Una delle sfide che le autorità regolatorie del farmaco si trovano ad affrontare è quella di garantire ai pazienti un accesso rapido ai nuovi farmaci, dovendo contestualmente garantire la sostenibilità economica e la governance del sistema. Un’altra sfida è quella di valutare nuove regole per un appropriato utilizzo dei real world data ai fini regolatori. Il punto di vista delle aziende del farmaco: Nicola Panzeri di Roche.
Come si possono conciliare le regole europee con quelle della realtà nazionale?
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un crescente utilizzo del regolamento europeo quale atto legislativo vincolante alternativo alla direttiva in quanto prevede, dalla data di entrata in vigore, un’immediata applicazione in tutti i suoi elementi nell’intera Unione europea. Diversamente, la direttiva richiede un recepimento e quindi un innesto dei principi in essa contenuti nella legislazione locale, con conseguenti tempi più lunghi di applicazione nei singoli Paesi europei, cui si possono aggiungere – come accade in Italia – requisiti o peculiarità specifiche non previste dalla direttiva stessa. Il regolamento è dunque senza dubbio lo “strumento” più idoneo a far conciliare regole europee e nazionali garantendo uniformità di approccio all’interno dell’Unione europea. Tuttavia, anche con il regolamento si possono incontrare ostacoli e ritardi nell’attuazione se alcuni aspetti o tecnicismi legati alla sua entrata in vigore trovano difficoltà ad essere implementati (per esempio, data base, piattaforme centralizzate o gestionali europei, come accaduto col regolamento europeo sulla sperimentazione clinica di medicinali ad uso umano [1], o il regolamento europeo sui dispositivi medici [2]) o il mancato rispetto di requisiti normativi stringenti per la certificazione di enti di valutazione (per esempio, nuovi criteri per la certificazione degli organismi notificati previsti dal regolamento sui dispositivi medici in vitro-diagnostici [3]). Quindi nonostante ci sia una comunione di intenti e un desiderio di andare verso una normativa che sia uguale per tutti, la reale attuazione è qualcosa ancora di complesso. Probabilmente il coinvolgimento più anticipato dei diversi interlocutori (soprattutto di tecnici e degli esperti della materia) nella fase di discussione e stesura di un Regolamento europeo potrebbe essere garanzia di una più veloce fase attuativa.
Quali regole potrebbero informare la valutazione ai fini regolatori della real world evidence?
La real world evidence è una tematica estremamente attuale per il ruolo che può avere nello sviluppo pre- e post-marketing di nuovi farmaci e anche per quel che riguarda l’autorizzazione e la negoziazione del prezzo e della rimborsabilità. Sappiamo che la real world evidence non ha l’intento di sostituirsi alle evidenze generate da uno studio randomizzato (il c.d “gold standard” riconosciuto dalla comunità scientitica) ma di integrarsi a esse. Sebbene, quindi, la qualità del dato non sia così alta come quella di uno studio registrativo (anche per un problema di fonte del dato), sempre di più – e l’esempio dell’attuale pandemia lo insegna – riuscire a raccogliere dati attraverso le interrogazioni di database, l’utilizzo di app, wearable o altri strumenti digitali ci consentirebbe di disporre di informazioni utili, relative al contesto locale, su un target più allargato e in tempi piuttosto rapidi. Informazioni che potrebbero essere utilizzate anche dagli enti regolatori per valutare la bontà di un determinato trattamento nella pratica clinica o in quella che viene anche definita effectiveness. Le informazioni raccolte attraverso cartelle cliniche e database regionali possono essere la base per garantire una valutazione del farmaco ancora più completa. L’Aifa valuta un farmaco in base all’efficacia, la sicurezza e l’impatto che può avere sulla qualità di vita di un paziente, confrontandosi con quello che è lo standard of care, se esistente. I nuovi trattamenti, sempre più complessi e innovativi, richiedono un approccio diverso che tiene in considerazione il percorso diagnostico terapeutico assistenziale del farmaco (Pdta) fino alla sua somministrazione al paziente e successivo follow-up. È necessario quindi valutare l’efficacia del farmaco anche da un punto di vista di sistema – tramite l’identificazione di appositi indicatori – che restituiscano il valore del farmaco anche in termini di risparmio e costi evitati per il Servizio sanitario nazionale, migliorando il percorso e la presa in carico del paziente (la c.d. value based healthcare). Se per esempio ho un nuovo farmaco che può essere somministrato a domicilio per via sottocutanea, o con apposito dispositivo medico che consente un rilascio prolungato, e se esso sostituisce un altro già in uso da somministrare esclusivamente in endovena in ospedale, va tenuta in considerazione anche l’innovazione tecnologica misurandone il beneficio effettivo per il paziente e anche per il sistema. Le risorse del Pnrr destinate in sanità, il cambio di assetto che ci attendiamo a breve nel nostro Paese con una spinta sull’assistenza territoriale e la delocalizzazione delle cure, la telemedicina e la la real world evidence potranno fare la differenza.
Ogni paziente conta e ogni dato è importante per completare il profilo rischio-beneficio di un farmaco, soprattutto se di nuova registrazione.
Quali nuove regole bisognerebbe augurarsi rispetto all’early access dei farmaci?
La legge sulle malattie rare e sui farmaci orfani approvata recentemente dal Senato rappresenta un passo avanti importante per il nostro Paese. Tra i suoi vari articoli la legge modifica l’attuale Fondo 5% dell’Aifa istituito con la legge 326 del 2003 per un accesso precoce a farmaci orfani e quelli di grande rilevanza terapeutica laddove il trattamento non sia ancora disponibile in Italia. Il fondo viene alimentato da un contributo versato annualmente dalle aziende farmaceutiche pari al 5 per cento delle spese sostenute per attività promozionali. Ora sarà del 7 per cento. Questo incremento di due punti percentuale sarà importante per promuovere studi clinici addizionali su farmaci per malattie rare, o anche per istituire dei registri pre-autorizzativi per farmaci che non sono stati ancora autorizzati ma che possono fare la differenza andando a colmare un unmet need evidente. Questo è un esempio di come l’early access dovrebbe e potrebbe funzionare nel nostro Paese per consentire l’accesso a farmaci con un potenziale beneficio addizionale rispetto alle terapie esistenti e, contestualmente, l’istituzione di registri pre-autorizzativi per la raccolta di dati utilizzabili anche ai fini della valutazione da parte di Aifa del prezzo di rimborso. Se l’istituzione dei registri post-autorizzativi è già una realtà consolidata nel nostro Paese, non lo è altrettanto quella di registri pre-autorizzativi che, invece, sia per l’utilizzo attraverso il Fondo 5% dell’Aifa sia che per i programmi di uso compassionevole, dovrebbe diventare una prassi: specialmente nelle malattie rare o ultra rare ogni paziente conta e ogni dato è importante per completare il profilo rischio-beneficio di un farmaco, soprattutto se di nuova registrazione.
Che cosa andrebbe ulteriormente migliorato dal vostro punto di vista?
Sicuramente l’eccessiva burocratizzazione nel processo di richiesta dei farmaci orfani attraverso il Fondo 5%. L’Aifa ci sta già lavorando attraverso l’istituzione di portali online che andranno a sostituire la tanta modulistica, anche cartacea, richiesta per avere il rimborso. Inoltre sarebbe opportuna una presenza maggiore delle aziende nel flusso di approvvigionamento dall’estero: ad oggi la legge prevede che le richieste di accesso al farmaco avvengano su base nominale da parte del clinico, ma ci si appoggia su distributori esteri o farmacie internazionali che non possono garantire un processo di importazione standardizzato o veloce. Una riflessione poi sulla legge 648/96 per l’accesso al rimborso Ssn a farmaci o indicazioni terapeutiche sulla base di evidenze almeno di fase II pur in assenza di una formale registrazione a livello europeo. Attualmente l’azienda è esclusa dalla possibilità di chiedere parere alla Commissione tecnico scientifica dell’Aifa per eventuale rimborso dell’indicazione in accordo alla legge 648/96, perché è prerogativa degli Irccs, delle associazioni pazienti e degli ospedali fare questo genere di richiesta. Questo aspetto è tuttavia in contraddizione con il nuovo decreto Prezzi [4] e relative linee guida che prevede una negoziazione con le aziende anche per questo genere di indicazioni. Personalmente credo che la legge 648 sia uno strumento normativo fondamentale ma che meriterebbe di essere rivisto e ammodernato con un particolare focus sull’accesso alle terapie di nuova generazione che, basandosi sulle profilazioni genomiche, permettono di personalizzare le cure. Tutto ciò che ruota intorno alla medicina di precisione meriterebbe una riflessione anche da un punto di vista di early access e la 648/96 potrebbe essere sicuramente d’aiuto, soprattutto ai clinici che ogni giorno si trovano a dover decidere se utilizzare o meno un farmaco in indicazione off label.
Bibliografia
[1] Regolamento UE n. 536/2014
[2] Regolamento UE n. 745/2017
[3] Regolamento UE n. 746/2017
[4] Decreto ministeriale 2 agosto 2019