Qual è stato il cambiamento più utile nella governance della Regione Lazio nella gestione della pandemia?
Sicuramente il cambiamento più utile è stato accorciare le distanze e avere una catena corta di comando, di governance, con tutti gli stakeholder del sistema sanitario pubblici e privati. Questa è stata la chiave per azzerare fisicamente le distanze e per assumere delle iniziative che potessero avere una tempistica rapida nell’implementazione sulle singole aziende. Da un punto di vista metodologico significa sentirsi ogni giorno, almeno un’ora, attraverso una video conferenza, con tutti i direttori generali di Asl, aziende ospedaliere, policlinici universitari, strutture private accreditate, strutture pubbliche, in maniera da avere costantemente aggiornata la situazione. E questo ha significato un dialogo veloce e un’iniziativa sulle singole realtà territoriali senza alcuna barriera di natura burocratica amministrativa.
Sulla base dell’esperienza fatta dalla Regione Lazio come dovrebbe cambiare la governance sanitaria a livello nazionale?
Occorre ripensare, sia a livello nazionale sia a livello europeo, la gestione di queste crisi pandemiche. C’è sempre più bisogno di una filiera corta di governance, di avere delle autorità snelle che possano assumere rapidamente delle decisioni che hanno un riflesso sulle singole realtà territoriali. Durante questa pandemia, invece, su uno stesso argomento intervengono il Ministero della Salute, il Dipartimento di prevenzione, l’Istituto superiore di sanità, il Consiglio superiore di sanità, il Comitato tecnico scientifico, se si tratta di farmaci l’Agenzia italiana del farmaco: è veramente una catena molto lunga che rischia di non produrre gli effetti desiderati.
Il cambiamento più utile è stato accorciare le distanze e avere una catena corta di comando
Si può dire che questo discorso vale anche a livello europeo?
È importante ripensare la governance anche in Europa e va in questa direzione l’impegno della commissione per costituire un’agenzia europea, Hera, sulla sicurezza sanitaria perché purtroppo abbiamo visto che la frammentazione produce tempo, più catene di comando. Noi abbiamo anche avanzato una candidatura perché possa essere ospitata a Roma, nell’ex area dell’Ospedale Forlanini adiacente all’Istituto Spallanzani, anche per il ruolo che ha avuto l’Italia nella gestione di questa pandemia. Anche in Europa abbiamo visto che non c’è un’unica voce che parla in maniera chiara sui temi della pandemia. Pensiamo al fatto che ci sono Paesi che nonostante siano in Europa hanno approvato vaccini che sono al di fuori del contesto europeo, e gli stessi provvedimenti su farmaci analoghi sono stati assunti diversamente in diversi Paesi europei. AstraZeneca in Francia viene dato sotto ai settanta anni, in Italia prima sotto ai cinquantacinque ora sotto ai sessantacinque, mostrando una grandissima frammentazione che riguarda anche l’Italia. . Bisogna quindi ripensare una strategia e che questa stessa venga messa in capo a un organismo di gestione snello.
La Regione Lazio ha puntato su una strategia di ricerca pubblico-privata per lo sviluppo dei vaccini grazie alla collaborazione con ReiThera. Come pensa che cambierà la governance della ricerca dopo questa emergenza?
Questa emergenza ha messo in luce che la ricerca sui vaccini è pressoché di natura privata: ci sono le grandi società che determinano le scelte anche per i singoli Paesi. Al contrario bisognerebbe puntare sempre di più su una ricerca il cui baricentro sia una ricerca pubblica, magari agendo in partnership con la ricerca privata. Sicuramente è un tema fondamentale da affrontare.
È importante ripensare la governance anche in Europa e va in questa direzione l’impegno della commissione per costituire un’agenzia europea
Come usciremo dalle difficoltà che il sistema sanitario sta soffrendo a causa della crisi?
Ne dobbiamo uscire ripensando la medicina del territorio, il rapporto con il medico di base, facendo uno scatto in avanti nella digitalizzazione, nella telemedicina, nel monitoraggio a distanza. Ma anche ripensando le nostre abitudini, i luoghi di vita e i luoghi di lavoro. C’è bisogno di mettere in campo energie nuove rivoluzionando interi settori.
A cura di Rebecca De Fiore