Quali nuovi percorsi e quali nuove figure si rendono oggi necessari per una “prossimità” del servizio sociosanitario al paziente dalla diagnosi alla cura?
La prossimità è per definizione la minima distanza nello spazio e nel tempo. Una definizione semplice ma che racchiude una molteplicità di significati, soprattutto se riferiti a un sistema sanitario nel quale l’efficientamento negli ultimi anni si è focalizzato maggiormente sulla gestione di patologie nella fase acuta, a discapito della quotidianità ovvero la gestione in prossimità dei pazienti cronici. Un cittadino a cui viene diagnosticata una patologia cronica che richiede controlli periodici, piuttosto che l’assunzione di terapie farmacologiche senza soluzione di continuità, si aspetta di essere inserito in un sistema organizzato che gli permetta di farlo in maniera efficace e duratura. Come ci può essere prossimità senza quella organizzazione e integrazione di servizi che devono garantire la continuità della cura? Interroghiamoci su quali siano i reali bisogni del paziente cronico e verso quali figure professionali dirigere il sistema. Prendendo esempio da modelli di sanità territoriale di altri Paesi, come quello francese molto efficiente nella domiciliarità, si evince chiaramente che, in un contesto poliedrico come quello attuale, serve una rete sul territorio composta da più figure professionali: il medico di base, lo specialista, l’infermiere e il farmacista. Il cittadino/paziente deve essere al centro di questa rete organizzata che a sua volta deve essere in grado di soddisfare i suoi bisogni di salute e prevenire le difficoltà nella gestione della patologia che “ricadono” anche sui familiari e caregiver. Non è sufficiente curare il sintomo o la malattia, ma serve anche prendersi cura dell’impatto socioeconomico della malattia rispetto al sistema pubblico in generale, cioè al sistema paese, e quindi rispetto a diritti costituzionali come quello alla salute e al lavoro che dovrebbero essere sempre garantiti.
Interroghiamoci su quali siano i reali bisogni del paziente cronico e verso quali figure professionali dirigere il sistema.
Da dover ripartire?
Dalla considerazione che la gestione della salute dei cittadini passa attraverso la centralità del paziente. Inoltre, fondamentale è studiare la composizione demografica e l’epidemiologia della popolazione per impostare le corrette strategie di prevenzione e programmazione sanitaria: la prossimità dovrebbe iniziare quando il cittadino è sano e proseguire in un percorso integrato all’insorgere di una malattia. Un altro elemento essenziale è la definizione delle responsabilità di ciascun operatore sanitario e del bisogno che il ruolo di ciascuno sta evolvendo verso una integrazione che richiede anche una modifica dei propri confini, in una visione più moderna e innovativa di sanità pubblica e integrativa.
Una sanità di prossimità significa anche la capacità di comunicare e di dedicare del tempo per spiegare al paziente di quale patologia soffre e come può essere curata, fargli comprendere quali sono i suoi doveri nei confronti della sua salute e anche del valore della continuità della cura rendendolo consapevole che la salute ha un valore ma anche un costo per il sistema di cui ne è primo responsabile. In questa visione anche il paziente deve avere un ruolo attivo, sentendosi coinvolto e responsabile delle sue azioni. Il cittadino italiano medio è ancora legato all’idea di un servizio sanitario in cui tutto è gratuito per tutti e come tale dovuto. Secondo questa logica non è facile attribuire il costo di una prestazione o di una terapia in modo adeguato, un trattamento oncologico innovativo “pesa” quanto quello per l’ipercolesterolemia. Interrompere una terapia prescritta, sbagliare o ridurre le dosi non è considerato un atto dannoso quando invece significa di fatto far perdere di efficacia quanto fatto fino a quel momento sia in termini terapeutici che economici.
Anche il paziente deve avere un ruolo attivo, sentendosi coinvolto e responsabile delle sue azioni.
Quali soluzioni sviluppare “oltre il farmaco”?
Rispondere ai bisogni dei pazienti è al centro della nostra mission aziendale. Negli ultimi anni è stata in particolare focalizzata sulla diffusione della consapevolezza a diversi livelli di agire per aumentare i livelli di aderenza al percorso di cura e alle terapie. La questione dell’aderenza terapeutica è stata sottovalutata e ancora oggi, a cinque anni dal Piano nazionale della cronicità, stenta a decollare nella sua multidimensionalità. Nella pratica clinica l’aderenza alle terapie in ambito cardiovascolare continua ad attestarsi mediamente al di sotto del 50%. Se salisse al 70% si potrebbero evitare oltre 82mila tra infarti e ictus con un conseguente risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale di circa 330milioni di euro. Le malattie cardiovascolari e oncologiche sono spesso molto invalidanti e un’assistenza ‘vicina’ a questi pazienti richiede strumenti e terapie in grado di rispondere efficacemente ai loro bisogni. Ne sono un esempio le terapie oncologiche orali che possono facilitare la continuità della cura e migliorare la qualità di vita grazie alla somministrazione domiciliare. Negli ultimi 15 anni parte degli investimenti in ricerca di Servier sono quindi stati destinati allo sviluppo di terapie in associazione fissa e polipillole in ambito cardiometabolico, nonché terapie oncologiche orali che, attraverso la semplificazione nell’assunzione, favoriscono un aumento dell’aderenza e il conseguente importante beneficio in termini clinici, economici e sociali.
La nostra sfida per il miglioramento dei livelli di aderenza è stata anche quella di cercare delle soluzioni “oltre il farmaco” investendo molto sulla comunicazione capillare mirata a tutti gli attori in gioco: operatori sanitari, pazienti e istituzioni. Il medico ha un ruolo importante nel far capire ai propri pazienti l’importanza di essere aderenti o scegliere insieme le strategie terapeutiche da utilizzare. Anche i farmacisti rivestono una funzione rilevante nella presa in carico e nel follow-up del paziente cronico, e tale ruolo è stato ampiamente valorizzato attraverso la farmacia dei servizi. Ma, come già detto, il coinvolgimento dei pazienti è altrettanto sostanziale. Per far capire loro cosa fare e perché farlo abbiamo realizzato progetti e campagne di sensibilizzazione appositamente studiate per questo specifico target, gli over 65, che in Italia sono oltre 8 milioni e sono affetti da almeno una malattia cronica.
Riteniamo di avere avuto un ruolo importante nel facilitare il dialogo e la valorizzazione di questo tema e grazie a tutte le azioni messe in campo si cominciano ora a vedere importanti segnali di consapevolezza e volontà di agire da parte di tutti gli attori coinvolti: lo sarà ancor più nell’attuazione di quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e in termini di investimenti per lo sviluppo di un modello di “prossimità” per la presa in carico dei pazienti cronici.
A cura di Laura Tonon