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Competenze Interviste

Comitati etici

La necessità di formare competenze e di favorire il dialogo interdisciplinare

Intervista a Laura Palazzani

Filosofia del diritto, Università Lumsa di Roma

By Luglio 2022Febbraio 13th, 2023Nessun commento
Fotografia di Lorenzo De Simone

Quali sono le competenze necessarie per valutare gli aspetti etici della sperimentazione clinica e, non da ultimo, degli interventi terapeutici?

La valutazione etica della sperimentazione clinica e di interventi terapeutici richiede competenze interdisciplinari. Questo è lo statuto epistemologico della bioetica, che si esprime anche nell’ambito dell’etica della sperimentazione clinica. Le competenze riguardano diverse aree disciplinari, in particolare: farmacologia, medicina, statistica, etica, diritto. Ogni competenza deve essere specificata in base alle esigenze scientifiche della ricerca (per esempio genetica, dispositivi medici, nutrizione, ecc.), ampliata in base all’evoluzione della ricerca (si pensi oggi alle questioni emergenti di intelligenza artificiale, neuroscienze, terapie avanzate) e declinata nell’ambito della tipologia di sperimentazione (per esempio su adulti, minori, anziani, Paesi in via di sviluppo, in emergenza, ecc.).

È impossibile di fatto che ogni componente abbia tutte le competenze richieste nei diversi ambiti e settori. Sulla base del suo ambito disciplinare di provenienza, dovrebbe dunque essere aperto alla comprensione degli altri ambiti (partendo da una conoscenza di base o da una conoscenza maturata nell’esperienza dell’essere parte del comitato) e porsi in dialogo con essi. L’interdisciplinarità non significa acquisizione di tutte le competenze di ogni disciplina, ma disponibilità, a partire dalla propria prospettiva, ad apprendere dagli altri e interagire con gli altri, integrando il sapere degli altri nel proprio sapere, offrendo un contributo in sinergia con gli altri. Ogni componente dovrà rispettare le competenze dell’altro, e al tempo stesso interagire con gli altri: è dal dialogo e dalla interazione che si esprime la valutazione collegiale di un comitato etico.

È dal dialogo e dalla interazione che si esprime la valutazione collegiale di un comitato etico.

Stiamo assistendo a un’evoluzione e riorganizzazione dei comitati etici. Al di là del numero di comitati etici nazionali e territoriali, che è oggetto di discussione, quali competenze richiede un comitato etico per svolgere la sua funzione?

Bisogna partire dalla finalità del comitato: il riconoscimento del valore/validità della ricerca scientifica e la tutela del valore/diritti del partecipante alla ricerca. In primo luogo la ricerca va valutata sulla base del disegno dello studio e della metodologia: se non è scientificamente valida e metodologicamente corretta non è etica, in quanto sottoporrebbe inutilmente i partecipanti allo studio a possibili rischi a fronte di nessuno/scarsi benefici, oltre a usare male il tempo e i finanziamenti. In secondo luogo, va verificato che la ricerca sia proporzionata nel bilanciamento dei benefici e rischi per il partecipante e l’informazione che gli viene data sia adeguata alla sua capacità di comprensione per acquisire consapevolezza responsabile nella scelta di partecipazione. Inoltre, va considerata la giustizia nella distribuzione delle risorse alla ricerca.

Le competenze richieste devono integrare gli aspetti scientifici, etici e giuridici.

Si rende pertanto necessaria l’integrazione di competenze scientifiche, etiche e giuridiche, integrazione che si realizza nello studio individuale delle sperimentazioni e analisi della documentazione (con particolare riguardo al proprio ambito di competenza disciplinare) e nella discussione interdisciplinare in cui ogni componente del comitato consente all’altro di migliorare la comprensione, includendo diversi punti di vista provenienti dalle diverse discipline. Nell’ambito della ricerca biomedica esiste un’etica condivisa che è maturata, dal processo di Norimberga in poi, nella progressiva esplicitazione di linee guida, documenti e normative internazionali, che riconoscono il primato della protezione degli esseri umani. Nella valutazione di casi clinici complessi (al momento affidati ai comitati di etica per la sperimentazione con integrazione di competenze oppure a comitati per la clinica, distinti) emergono esigenze diverse che vanno dalla comprensione della condizione clinica specifica all’approfondimento bioetico e analisi di aspetti specifici e concreti di etica medica. I principali requisiti sono: la capacità di applicare a casi concreti la conoscenza teorica astratta; la capacità di confronto interdisciplinare; la capacità di mediazione nel contesto etico pluralista; la conoscenza della normativa vigente.

Far parte di un comitato etico per la sperimentazione è un compito di responsabilità. Dunque esige un’alta qualificazione, conoscenza ed esperienza.

Quali sono i criteri che andrebbero applicati per la nomina dei componenti dei nuovi comitati etici? Non sarebbero necessarie delle competenze specifiche della funzione del comitato etico che vanno al di là della materia e della categoria di appartenenza?

Fare parte di un comitato etico per la sperimentazione è un compito di responsabilità scientifica, etica e giuridica. Dunque esige una alta qualificazione, conoscenza ed esperienza. Due sono le esigenze che emergono: alta qualificazione nella disciplina di appartenenza indispensabile al funzionamento del comitato sulla base dei criteri relativi allo specifico settore disciplinare, distinti negli ambiti scientifici e umanistici (quali l’etica e il diritto), e disponibilità al dialogo interdisciplinare che però non è accertabile con criteri specifici se non basati sull’esperienza di chi ha già fatto parte di comitati etici. Il Comitato nazionale per la bioetica è intervenuto sul tema, con preciso riferimento al ruolo del bioeticista nel comitato etico, nel parere “La figura dell’esperto di bioetica nell’ambito dei comitati etici[1]. È previsto normativamente nei comitati per la sperimentazione l’“esperto di bioetica” anche se non esiste, ad oggi, una professionalizzazione del “bioeticista”. Se ne discute da tempo, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, e anche in Italia in prevalenza per quanto attiene al consulente di etica clinica. Il Comitato nazionale per la bioetica ha iniziato un percorso di riflessione proponendo alcune raccomandazioni per la identificazione dell’esperto di bioetica per i comitati etici, ritenendo necessario che almeno abbia due delle seguenti esperienze: formazione post-laurea in ambito bioetico; attività didattica e/o di ricerca in ambito bioetico, svolta per almeno un triennio in ambito universitario e/o assistenziale; pubblicazioni, negli ultimi dieci anni, in ambito bioetico, su riviste scientifiche con referaggio, o in volumi con Isbn e peer review; aver preso già parte, almeno per un triennio, a comitati etici istituiti a livello nazionale, regionale, territoriale o presso enti/istituti di ricerca. Per quanto riguarda l’esperto di bioetica nominato nei comitati etici per la sperimentazione viene raccomandata un’adeguata conoscenza della metodologia della sperimentazione clinica e preclinica, e per l’esperto nei comitati per l’etica nella clinica una preparazione nell’ambito della consulenza etica clinica.

L’ambito dell’etica della sperimentazione evolve con l’evolversi della medicina e della regolazione e richiede un approccio formativo dinamico.

Come e dove andrebbero formate le competenze proprie di un comitato etico?

Ad oggi non esiste una condivisa programmazione della formazione nell’ambito bioetico in generale: le esperienze sono eterogenee a livello internazionale e nazionale e sono per lo più spontanee e non regolate. La formazione avviene attraverso dottorati, master, corsi di perfezionamento e specializzazione nei diversi settori della bioetica, che coprono una vasta area di argomenti. Fondamentalmente, chi entra a fare parte di un comitato etico della sperimentazione e/o clinico si deve “auto-formare”, deve imparare dall’esperienza e dal confronto, basandosi su uno studio e aggiornamento personali. L’etica della sperimentazione evolve con l’evolversi della medicina e delle normative, pertanto richiede un approccio formativo dinamico sugli aspetti scientifici, etici e giuridici.

Emerge sempre più l’esigenza di linee guida specifiche per la formazione etica dei componenti dei comitati, oltre che di un coordinamento nazionale ed europeo. Negli Stati Uniti esistono esperienze di open access training supervisionate da commissioni accademiche e di esperti. Nell’Unione europea la formazione dei componenti del comitato etico non viene citata nel regolamento n. 536/2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali e l’unico materiale di riferimento è una guida predisposta dallo European network of research ethics committees [2] che andrebbe aggiornata.

A cura di Laura Tonon

 

Bibliografia
[1] Comitato nazionale per la bioetica. La figura dell’“esperto di bioetica” nell’ambito dei comitati etici. Presidenza del Consiglio dei ministri, 28 maggio 2021.
[2] Council of Europe. Guide for research ethics committee members. Steering committee on bioethics, 3 dicembre 2010.