Cosa manca per una informazione di prossimità più utile ai cittadini e agli operatori sanitari?
L’incrocio tra il concetto di prossimità e il concetto di comunicazione, in questa fase, si sta riscontrando cruciale, perché si assiste a un paradosso. La comunicazione mediatica che si sviluppa verticalmente – in cui uno parla a tanti – in teoria, dovrebbe essere quella che garantisce la maggiore chiarezza e direzionalità del messaggio. In realtà ci rendiamo conto, quando parliamo con le persone, che siano esse addette ai lavori o non esperte, che da questi media verticali proviene un messaggio confuso e contraddittorio. Paradossalmente, credo che unire il concetto di prossimità con quello di comunicazione sarebbe importante, ovvero che le fonti prossime di comunità, in primis il medico di medicina generale, avessero un ruolo dominante nell’orientare l’informazione e il comportamento dei singoli, dentro e fuori i percorsi sanitari.
Esistono due piani della comunicazione – quella distante, che abbiamo definito verticale, e quella di prossimità – che non comunicano abbastanza tra di loro, su cui non c’è un investimento sistematico. Oggi è molto facile che un paziente si rivolga al medico riportando quello che ha sentito o visto dai media, ed è altrettanto facile che il medico si trovi in difficoltà, perché la sua voce spesso risulta non essere quella su cui porre fiducia, ma solo una tra le tante, magari nemmeno quella che appare più qualificata. Ritengo che sia questa la criticità maggiore in questo momento.
Sarebbe importante che le fonti prossime di comunità avessero un ruolo dominante nell’orientare il comportamento dei singoli, dentro e fuori i percorsi sanitari.
Sul piano dell’efficacia della comunicazione cosa ha funzionato di più e cosa, invece, ha creato più confusione?
È ancora presto per fare una valutazione perché sappiamo che la chiarezza e l’efficacia vanno misurate sul lungo periodo. È piuttosto facile generare un messaggio molto forte sul breve periodo, è facile per esempio convincere le persone che un vaccino sia pericoloso, basta una conferenza stampa sbagliata per generare uno spostamento molto forte. Generare un messaggio di fiducia sul lungo periodo, invece, è qualcosa che non si fa con una singola conferenza stampa, quindi è un po’ presto per stabilire oggi cosa ha funzionato durante la pandemia. Forse dirò una cosa un po’ impopolare, ma penso che le istituzioni di vigilanza, come l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e l’European medicines agency (Ema), abbiano fatto un buon lavoro di comunicazione nel momento in cui hanno capito che decisioni che normalmente sarebbero rimaste chiuse all’interno di comitati tecnico scientifici andavano regolarmente spiegate, in maniera molto tempestiva, all’opinione pubblica. Oggi è ordinario che non appena l’Ema prende una decisione, prima ancora di aver emesso un comunicato stampa, si presti immediatamente a una comunicazione accessibile da tutti, media e cittadini. Questo appuntamento con gli esperti secondo me, anche se sul breve periodo sembra che non stia generando grandi risultati, in realtà sul lungo periodo avrà degli effetti positivi. Perché ci stiamo abituando a capire come ragionano questi esperti, come vengono prese certe decisioni e questo processo, fino a un anno fa completamente sconosciuto all’opinione pubblica, sta diventando molto più trasparente. È facilissimo lamentarsi di come stanno andando le cose dal punto di vista della comunicazione, è facilissimo dire che Ema o Aifa abbiano sbagliato la comunicazione, ma secondo me questa lezione, almeno in alcune di queste importanti agenzie regolatorie, è passata.