A pochi mesi dallo scioglimento del Comitato tecnico scientifico covid-19 la sensazione comune è che i componenti scelti, in un possibile scenario futuro, debbano essere selezionati con criteri diversi, favorendo la multidisciplinarità e l’equità di genere. Anche alcune delle competenze richieste ai professionisti sanitari dovrebbero essere formate meglio, primariamente quella comunicativo-relazionale.
Alla luce di quanto accaduto, ritiene sia necessario un comitato permanente che risponda in modo tempestivo a qualunque allerta epidemica?
In un’emergenza quasi del tutto nuova come la pandemia, come avrebbero dovuto maturare competenze le persone “esperte” per essere selezionate nei comitati?
Di quali professionisti si è sentita la mancanza nei comitati di gestione della pandemia?
Quale caratteristica aumenta la credibilità di un comitato?
La scelta del Regno Unito di coinvolgere gli esponenti dei comitati in forma anonima la convince?
“Squadra che vince non si cambia”: seguirebbe questo detto nella composizione dei comitati istituzionali qualora si presentasse un’ondata autunnale di covid?
Quali di questi provvedimenti assunti durante la pandemia su indicazione di comitati di esperti meriterebbero di essere riconsiderati?
Inizialmente, tra i componenti del Comitato tecnico scientifico (Cts) istituito dal Ministero della salute per l’emergenza covid-19 venti erano uomini. Giovannella Baggio ritiene che “uno sguardo femminile avrebbe potuto migliorare il lavoro del Cts, magari facendo emergere, in tempo, i risvolti negativi del lockdown, in termini di disuguaglianze”. Quanto la trova d’accordo questa affermazione?
Oltre 60 partecipanti alla survey ritengono che la parità di genere sia un falso problema, 24 donne e 36 uomini. Tuttavia, le evidenze dimostrano che per le donne è più difficile accedere al mondo del lavoro e spesso svolgono impieghi per cui sarebbe sufficiente una qualifica minore rispetto a quella che possiedono.
L’equilibrio di genere dovrebbe essere garantito anche attraverso la definizione di una percentuale minima di presenze femminili. Quanto la trova d’accordo questa affermazione?
L’operato dei comitati scientifici durante la pandemia…
La valutazione del merito, cioè delle competenze sulla base dei titoli e dell’esperienza delle singole persone:
Quali competenze devono essere necessariamente rappresentate in uno staff di ricerca clinica?
Luciano Orsi, medico palliativista, segnala tre competenze essenziali per un medico: quale delle tre avrebbe bisogno di più formazione?
Come coinvolgere di più i cittadini nelle decisioni istituzionali di politica sanitaria?
I lettori che hanno suggerito altre soluzioni propongono: una comunicazione sì, più intensa e bidirezionale sui social media, ma personalizzata; un miglioramento dell’accessibilità e dell’accettabilità dei servizi; un’apertura dei luoghi di cura ai cittadini con momenti di confronto su temi considerati rilevanti dalla comunità, per la comunità, coinvolgendo di più i luoghi che i cittadini frequentano per motivi di salute (farmacie, studi medici); un maggior coinvolgimento della medicina di base, rafforzandola con personale a supporto; un’educazione al funzionamento del Servizio sanitario nazionale.
Considera il “task shifting” – il trasferimento razionale di compiti normalmente svolti da medici ad altri operatori con una formazione diversa – parte di un percorso di ridefinizione del ruolo del medico per migliorare la sostenibilità, l’equità e l’universalità della salute pubblica?
Una riflessione sui ruoli professionali e sulle modalità di lavoro in équipe attraverso quali interventi potrebbe essere attuata?
Il questionario è stato inviato tramite newsletter. Hanno risposto 337 persone, per la maggior parte medici, infermieri, dirigenti sanitari, epidemiologi e ricercatori. Età media 55 anni.