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Cambiamenti Articoli

Rischi trascurati del cambiamento

Cambiamento è una parola utile per fare promesse, ma che prende significato solo dalla direzione che la trasformazione stessa prenderà

By Aprile 2021Aprile 26th, 2022Nessun commento
Fotografia di Lorenzo De Simone

Le cose vanno sempre nel modo in cui eri certo non sarebbero andate” ha scritto Alessandro Piperno commentando il romanzo di Sandro Veronesi, “Il colibrì”. Se è così, perché ci ostiniamo a inseguire il cambiamento? Il libro, vincitore del premio Strega 2020, è il racconto di una condizione umana sofferente, quella di chi – come un colibrì – sceglie di volare restando fermo. Il racconto si snoda tra narrazioni, dialoghi, lettere tra il protagonista e la donna con cui da anni intrattiene un rapporto speciale. Un libro che torna alla mente pensando alla parola cambiamento. Mentre si sfogliano altre pagine che si hanno sul tavolo, accanto al letto, e altre che compaiono nel telefono… Pagine che confermano che cambiamento è una parola-contenitore, buona per tutte le occasioni e utile per fare promesse, ma che prende significato solo a partire dalla direzione che la trasformazione stessa prenderà.

 

 

Cara Luisa,

ti rispondo. Forse sapevi che stavolta l’avrei fatto: il discorso sul colibrì, sull’emmenalgia, sul perché non siamo stati insieme non può cadere nel nulla.

Cosa sarà questa parola, emmenalgia. Ecco, viene da emméno, un verbo greco che significa “rimango saldo”, “persevero”, “continuo strenuamente”. La malinconia nascosta nel desiderio di voler continuare a oltranza. Leggo però che emméno significa anche “sottrarre alle leggi, alle decisioni di altri”.

Ma questo non significa che io intenda ricominciare a scriverti. Una cosa che mi è ben chiara è che non posso permettermi di ricominciare una qualsiasi relazione con te. (…)

Nell’estate del 1963 i miei genitori mi comprarono un costume da bagno a calzoncino. Era di tela rossa con disegnini blu e sul davanti aveva una chiusura lampo. È una delle “tante care cose” di cui ha scritto Chiara Alessi nel libro con cui abbiamo costruito la nostra linea del tempo. Zip. Un gran cambiamento.

Il fatto è che dietro al movimento è facile capire che c’è un motivo, mentre è più difficile capire che ce n’è uno anche dietro l’immobilità. Ma questo è perché il nostro tempo ha conferito via via sempre più valore al cambiamento, anche a quello fine a sé stesso, e il cambiamento è quello che vogliono tutti. Così, non c’è niente da fare, alla fine chi si muove è coraggioso e chi resta fermo è pavido, chi cambia è illuminato e chi non cambia è un ottuso. È ciò che ha deciso il nostro tempo. Per questo mi fa piacere che tu ti sia accorta (se ho capito bene la tua lettera) che ci vogliono coraggio ed energia anche per restare fermi.

Continuo a sfogliare il libro della Alessi. Chissà cosa dice a un bambino il disegno colorato del mulino che vede ogni giorno a colazione sulla busta dei biscotti. Un’altra delle tante care cose. Vallo a trovare oggi, un mulino. È parte di un paesaggio rurale abbandonato, punteggiato da fattorie diroccate e casali disabitati da chi non ha forse avuto il coraggio di restare. Ci sono molti modi per interpretare questo cambiamento, ma non sono di molto aiuto quando ci troviamo di fronte a questi crolli. In un film di Gianni Celati di molti anni fa – “Visioni di case crollate” – John Berger confessa che, di fronte a un paesaggio del genere, non sappiamo cosa pensare e dovremmo ammettere di aver bisogno di nuovi modi di ragionare. Invece pensiamo di poter fare a meno di diverse visioni del mondo, pretendendo che il cambiamento desiderato giunga da qualcosa che comunque ci è già noto.

Penso a te. Quanti traslochi hai fatto? Quanti lavori hai cambiato? Quanti amori, mariti, compagni, figli, aborti, case in campagna, case al mare, abitudini, fittonate, dolori, piaceri si sono avvicendati nella tua vita? Solo fermandosi a quel che so io, Luisa, che ovviamente non è che una parte, si parla di numeri assurdi. Quanta energia hai speso per tutto ciò? Tantissima. E ti ritrovi a cinquantadue anni a scrivere a me che sono – sì – più o meno rimasto fermo.

“Lo scopo di un sistema è quello che fa”, scrive Teju Cole commentando su Facebook l’uccisione di otto donne di origini asiatiche ad Atlanta. Dovremmo smetterla di illuderci che lo scopo di un programma politico, di un progetto o di un sistema-Paese sia il modo nel quale è stato disegnato o l’energia con cui afferma di volere il cambiamento. “Ci viene insegnato a pensare che qualsiasi altra cosa accada sia frutto di un incidente o sia un risultato dovuto alla sfortuna”: no, alla fine l’obiettivo è semplicemente il risultato che raggiungi. Dovrebbe valere anche per il cambiamento: non conta quello che dicevi di voler ottenere, ma quello che hai ottenuto.

Dico (più o meno) perché di cambiamenti ce ne sono stati anche nella mia vita, lo sai: spallate terribili che mi hanno spostato da dove intendevo rimanere, e che mi hanno lasciato con un filo di forza.

Cambiamento è una parola vuota. Ha senso solo se hai forza, curiosità, coraggio per accettare la scommessa e vedere – non cosa c’è dentro la parola pensata da te o pronunciata da altri – ma dove scopri di essere dopo che qualcosa ti ha spostato.

Tutti i cambiamenti che ho conosciuto io, Luisa, sono stati in peggio. So bene che non è così per tutti, e anzi, il nostro immaginario è pieno di storie luminose, edificanti, di cambiamenti tenacemente perseguiti che hanno migliorato la vita alle persone, alle masse addirittura. Non sto nemmeno a citarle. Ma con me le cose sono andate diversamente. (…)

Il primo giorno che mi misi il costume da bagno a calzoncino le cose sono andate diversamente da come ci si aspettava. Una delle cose a cui anche allora più tenevo – da piccolo hai comunque una visione parziale delle tante care cose – restò impigliata nella chiusura lampo. Zip. Restai a lungo in una situazione dolorosa. Nessuno della famiglia si sentì abbastanza forte e sicuro da liberarmi e il compito fu affidato a un estraneo. A proposito di dolore, imbarazzo e saldezza nell’affrontare i rischi del cambiamento.

Ti abbraccio,

Marco

Insomma, tante care cose,

Luca