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Genere Articoli

Nuove rotte per la cura delle donne migranti

Verso un approccio di genere della ricerca per una assistenza più equa

Anteo Di Napoli

Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà, Roma

Laura Cacciani

Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale del Lazio, Asl Roma 1

By Ottobre 2021Febbraio 13th, 2023Nessun commento
Fotografia di Claudio Colotti

Poco più della metà dei 5 milioni di stranieri residenti in Italia è rappresentato da persone di sesso femminile che costituiscono l’8,5 per cento delle residenti: una quota meritevole di particolare attenzione.

Il genere è un fattore aggravante nell’accesso alle cure da parte della popolazione immigrata? Per rispondere alla domanda è utile fare riferimento alla medicina di genere, definita come “lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socioeconomiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona, come indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità.

I fattori di rischio e le malattie hanno prevalenza/incidenza e intensità diverse in funzione del genere, la risposta alle terapie può variare e l’accesso alle cure può essere disuguale. Il genere può essere un fattore che limita l’accesso alle cure o espone a esacerbare alcuni fattori di rischio, tradizionalmente a sfavore delle donne. Inoltre, vi sono rischi specifici per la popolazione immigrata, legati al genere, che la espongono a disuguaglianze di accesso ai servizi e di salute rispetto a quella autoctona, nonostante il miglior stato di salute in termini di mortalità e ospedalizzazione, dovuto anche alla struttura per età più giovane.

Cosa dicono i numeri

In Italia circa i due terzi dei ricoveri tra gli stranieri è a carico di donne, mentre è circa della metà tra gli italiani, differenza dovuta a degenze in ambito ostetrico che in età fertile pesano per il 61 per cento tra le straniere e il 42 per cento tra le italiane.

Le gravidanze delle donne straniere sembrano essere meno seguite di quelle delle italiane in termini di adesione alle raccomandazioni, per visite ed ecografie, suggerendo che in Italia, nonostante l’universalità del Servizio sanitario nazionale, tra le donne immigrate permangano problemi di accesso spesso legati a barriere amministrative, linguistiche e culturali; il quadro è tanto più preoccupante se si considera che le straniere rappresentano circa un quarto delle partorienti. La percentuale di gravidanze note che esitano in interruzione volontaria è più elevata tra le donne straniere rispetto alle italiane, in particolare dopo i 24 anni di età. Inoltre, la più elevata percentuale di aborti spontanei tra le straniere sotto i 30 anni potrebbe mascherare il ricorso ad aborti clandestini.

La proporzione di ricoveri ordinari in urgenza è superiore tra gli stranieri, anche per condizioni meritevoli di monitoraggio come la gravidanza, causa più rilevante di ricovero in urgenza tra le donne straniere. La frequenza di ricoveri in day hospital in età fertile, decisamente più elevate tra le straniere rispetto alle italiane (67 per cento versus 37 per cento), sembra deporre per difficoltà di accessibilità e fruibilità dei servizi territoriali. Una mancata o tardiva presa in carico per problemi di salute anche importanti è suggerita dal più elevato tasso standardizzato di ospedalizzazione evitabile osservato tra gli stranieri, per condizioni cliniche che dovrebbero essere gestite a differenti livelli assistenziali.

Ulteriore elemento che sembra deporre per un minore utilizzo di assistenza sanitaria territoriale (medicina di base e distrettuale) da parte degli stranieri è la più frequente assegnazione rispetto agli italiani di un codice bianco o verde negli accessi in pronto soccorso. Si tratta di un livello assistenziale che consente di superare alcune barriere nell’accesso alle cure primarie, a partire dal limite negli orari di apertura degli studi medici, talora insormontabile per gli immigrati, spesso con lavori precari e senza flessibilità oraria (lo confermano anche gli orari di accesso in pronto soccorso). Inoltre, anche se tutte le donne accedono più degli uomini a visite mediche, se non si considerano quelle per motivi ostetrico-ginecologici, le straniere hanno una probabilità minore delle italiane di ricorrere a una visita sia per malattia o disturbi sia per controllo o prevenzione.

La maggiore difficoltà di accesso ai servizi territoriali sembrerebbe confermata anche dai dati di inferiore copertura tra le donne straniere rispetto alle italiane per i test di screening oncologico (pap test e mammografia). Interessante notare come, oltre a fattori socioeconomici e alla propensione individuale verso la prevenzione, i livelli di copertura siano più elevati per le donne che risiedono in Italia da più tempo e che hanno un partner italiano, osservazioni che suggeriscono un effetto positivo dell’integrazione, seppur non omogeneo per area di provenienza. Inoltre, tali differenze sono più accentuale nel sud del Paese, dove le coperture sono più basse anche tra le italiane, suggerendo che laddove l’offerta e l’accessibilità dei test di screening sono più efficaci per le italiane, lo sono anche per le donne immigrate.

Rispetto all’attuale pandemia da sars-cov-2, le evidenze già mostrano un’accentuazione, anche in Italia, delle disuguaglianze di salute tra stranieri e autoctoni, con un rischio di infezione più alto tra gli immigrati, per esposizioni occupazionali, anche legate al genere, (mansioni con minore possibilità di distanziamento e isolamento), abitative (case piccole e sovraffollate) e sui mezzi di trasporto pubblico.

Le lacune

In conclusione, in Italia sembrerebbero esistere criticità nell’accesso ai servizi e alle cure per la popolazione straniera, legate soprattutto ad alcune condizioni genere-specifiche. L’approccio della medicina e della sanità pubblica deve pertanto considerare la complessa interazione tra genere e status migratorio, andando incontro ai bisogni degli individui, delle comunità e delle società.

In questa prospettiva, anche l’epidemiologia dovrà orientarsi a un approccio “migrant-gender-sensitive”, per colmare le attuali lacune nella ricerca e consentire la produzione di evidenze non “biased” da una mancata valutazione dei fattori legati al genere.

 

Letture suggerite

  • Di Napoli A, et al. Factors associated to medical visits: comparison among Italians and immigrants resident in Italy. Epidemiol Prev 2017;41:S1:41-9.
  • Di Napoli A, et al. Evaluating health care of the immigrant population in Italy through indicators of a national monitoring system. Epidemiol Prev 2020;44S1:85-93.
  • Di Napoli A, et al. Sistema di monitoraggio dello stato di salute e di assistenza sanitaria alla popolazione immigrata: risultati anno 2017. Quaderni di Epidemiologia 2021;3:1-136.
  • Fabiani M, et al; Covid-19 working group. Epidemiological characteristics of covid-19 cases in non-Italian nationals notified to the Italian surveillance system. Eur J Public Health 2021; 31:37-44.
  • Francovich L, et al. Cervical and breast cancer screening in Italy among immigrant women resident in Italy. Epidemiol Prev 2017;41;S1:18-25.
  • Hayward SE, et al; Escmid study group for infections in travellers and migrants. Clinical outcomes and risk factors for covid-19 among migrant populations in high-income countries: a systematic review. J Migr Health 2021;3:100041.
  • Ministero della salute. Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere. Pubblicato il 21 giugno 2019.
  • Namer Y, et al. Access to primary care and preventive health services of Lgbtq+ migrants, refugees, and asylum seekers. In: Rosano A. Access to primary care and preventative health services of migrants (1st ed). Springer International Publishing, 2018.
  • Wandschneider L, et al. Representation of gender in migrant health studies – a systematic review of the social epidemiological literature. Int J Equity Health 2020;19:181.