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Genere Survey

Genere: una questione che riguarda tutti?

I risultati del sondaggio di Forward

By Ottobre 2021Febbraio 13th, 2023Nessun commento

Sì, la discriminazione di genere è un problema comune, in diversi ambiti. Lo dicono i fatti e lo confermano le nostre lettrici e i nostri lettori, mettendosi anche dalla parte di chi si è sentito discriminato.

Come considera la discriminazione di genere?

Rispetto alle precedenti survey in cui la distribuzione per genere dei rispondenti era quasi paritaria, o con una lieve prevalenza maschile, in questa sulla “questione del genere” l’equilibrio si è perso: 69 per cento di donne contro il 31 per cento di uomini. Solo il 2 per cento del campione considera la discriminazione di genere un problema di lieve entità. Ma, a una lettura gender-oriented delle risposte, sono più le donne che gli uomini a ritenerlo un problema serio (79 per cento versus 68 per cento) e frequente (62 per cento versus 40 per cento).

Con quale frequenza ritiene che si verifichi?

Ha mai affrontato discriminazioni di genere nella sua istruzione, formazione o pratica medica?

Se sì, in che forma?

Più della metà ha sperimentato una discriminazione di genere, le donne (73 per cento) più degli uomini (49 per cento). Linguaggio o atteggiamenti offensivi è il meccanismo discriminatorio prevalente, in misura maggiore nel campione maschile (46 per cento delle risponditrici, 56 per cento dei risponditori); al secondo posto, soprattutto per le donne, le differenze retributive o l’avanzamento di carriera (34 per cento delle risponditrici, 19 per cento dei risponditori).

La discriminazione di genere in ambito lavorativo le ha mai indotto una o più di queste reazioni?

Descrivendo l’importanza di un approccio di genere in medicina, Giovannella Baggio afferma che “siamo di fronte a un passo etico della medicina, se non lo facciamo vuol dire che non facciamo una medicina basata sulla scienza”. Secondo la sua opinione, quali sono gli attori determinanti in questa rivoluzione?

Come evidenzia una ricerca statunitense, la percezione di scarsa preparazione del personale sanitario nei confronti delle questioni di genere induce le persone transgender a mantenere una certa distanza dalle possibilità di cura, trattamento e supporto. Quale tra questi interventi ritiene sia quello fondamentale?

Inoltre, ciò che manca perché il genere, in particolare quello non binario, non allontani i cittadini dal diritto di cura è la mancata formazione del personale sanitario. Più che migliorare la comunicazione è fondamentale introdurre nei corsi universitari la salute delle persone transgender (46 per cento delle risposte).

Secondo Londa Schiebinger, per colmare il divario di genere nella ricerca, è necessario che i tre pilastri fondamentali dell’infrastruttura della scienza – enti finanziatori, riviste peer reviewed, università – coordino i loro sforzi. Quanto la trova d’accordo questo punto di vista?

Altro capitolo ancora aperto è il divario di genere nella scienza. Come sostiene Londa Schiebinger, serve una triplice alleanza tra i tre attori dell’infrastruttura della ricerca: enti finanziatori, riviste peer reviewed e università. Mentre per fortificare e affermare un approccio di genere in medicina serve un impegno da più fronti, specialmente dalle università e società scientifiche (63 per cento delle risposte).

Ana Marušić – co-editor del Journal of Global Healthafferma: “Per quanto riguarda i passi avanti concreti per colmare il gap di genere nella rendicontazione della ricerca, penso che seguire le linee guida Sage dell’European association of science editors al fine di riportare le variabili di sesso e genere sia un approccio di successo”. Quanto la trova d’accordo questa affermazione?

Parlare della crisi del prendersi cura significa guardare al gap esistente tra i bisogni di salute e le risorse disponibili per soddisfarli. “Man mano che la cura si trasforma sempre di più in qualcosa di simile a una merce – spiega Emma Dowling – l’accesso alla cura diventa progressivamente più dipendente da quanto puoi pagare”. Quanto la trova d’accordo questa affermazione?

Sempre secondo Emma Dowling l’asimmetria di genere nella distribuzione delle responsabilità di cura domestica e familiare è parte di un programma che vuole depotenziare il welfare imponendo alle donne di sostituirsi col proprio impegno a prestazioni che andrebbero garantite dallo Stato. Ritiene sia un punto di vista eccessivamente radicale?

“Alla base delle disparità di genere troviamo la mancata condivisione dei lavori di cura e la maternità che allontanano le donne dal mercato del lavoro. Avendo poco tempo a disposizione la donna non ha possibilità di scelta. Quindi l’asimmetria di genere è più un problema di tempo che di costo, che non si risolve con la leva fiscale”, afferma Maria Cecilia Guerra. Quanto la trova d’accordo questa affermazione?

Un’altra disparità nasce dal lavoro gratuito familiare di cura da parte delle donne. La maggioranza, in particolare le donne, si trova abbastanza d’accordo con il pensiero di Emma Dowling che questa asimmetria di genere nasca dall’assenza del welfare sociale (64 per cento delle risponditrici, 44 per cento dei risponditori). Che il gap di genere nel mercato del lavoro sia un problema più di “tempo” che di costi è ampiamente condiviso in entrambi i generi; a non esserne pienamente d’accordo sono più le donne degli uomini (15 per cento versus 9 per cento).

“Le politiche dovrebbero promuovere una cultura scevra da stereotipi di genere, ma su entrambi i fronti”, sostiene Maria Cecilia Guerra. Verso cosa dovrebbe tendere secondo lei l’ago della bilancia?

L’Accademia della Crusca ha recentemente dato il suo parere sull’uso dei simboli, quali asterisco e schwa, che “opacizzano” le desinenze maschili. Qui ne riportiamo un passaggio: “È senz’altro giusto, e anzi lodevole, quando parliamo o scriviamo, prestare attenzione alle scelte linguistiche relative al genere, evitando ogni forma di sessismo linguistico. Ma non dobbiamo cercare o pretendere di forzare la lingua […] al servizio di un’ideologia. L’italiano ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, ma non il neutro […]. Dobbiamo serenamente prenderne atto”. Quanto la trova d’accordo questo punto di vista? 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il questionario è stato inviato tramite newsletter. Hanno risposto 449 persone, per la maggior parte dirigenti sanitari, epidemiologi, medici, infermieri e farmacisti ospedaliere. Età media 54 anni.