L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) si trova continuamente chiamata a valutare il grado di innovazione delle nuove e vecchie terapie farmacologiche. Quali sono secondo lei le competenze necessarie e/o indispensabili che devono essere disponibili dentro l’Agenzia per poter condurre tale attività?
Quando nel 2004 è stata istituita l’Aifa poteva contare su poco più di 150 persone che erano passate dai ruoli del Ministero della salute a quelli dell’Agenzia. Il primo direttore dell’Aifa, Nello Martini, nel disegnarne il ruolo e la collocazione, aveva previsto che fosse in grado di svolgere funzioni di alta consulenza tecnica nei confronti del Governo e delle Regioni su un ampio range di materie inerenti alle politiche del farmaco. Oltre alle funzioni regolatorie già svolte in precedenza – in primo luogo l’autorizzazione all’immissione in commercio, la farmacovigilanza, le ispezioni sui siti produttivi – si prevedevano attività quali il sostegno alla ricerca e all’informazione scientifica, la definizione della rimborsabilità e il monitoraggio dell’uso dei farmaci, la verifica della sostenibilità della spesa, le valutazioni sulle sperimentazioni cliniche e l’attività dei comitati etici.
Da una competenza prevalentemente applicativa delle norme che regolano i farmaci, l’Agenzia, che oggi è arrivata a circa 600 unità di personale, si è arricchita di colleghi che hanno acquisito competenze di valutazione del rapporto beneficio/rischio e dei loro usi ottimali e anche nella metodologia della ricerca clinica e di critical appraisal dei lavori scientifici. Inoltre, attività importanti come il Rapporto OsMed, pubblicato dall’inizio degli anni 2000 prevalentemente attraverso il ricorso a competenze esterne all’Agenzia – io stesso ero fra coloro che hanno contribuito fin dalle prime edizioni del Rapporto assieme ai colleghi dell’Istituto superiore di sanità (Iss) – sono oggi coordinate e curate prevalentemente all’interno dell’Agenzia. Oltre al Rapporto OsMed annuale curiamo adesso un’intera serie di rapporti su diversi aspetti dell’uso dei farmaci (anziani, gravidanza, covid-19, antibiotici e altri ancora), e decine di ricercatori ed esperti esterni collaborano con l’Agenzia alla loro realizzazione.
Qualcosa di simile è avvenuto in tutti gli ambiti di attività dell’agenzia, a partire dai settori con maggiore grado di innovazione, nei quali sono necessarie competenze multidisciplinari in grado di integrare i diversi aspetti clinici, farmacologici, statistico-epidemiologici, normativi ed etici. Per esempio, la preparazione delle istruttorie tecnico-scientifiche sulle domande di ammissione alla rimborsabilità a supporto delle commissioni dell’Aifa – Commissione consultiva tecnico-scientifica (Cts) e il Comitato prezzi e rimborso (Cpr) – è curata nella maggior parte dei casi, a differenza del passato, da personale interno all’Agenzia, senza per questo rinunciare al coinvolgimento di esperti esterni ogni volta che è utile.
Il rafforzamento delle competenze interne consente cioè di estendere il perimetro delle attività svolte dall’Aifa, di approfondire maggiormente ciascun ambito e nello stesso tempo di allargare le collaborazioni esterne e vedere una piena partecipazione della research community. Come nell’esempio dell’OsMed, l’obiettivo è quello di avere nell’Agenzia un ruolo di riferimento, usare il suo convening power di mettere assieme i vari gruppi e di riuscire a coinvolgere al meglio le esperienze presenti all’esterno sia in ambito accademico sia del Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Alcune agenzie regolatorie adottano, nella scelta delle competenze, un approccio di reclutamento interno alle stesse agenzie mentre in alcuni paesi si predilige la costruzione di una rete che coinvolge anche strutture esterne (per esempio: accademia, società scientifiche, operatori sanitari ecc.). Quale, secondo lei, la scelta più appropriata per l’Aifa?
Nessuna istituzione, per quanto grande, sarà mai in grado di fare fronte solo con le competenze interne a tutte le necessità che dovessero sorgere. Nello stesso tempo, senza una solida competenza interna non si è in grado, a fronte di un nuovo problema o di una emergenza, di orientare le risposte iniziali e di utilizzare le competenze esterne per fornire la risposta più adeguata. Si pensi alla recente esperienza di covid-19. La presenza di competenze interne all’Aifa ha messo la Cts nelle condizioni migliori per potersi esprimersi sulle numerose richieste che sono arrivate: dall’approvazione dell’uso dei farmaci in condizioni di emergenza alla definizione di raccomandazioni per le terapie in ambito domiciliare e ospedaliero, dalle valutazioni sugli studi clinici relativi ai farmaci covid (oltre 200 protocolli di studi clinici covid-19 esaminati) e approvati (circa il 30 per cento) alle indicazioni sulle coperture vaccinali. Va sottolineato come sia stato prezioso il lavoro svolto dalla Unità di crisi coronavirus, istituita prontamente in Aifa grazie anche alla presenza di competenze infettivologiche di alto profilo cui va la mia gratitudine. La preparedness non può essere solo la stesura in anticipo di piani di attività, ma si fonda innanzitutto sulla presenza di affidabili istituzioni tecnico-scientifiche a livello nazionale per rispondere a quesiti reali di sanità pubblica.
La preparedness non può essere solo la stesura in anticipo di piani di attività, ma si fonda innanzitutto sulla presenza di affidabili istituzioni tecnico-scientifiche a livello nazionale per rispondere a quesiti reali di sanità pubblica.
Si è discusso molto anche in passato di procedure che rendessero trasparente e consultabile il processo regolatorio e decisionale, anche per quanto riguarda le competenze coinvolte nelle diverse fasi. Come si sta attrezzando l’Aifa al riguardo anche in vista del ridisegno delle nuove commissioni? Composizione dei comitati e conflitto di interessi tengono conto più di un aspetto di “rappresentanza” o di “competenza”?
Le ragioni a favore di una commissione unica, in sostituzione delle due commissioni Cts e Cpr, sono innanzitutto quelle di avere in un unico organismo le diverse competenze necessarie alla valutazione di rimborsabilità e prezzi dei farmaci. In un organismo di questo tipo, lo spettro delle competenze richieste spazia dalla valutazione dell’efficacia e sicurezza dei farmaci alla metodologia della ricerca clinica e della conduzione di revisioni sistematiche, dalla farmacoeconomia alla organizzazione sanitaria, al diritto sanitario e farmaceutico.
Va evitata la contrapposizione fra rappresentanza e competenza, anche perché tutte le nomine, indipendentemente dal soggetto che le esprime, Regioni o Ministero della salute e Ministero dell’economia e finanze, devono riguardare persone dotate di riconosciuta competenza nelle materie di cui si devono occupare le commissioni, principalmente l’analisi critica delle evidenze scientifiche disponibili e del valore aggiunto dei nuovi farmaci rispetto alle opzioni disponibili unitamente alla lettura dei bisogni sanitari dei pazienti e del Ssn. Il fatto che oggi ci siano componenti delle commissioni che sono anche responsabili di servizi farmaceutici regionali o di aziende sanitarie deve essere considerato una ricchezza sia delle attuali commissioni Cts e Cpr sia della nuova commissione unica. Le valutazioni richiedono l’integrazione di competenze differenti e fra queste serve anche una conoscenza approfondita delle conseguenze delle decisioni che vengono continuamente adottate.
Le valutazioni richiedono l’integrazione di competenze differenti e fra queste serve anche una conoscenza approfondita delle conseguenze delle decisioni che vengono continuamente adottate.
Fra l’altro, il meccanismo della rappresentanza “stretta” – le Regioni che nominano personale del Servizio sanitario regionale e i ministri che nominano esperti di università e centri di ricerca – è in buona parte già superato. Nelle attuali commissioni ci sono componenti indicati dalle Regioni che sono professori universitari e componenti indicati dai ministri che sono responsabili di servizi farmaceutici nel Ssn. Insomma, l’elemento determinante non è la collocazione lavorativa o l’h-index in sé. Ciò che conta è che i componenti abbiano una competenza nelle materie trattate dalle commissioni, che siano intellettualmente onesti, e che siano disponibili a dedicare in maniera continuativa una porzione consistente del loro tempo lavorativo come è stato in questi due anni molto impegnativi di emergenza pandemica covid-19.
Se si riuscisse a disporre di una “pianta organica” più ampia si potrebbe dare un supporto ancora più consistente al Ssn, al Governo e alle Regioni. Forse questa è la strada da perseguire assieme per una maggiore integrazione Aifa-Ssn.
La formazione e le competenze necessarie per valutare le nuove tecnologie hanno bisogno di un continuo aggiornamento. In che modo i “regulator” dell’Agenzia riescono a soddisfare tale necessità? Quali investimenti a tal proposito?
Per affrontare la valutazione di ambiti nuovi serve una formazione specifica. In alcuni casi possono essere sufficienti corsi o periodi/stage di formazione ad hoc: si pensi alle competenze e conoscenze necessarie per applicare il metodo Grade per valutare la qualità delle evidenze scientifiche disponibili a sostegno delle richieste di innovatività di un farmaco. In altri casi, servono competenze più strutturate, come quelle acquisite attraverso specializzazioni, attività clinica e ricerca clinica in ambiti specialistici. Per entrare nel merito di una richiesta di rimborsabilità di una terapia genica, è chiaro che è preferibile, come oggi avviene, disporre all’interno dell’Agenzia di colleghi con un background di tipo clinico e/o di ricerca di base in questo settore. Per questo è necessario effettuare sempre nuovi concorsi che consentano di coprire le competenze mancanti. E se i concorsi non bastano, l’Agenzia ha la possibilità di acquisire – non senza una certa farraginosità di rapporti con Ssn e università – una parte del personale dall’esterno, attraverso meccanismi di “comando” da Ssn, università e centri di ricerca. Certo, se poi si riuscisse a disporre di una “pianta organica” più ampia, con numeri che si avvicinino alle agenzie di Francia e Regno Unito (ben più dotate di personale della nostra), si potrebbe dare un supporto ancora più consistente al Ssn, al Governo e alle Regioni. Forse questa è la strada da perseguire assieme per una maggiore integrazione Aifa-Ssn per un maggiore supporto di Aifa alle Regioni negli ambiti della sostenibilità complessiva del sistema, della informazione indipendente e della ricerca indipendente. Ci stiamo provando.
A cura di Laura Tonon