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Genere Interviste

Il diritto alla fertilità, senza ostacoli e pregiudizi

L’infertilità riguarda una coppia su cinque e sempre più coppie ricorrono a percorsi di procreazione medicalmente assistita

Intervista a Arianna Pacchiarotti

Responsabile Centro procreazione medicalmente assistita, Ospedale San Filippo Neri, Roma

By Ottobre 2021Febbraio 13th, 2023Nessun commento
Fotografia di Claudio Colotti

L’infertilità riguarda una coppia su cinque e sempre più coppie ricorrono a percorsi di procreazione medicalmente assistita. Quante coppie vivono questa situazione senza parlarne con amici o parenti?

Per definizione l’infertilità si manifesta con l’assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti. In realtà è un problema di sempre che si è però accentuato notevolmente negli ultimi decenni per motivi diversi. Il principale è l’emancipazione della donna che, per affermarsi nel mondo del lavoro, dove persiste una discriminazione di genere, è costretta a procrastinare la prima gravidanza. A questo si aggiunge l’impoverimento economico e con esso la difficoltà a sostenere i costi di un figlio. L’Italia è il Paese europeo dove le donne fanno il primo figlio più tardi, in media a 32 anni contro i 26 della Bulgaria. Ma la fertilità della donna fisiologicamente declina già a partire dai 30 anni, più rapidamente dopo i 35 anni. Posticipare la genitorialità e la ricerca di un figlio significa quindi abbassare la probabilità di riuscirci. In più significa allungare i tempi di esposizione a fattori inquinanti che riducono la fertilità sia femminile che maschile. Tuttavia, nonostante l’infertilità non sia così rara, le donne in particolare hanno difficoltà a riconoscere questa patologia, a farsi aiutare nel superarla e nel curarla per tempo.

Nonostante l’infertilità non sia così rara, le donne in particolare hanno difficoltà a riconoscere questa patologia e a farsi aiutare.

Perché questa difficoltà ad affrontare per tempo l’infertilità prevalentemente dalla parte femminile?

Per il senso di vergogna che prova maggiormente la donna, depositaria della responsabilità del mantenimento della specie, colei che partorisce. Sembra anacronistico, ma ancora oggi quando una coppia non riesce a concepire la colpa viene spesso attribuita alla donna, la “difettosa”. In alcuni paesini del sud Italia esiste ancora un pensiero medievale della donna maledetta o rifiutata dal proprio marito. L’infertilità diventa quindi un tabù sociale, persino un pregiudizio. In un mio recente TED talk, che invito a guardare, ho voluto coniare il termine di “diversamente fertili” per spiegare alla coppia che per concepire deve solo seguire una strada diversa: la fecondazione medicalmente assistita. E anche questo non deve essere un motivo di vergogna, tutt’altro. Considero i miei pazienti degli eroi, perché hanno il coraggio di sottoporsi a un percorso lungo e faticoso, e anche perché, in particolare le donne, hanno già capito che cosa vuol dire essere genitori, l’amore per un figlio, ancor prima di esserlo e di provarlo: è come se loro già sapessero qual è l’emozione incredibile di riuscire ad andare in bicicletta, con quella sensazione di aver raggiunto un equilibrio. Il vento nei capelli, che è qualcosa di indimenticabile, ma che puoi conoscere solo dopo averlo provato. Ogni giorno mi confronto con almeno una ventina di coppie e le reazioni più o meno si ripetono. Nel partner femminile non c’è nulla di scontato e prevedibile, c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Per l’uomo c’è più la paura di essere impotente, e quando il problema è maschile è lei che lo incoraggia, è lei che fa capire al partner che non sarà abbandonato o che non è una colpa, non c’è giudizio, gli fa sentire che la sua impossibilità a concepire non è un problema nella loro relazione.

Come prevenire il problema per tempo?

Dovremmo informare già in età scolare, nel programma della sessualità consapevole, che non esistono solo la contraccezione e le malattie sessualmente trasmesse ma anche che la finestra riproduttiva è molto piccola. Andrebbe spiegato che potrebbero esserci degli ostacoli nel cercare una gravidanza, ma che si possono prevenire, tutelando la propria salute per ridurre i fattori di rischio di infertilità o programmando per tempo la genitorialità. Per esempio la tecnica del social freezing (vale a dire crioconservare gli ovociti nel periodo della massima fertilità) permette alle donne di congelare i loro gameti giovani in modo da poterli utilizzare in una fase successiva della propria vita, dopo essersi occupate degli studi e della carriera. Negli Stati Uniti il 25 per cento delle donne ha crioconservato i propri ovociti anche a costi molto alti, addirittura 20.000 dollari. E grandi aziende, quali Google e Microsoft, offrono il social freezing come benefit alle dipendenti.

In Italia quali sono i nodi da sciogliere nel pubblico per garantire la fecondazione assistita?

Nel 2014 la tecnica è stata consentita in Italia attraverso una sentenza della Corte costituzionale che ha reso incostituzionale il divieto della legge 40. Nel 2017 le tecniche di fecondazione assistita sono state inserite nei Livelli essenziali di assistenza (Lea). In alcune regioni c’è stato un ritardo o addirittura un mancato recepimento di questi Lea, fondamentalmente per lungaggini burocratiche e questioni di tariffazione. I costi a carico della coppia vanno dai 500 euro della Regione Lazio, che è una delle regioni virtuose, ai 2800 euro della Regione Sicilia. In Lombardia il costo è nullo. Mentre in altre regioni le tecniche di procreazione assistita non rientrano tra quelle pagate dal servizio sanitario. Si è così generato un forte squilibrio nell’accesso alle tecniche e una migrazione di coppie verso le regioni con offerte migliori. Alcune regioni hanno preso accordi circa le quote di compartecipazione alle prestazioni necessarie per la procreazione assistita e per le tariffe di compensazione riguardanti la mobilità interregionale. Ma questo è ingiusto e incostituzionale. La situazione quindi è molto critica, anche in prospettiva di un aumento incrementale della domanda: uno studio statunitense stima che nel 2045 quasi tutte le coppie concepiranno con tecniche di fecondazione in vitro.

Da quando la fecondazione eterologa è stata consentita in Italia, c’è stato un aumento della domanda a cui però non è corrisposto un aumento dell’offerta.

Perché l’offerta nel pubblico è così scarsa, in particolare per quanto riguarda la fecondazione eterologa?

Sono pochi i centri che nel nostro Paese eseguono l’eterologa: oltre al centro del San Filippo Neri e Sant’Anna dell’Asl Roma 1 nel Lazio, abbiamo una rete di alcuni centri convenzionati in Toscana e infine un centro a Pordenone. Dal momento in cui la fecondazione eterologa è stata consentita in Italia, sette anni fa, abbiamo assistito a un aumento della domanda al quale però, per ragioni diverse, non è corrisposto un aumento dell’offerta. Aprire un servizio di fecondazione eterologa è costoso e complesso a partire dall’approvvigionamento di gameti esterni alla coppia, soprattutto gli ovociti femminili. In Italia la donazione di gameti è legale, ma solo su base volontaria e senza scopo di lucro. Quindi al donatore e alla donatrice non viene riconosciuto alcun compenso economico, nemmeno un rimborso spese. Questo fa sì che la donazione sia quasi nulla e i centri debbano rivolgersi alle banche estere, il che significa dover aprire un bando pubblico di avviso di interesse. Lo scambio di gameti crioconservati impone inoltre un adeguato sistema di tracciabilità, di congelamento e di personale formato. A queste problematiche di tipo più tecnico si aggiungono il limite dei tre tentativi e quello dell’età dei 43 anni della donna, che scendono a 42 anni considerato che dall’approvvigionamento dei gameti all’impianto passano circa nove mesi.

Per quanto riguarda invece le coppie omosessuali o con un partner transgender?

Il più grosso ostacolo è legislativo oltre che culturale: la legge 40 afferma che possano accedere alle tecniche di fecondazione assistita coppie maggiorenni di sesso opposto. Ho avuto un paziente nato donna e dichiarato uomo da una sentenza del tribunale, in seguito a un intervento di adeguamento di personalità. In questo caso la coppia non fertile era di sesso opposto e poteva accedere a tecniche di fecondazione assistita. Più complessa invece è la situazione delle coppie omosessuali, che sono costrette a rivolgersi a centri esteri per accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita o alla maternità surrogata (pratica utile anche alle coppie eterosessuali ma che in Italia è vietata dalla legge 40, mentre in diversi paesi è regolamentata) oppure devono trovare altre vie senza vincoli anche se non “sicure”. Ci sono banche del seme che spediscono a domicilio dei kit per l’inseminazione fai da te per le coppie lesbiche, ma lo fanno aggirando il divieto legislativo, poiché nella regolamentazione europea la movimentazione dei gameti deve avvenire solo tra centri autorizzati.

 

A cura di Laura Tonon