Spesso i politici pensano che sia importante la telemedicina in pediatria, cosa si può fare oggi?
Siamo abituati ad affrontare il discorso della telemedicina come se si trattasse solo di una “televisita”. Questo aspetto è stato sviluppato nel periodo pandemico per cercare di seguire soprattutto i pazienti cronici e lo abbiamo portato avanti anche noi in pediatria di famiglia. Oggi esistono dei software che permettono di fare delle visite a distanza e questo ci ha permesso di sopperire, almeno in parte, alle difficoltà di fare visite dal vivo o di vedere piccole problematiche, ad esempio di tipo cutaneo, che in video si vedono molto bene, evitando accessi in ambulatorio. Ma io penso che in pediatria di famiglia il concetto di telemedicina si possa anche allargare: il rapporto a distanza con il paziente, e nel nostro caso con i genitori del paziente, potrebbe essere sfruttato anche per altre attività. Per esempio per i colloqui, quando capita che i genitori chiedano di venire a parlare di determinati problemi. Fino ad ora lo facevamo facendoli venire in studio e dedicandogli il tempo sufficiente, ma si potrebbe fare molto facilmente attraverso un contatto a distanza.
Oltre a questo, dobbiamo imparare a sviluppare la telemedicina anche per alcune attività di tipo educazionale o preventivo. La prevenzione è per il pediatra di famiglia la stella polare e noi la facciamo ai bilanci di salute, alle visite; facciamo educazione sanitaria, cerchiamo di indirizzare gli stili di vita, e lo facciamo paziente per paziente, singolarmente. Per ottimizzare le risorse e i tempi nostri e dei genitori si potrebbe fare queste attività attraverso un contatto a distanza, su piattaforme in cui oggi sarebbe molto facile mettere insieme mamme o papà che si trovano ad affrontare gli stessi problemi. Quindi la telemedicina in pediatria di famiglia non è solo la gestione dell’acuto. Secondo me oltre ad avere margini di sviluppo per la gestione di pazienti cronici a basso impatto assistenziali ma molto frequenti, come ad esempio l’asmatico, si potrebbero sviluppare delle attività nell’ambito dell’educazione sanitaria e della prevenzione.
La telemedicina in pediatria di famiglia non è solo gestione dell’acuto, si potrebbero sviluppare attività nell’ambito dell’educazione sanitaria e della prevenzione
Quali difficoltà hanno avuto i pediatri di libera scelta nell’utilizzo della telemedicina durante la pandemia?
Prima di covid-19 c’erano grandi difficoltà anche nell’invio delle ricette dematerializzate. Durante la pandemia, invece, la difficoltà che abbiamo trovato è che le ditte di software che gestiscono le nostre cartelle cliniche hanno stentato a costruire gli strumenti che ci servivano. Non basta, infatti, collegarsi su Skype o simili, ma questi strumenti devono essere protetti, devono essere collegati al gestionale, deve rimanere traccia di quello che un pediatra ha fatto perché una visita a distanza ha la stessa valenza legale di una visita dal vivo. Quello che consiglierei quindi è di non affidarsi a software o applicativi non specifici, ma di utilizzare programmi appositamente sviluppati e studiati.
Covid-19 ha dato una spinta alla telemedicina. Cosa si aspetta nei prossimi anni?
Credo che un ambito di applicazione che diventerà obbligatorio nei prossimi anni sarà poter avere contatto con pazienti che abitano in situazioni un po’ più disagiate, perché sicuramente ci saranno maggiori difficoltà a coprire assistenzialmente le zone più montagnose, le frazioni più piccole. Ci sarà una concentrazione dei pediatri nelle grandi città perché il numero dei pediatri tenderà a diminuire a causa dei pensionamenti, non totalmente compensati dai nuovi specialisti pediatri. Quindi la telemedicina potrebbe essere utile per assistere anche pazienti non facilmente raggiungibili.
La telemedicina potrebbe essere utile per assistere anche pazienti non facilmente raggiungibili
In questo senso la telemedicina potrebbe essere un ottimo strumento per avvicinare medico e paziente?
Il concetto di prossimità credo che vada interpretato come una prossimità nell’assistenza. Non deve essere interpretata come una prossimità fisica perché oggi nessuno si può permettere di portare tutti i servizi sotto casa del paziente. Anzi, bisognerà che le competenze vengano concentrate. La pediatria di famiglia è vicina al paziente anche fisicamente perché oggi la grande maggioranza dei bambini ha il suo pediatra, e speriamo che questo sia possibile anche nel futuro, ma se non lo sarà dovremo trovare altri sistemi che lo rendano possibile rispondendo ugualmente ai problemi della popolazione e delle singole persone.
A cura di Rebecca De Fiore