I cambiamenti sono insiti nell’essere delle cose e plasmano la storia della natura e dell’uomo. Come osservava Charles Darwin “non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti”.
Il mondo è cambiato radicalmente negli ultimi decenni e ancora più velocemente negli ultimi anni. Ormai viviamo in una società iperconnessa, in cui i cambiamenti possono essere rapidi e imprevedibili. Siamo immersi, come lo definisce una recente teoria sviluppatasi nel post guerra fredda, in un ambiente Vuca, caratterizzato da volatility (volatilità) e uncertainty (incertezza), basti pensare quanto sono cambiati i confini mondiali negli ultimi dieci anni e quanto sono cambiate le nostre abitudini, anche sociali, con le nuove tecnologie, e da complexity (complessità) e ambiguity (ambiguità). Questo perché sono molti e non tutti identificabili i fattori che spingono l’evoluzione delle cose, a volte senza nessuna apparente relazione di causa-effetto, in cui tutto è nebuloso, confuso, “ambiguo”.
Dobbiamo quindi accettare che serve cambiare le “menti” perché “il caso favorisce soltanto la mente preparata”, diceva Louis Pasteur, e la complessità del mondo e della natura umana richiede certamente apertura e adattabilità a ciò che cambia.
Il celebre cantante Vasco Rossi, a proposito di cambia-menti, diceva che “Cambiare opinione non è difficile. / Cambiare il mondo è quasi impossibile. / Si può cambiare solo sé stessi. / Sembra poco ma se ci riuscissi / faresti la rivoluzione”. Certo cominciare da noi come individui è il primo passo per una società migliore, per non avere paura del futuro e cogliere le opportunità, ma è altrettanto importante modificare il modo in cui ci si approccia e si vivono i cambiamenti a livello di sistema.
Cominciare da noi come individui è il primo passo per una società migliore, ma è altrettanto importante modificare il modo in cui si vivono i cambiamenti a livello di sistema.
Come vivere i cambiamenti
I testi ci insegnano che per affrontare la volatilità e l’incertezza in un contesto Vuca servono vision (visione) e understanding (comprensione, di ciò che è stato e di ciò che è); per affrontare la complessità e l’ambiguità servono clarity (chiarezza) e agility (flessibilità).
La nostra esperienza, umana e professionale, ci suggerisce che è importante:
Dare un senso al cambiamento. “Dove vogliamo andare?” è una domanda fondamentale perché implica anche stabilire le priorità. Serve una visione, una gestione nel medio e lungo termine, una ispirazione che faccia sentire a tutti gli attori coinvolti l’orgoglio e la responsabilità di lavorare per un bene comune.
Mettere la persona al centro e guardare il mondo da diverse prospettive. Per chi lavora in un’azienda farmaceutica significa mettersi nei panni del paziente, del caregiver, del clinico, del farmacista, dell’operatore sanitario e del decisore. Questo lo si può fare ascoltando e dialogando, perché la conoscenza reciproca è imprescindibile se si vuole costruire un cambiamento basato sulla fiducia e che sia value-based in tutto il percorso di cura.
Credere e promuovere la solidarietà, intesa non come una mera somma di piccoli gesti personali nei confronti di qualche individuo bisognoso ma come stile di vita e come atteggiamento di sistema. Bisogna preoccuparsi degli altri, perché come ha ricordato il presidente Sergio Mattarella “la solidarietà consente al Paese di crescere e progredire”. Nel periodo covid-19 sono state più di 64 le imprese che hanno messo in campo tante iniziative di sostegno ai pazienti, ai medici, a tutto il personale della filiera della salute e alle strutture sanitarie. Quarantuno milioni di euro donati dalle aziende farmaceutiche per farmaci, beni e servizi (esclusi gli studi clinici) a favore del sistema e dei pazienti. Il 72 per cento delle aziende ha intrapreso azioni di responsabilità sociale a favore dei malati e dei dipendenti.
Vedere le opportunità e affrontarle con coraggio. Non si possono fare cose importanti senza aver paura e non si può scommettere su un futuro diverso, e auspicabilmente migliore, senza mettersi in gioco. Con la pandemia abbiamo imparato a riorganizzarci in maniera più agile, a trovare nuove soluzioni, a lavorare con nuove modalità, a comunicare in modo alternativo. La comunicazione virtuale, l’assistenza territoriale, la tecnologia green e la gestione digitale della filiera dei farmaci sono solo alcuni esempi di opportunità che hanno subito una improvvisa accelerazione e hanno già creato best practice per il prossimo futuro.
Costruire le competenze. È necessario lavorare sulle conoscenze e sulla cultura e dare valore alle competenze. Servono nuovi approcci e comportamenti. Per questo la formazione è un passaggio imprescindibile: solo ciò che si conosce può essere applicato in maniera efficace ed efficiente; e la nostra “cassetta degli attrezzi” deve essere sempre al passo con le novità.
Lavorare insieme. Ci vuole connessione tra le persone e i Paesi. La pandemia ha messo in evidenza che siamo entità interdipendenti e il destino di un’influenza inevitabilmente quello del tutto. Nessuno si salva da solo, ammonisce Papa Francesco, e Mario Draghi, nel suo discorso di insediamento al Senato, ricorda che “senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere”. È indispensabile che pubblico e privato siano vicini per costruire insieme i processi e ottimizzare l’impiego delle risorse scientifiche ed economiche. La covid-19 ha dato vita a collaborazioni uniche nella storia della medicina e non proseguire su questa strada sarebbe una perdita per tutto il sistema.
Evidenziare i buoni risultati. Organizzazione del lavoro, produzione, ricerca clinica, distribuzione, informazione scientifica, donazioni, welfare e molto altro è quanto porta al sistema sanitario l’industria farmaceutica. Il valore aggiunto delle imprese del farmaco al Paese nel 2019 ammonta a 9,2 miliardi di euro, in crescita del 1,4 per cento e pari allo 0,5 per cento del prodotto interno lordo.
È indispensabile che pubblico e privato siano vicini per costruire insieme i processi e ottimizzare l’impiego delle risorse scientifiche ed economiche.
Infine, o forse prima di tutto, per i veri cambia-menti, è necessario il sorriso: una capacità di esecuzione serena e fiera proprio come nella danza classica, disciplina nobile e impegnativa, in cui la bellezza non sta nelle evoluzioni spettacolari o interpretazioni più intense, ma nella capacità di compiere i passi più difficili, quelli più dolorosi, quelli più pericolosi, con il sorriso.