ci sono patologie o problemi in stato avanzato. A volte ci può essere anche il problema della barriera linguistica, soprattutto con le donne immigrate, e questo va tenuto a mente.

A cura di Rebecca De Fiore

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