Sul tema delle competenze credo che ci sia stata e sia tuttora in corso una grande rivoluzione nel significato della parola stessa. La competenza tecnica, valutata durante un colloquio per accertarsi che la persona abbia la preparazione adatta per svolgere quel determinato ruolo, è la base; a mano a mano che le posizioni evolvono però, e quando si cercano ruoli con un più alto livello di delega manageriale, la competenza tecnica in senso stretto non è più sufficiente, essa è soltanto una delle informazioni necessarie. Quello che serve sempre di più capire è che tipo di esperienza quella persona abbia accumulato, quali gli insegnamenti tratti e come sono stati messi a frutto nel passaggio di carriera successivo. Esistono poi le competenze condivise ed esse riguardano l’ambito manageriale, relazionale, tecnico, esperienziale ed emozionale e nella superiore competenza che matura nella condivisione del proprio valore con il team, comunque questo sia definito.
La competenza più preziosa, a mio parere, è infatti la capacità di stare all’interno di un gruppo, di farlo crescere. In questi casi le persone possono subire diversi processi di cambiamento, non esiste una situazione nella quale io mi confronto con altri e ne esco immutata, e questo vale anche per gli altri. La capacità di contribuire al gruppo varia da persona a persona, l’importante è che le competenze aumentino e non diminuiscano. Se metti cinque persone intelligenti nella stessa stanza deve uscirne un risultato migliore che non se le avessi separate in cinque stanze diverse. Deve esserci modo per tutti di arricchire il pensiero comune e di uscirne arricchiti. Si sta nel gruppo per partecipare, per dare voce alle proprie opinioni e si esce dal gruppo con delle idee migliori, più ampie, diverse, sicuramente, da quelle con le quali si è entrati nel gruppo. Questo attiene anche alla capacità di ognuno di noi di farsi permeare, contaminare, da considerazioni diverse dalle proprie. In assoluto penso sia la competenza principale, che dà il valore ulteriore: avere delle persone in team piuttosto che delle altre fa la differenza, forse non tanto in quello che raggiungi, ma in come lo raggiungi e nella maggiore soddisfazione che c’è nel raggiungere i traguardi in gruppo piuttosto che individualmente.
Ci vogliono le tre u, l’umanità della condivisone, l’umiltà dell’ascolto e il senso dell’umorismo, per affrontare i momenti difficili.
Le tre u: umiltà, umanità, umorismo
Tempo fa, mi fu regalato un libro con i “sacri” princìpi del marketing e nella dedica lessi: “Tutte balle. Ci vogliono le tre u, l’umanità della condivisone, l’umiltà dell’ascolto e il senso dell’umorismo, per affrontare i momenti difficili”. Questo era vero quando ero responsabile marketing, ma è ancor più vero adesso che sono responsabile dell’accesso dei pazienti alle cure con i prodotti di Daiichi Sankyo specialty medicine. Nel mio lavoro devo far comprendere la straordinaria importanza della nostra geografia Italia nella percezione di colleghi che vivono realtà molto diverse dalla nostra. Per questo l’umiltà, l’ascolto e il senso dell’umorismo sono quelle caratteristiche che mi accompagnano in tutto quello che faccio, anche per evitare il rischio di diventare drammaticamente autoreferenziale e di concentrarmi in maniera spasmodica sul mio obiettivo. L’essenziale è individuare l’obiettivo comune.
Credo che questa prospettiva si possa applicare anche alle persone che nelle aziende gestiscono rapporti con i decisori a livello pubblico, le competenze che più servono sono l’umiltà dell’ascolto, l’umanità della condivisione e l’umorismo per affrontare situazioni difficili. Le tre u.
“Se vuoi arrivare prima corri da solo, ma se vuoi arrivare lontano cammina insieme agli altri”. È sulla seconda parte di questo proverbio africano che sto riflettendo di più e che sto applicando di più ultimamente, perché camminando insieme agli altri, andando a una velocità un pochino più bassa rispetto a quella che tu riusciresti a sviluppare correndo da solo, arrivi sicuramente più lontano. Non solo, arrivi a soluzioni molto più sostenibili nel tempo e ormai sono moltissime le aziende che stanno aumentando la loro sensibilità sulla crescita sostenibile.
Negoziare è provare a dare una risposta ai più importanti dei legittimi interessi in gioco.
Il lavoro ti richiede molto, ma altrettanto ti restituisce e ti fa crescere. In questo senso, l’umiltà dell’ascolto sviluppa la capacità di negoziazione e non solo delle condizioni di prezzo e rimborso, accesso di una terapia. I negoziatori devono essere ottimi ascoltatori. Se ci si mette in ascolto attivo di quanto viene detto ma anche di ciò che viene veicolato diversamente, oppure detto ma in un contesto che apparentemente non c’entra niente con la negoziazione (stavolta sì del prodotto), allora quando devi redigere la tua proposta riesci a scrivere qualcosa che ha un po’ più senso per il tuo interlocutore.
Il senso dell’umorismo invece è necessario perché si possono creare delle situazioni molto complesse e una cosa è certa: attraverso il conflitto non si costruisce un granché. Di solito il conflitto distrugge valore, non lo crea, si fa molta più fatica a ricostruire perché esso lascia una cicatrice.
Negoziare è provare a dare una risposta ai più importanti dei legittimi interessi in gioco.