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Cambiamenti Articoli

Cambiare per la rinascita di una nazione. Sì, ma come?

Dal pensiero dell’antropologo Jared Diamond a quello dell’ingegnere matematico Vannevar Bush

Giovanni Sabato

Giornalista scientifico

By Aprile 2021Aprile 26th, 2022Nessun commento
Fotografia di Lorenzo De Simone

Il lato buono di una crisi profonda, come quella della pandemia, è che è un’occasione di cambiamento e di rinascita. Lo si dice spesso. Ma cosa significa in concreto, per una nazione, raccogliere questa sfida? Come si cambia per uscire da una crisi? Vi ha dedicato un saggio, proprio poco prima della pandemia, l’antropologo Jared Diamond, professore di geografia all’Università della California. Dopo il best seller “Armi, acciaio e malattie”, su come le civiltà nascono e fioriscono, e “Collasso”, su come alcune crollano, in “Crisi. Come rinascono le nazioni”[1], Diamond racconta come invece altre civiltà, minacciate da gravi crisi, hanno trovato le strategie giuste per superarle e rifiorire.

Il cambiamento selettivo

“Tutti, a ogni livello, si trovano prima o poi ad affrontare crisi e spinte al cambiamento. (…) Per affrontare in modo positivo le pressioni interne o esterne è necessario un processo di cambiamento selettivo, e questo vale tanto per le nazioni quanto per gli individui” sostiene. Diamond infatti interpreta le crisi delle società più diverse, per epoche, continenti e culture, adottando una chiave comune: la psicologia. Il modo in cui affrontiamo i problemi personali ci indica come risolvere le crisi delle società.

Per superare le crisi individuali serve appunto una trasformazione selettiva: cambiare quelle parti di noi che non funzionano, ma senza stravolgere noi stessi. Quindi si individuano gli aspetti della propria identità che sono fondativi e funzionali e quelli che creano problemi, e si lavora per modificare questi ultimi. Lo stesso vale per i Paesi. Dalla psicologia Diamond trae 12 fattori importanti nel guidare i cambiamenti e risolvere le crisi personali, e li trasla a quelle nazionali, a volte con un parallelo diretto e naturale, altre volte più che altro con una metafora.

Tra le analogie più stringenti e significative c’è, anzitutto, il dover riconoscere di essere in crisi e il non far finta di niente (e almeno questo in Italia sembra acquisito, rispetto ai tempi del “macché crisi, i ristoranti sono pieni”). Poi bisogna accettare la propria responsabilità nella crisi e nell’affrontarla, anziché autocommiserarsi come vittime di colpe altrui (i cinesi, l’Europa, Big pharma). Distinguere cosa va cambiato e cosa conservato (senza cedere al comodo disfattismo nichilista che esenta dal darsi da fare, o cercare consolanti capri espiatori, o pretendere che cambi tutto tranne i propri privilegi). Prendere altri a modello per le proprie istituzioni e per le soluzioni politiche; e chiedere e riceverne aiuto (per esempio con i fondi europei). Operare un’autovalutazione sincera. Ricordare le crisi passate e farne tesoro. Diamond analizza alla luce del suo schema esplicativo sette casi studio, di Paesi molto diversi che hanno superato crisi passate o che le stanno vivendo ora. Ma cosa può dirci questo schema sull’Italia di oggi?

Per affrontare in modo positivo le pressioni interne o esterne è necessario un processo di cambiamento selettivo, e questo vale tanto per le nazioni quanto per gli individui. — Jared Diamond

La rinascita dell’Italia

A parte i punti già rimarcati, ce n’è uno che spicca riguardo all’individuare che cosa dobbiamo cambiare. Certo, l’Italia ha bisogno di riformare la pubblica amministrazione, ridurre la burocrazia, sveltire la giustizia, promuovere l’occupazione giovanile e femminile, e delle tante altre misure e riforme di cui si parla spesso. Ma ha anche un disperato bisogno di cui si parla molto meno: cambiare il modello di sviluppo adottato in questi decenni, per sostituirlo con uno basato su ricerca scientifica e innovazione.

Non si stancava mai di ricordarlo il compianto giornalista scientifico Pietro Greco, che di questa necessità ha fatto un cavallo di battaglia, dedicandovi più d’uno dei suoi innumerevoli libri. E in particolare la sua lunga introduzione – in pratica un libro a sé stante – a “Scienza, la frontiera infinita. Manifesto per la rinascita di una nazione”: la traduzione italiana[2], giunta solo nel 2013 grazie a Bollati Boringhieri, della relazione preparata nel 1945 per il presidente statunitense da Vannevar Bush.

Ingegnere e matematico, consigliere scientifico del presidente Franklin D. Roosevelt, grande manager scientifico responsabile politico del progetto Manhattan, che con un formidabile coordinamento tra migliaia di scienziati e altre figure aveva prodotto la bomba atomica, Bush era stato incaricato da Roosevelt di proporre come organizzare il sistema scientifico degli Stati Uniti dopo la guerra. E la relazione da lui prodotta, intitolata appunto “Scienza, la frontiera infinita”, ha inaugurato la moderna politica della scienza, e il modello di sviluppo economico basato sulla ricerca scientifica che in questi decenni ha sostenuto le fortune dell’Occidente e di altri Paesi, come Giappone e Corea del Sud.

“Il progresso scientifico è una condizione ineliminabile della sicurezza nazionale, della salute dei cittadini e del progresso culturale; è fondamentale per la crescita lavorativa e per ottenere un più alto tenore di vita” scrive Bush. La scienza non è tutto, certo. Per far prosperare un Paese serve tanto altro, dalla pubblica amministrazione alla giustizia o alla cura dell’ambiente. Ma senza la scienza, tutto ciò non basta: “La scienza può contribuire al benessere della nazione solo all’interno di un lavoro di squadra. Ma senza progresso scientifico nessun risultato in altre direzioni, per quanto grande, potrà mai assicurarci la salute, la prosperità e la sicurezza necessarie a una nazione del mondo moderno”.

La risposta contenuta in quel rapporto è ancora estremamente attuale, anche per l’Italia, osserva Greco. Che condensa la ricetta di Bush in 15 punti, sui quali dovrebbe basarsi un programma di Governo per il rilancio dell’Italia. L’analisi, per la sua lucidità e l’immutata attualità, merita di essere letta per intero nel breve volume, ma la sostanza è quanto segue.

Un Paese, per prosperare sul piano economico e culturale, ha bisogno di costante innovazione scientifica e tecnologica, che crea ricchezza sostenibile e lavoro ben retribuito nelle industrie ad alta tecnologia. Il modello di sviluppo adottato finora dall’Italia è stato invece quello di uno sviluppo senza ricerca, che produce prodotti a bassa o media tecnologia, un tempo competitivi, rispetto agli altri Paesi industrializzati, grazie al basso costo del lavoro e alla ripetuta svalutazione competitiva della lira. Ma oggi con la globalizzazione, i nuovi Paesi concorrenti dal costo del lavoro più basso, e l’inevitabile integrazione europea, questi due meccanismi non funzionano più, e ormai da oltre due decenni la nostra economia ristagna, o al più cresce in modo anemico nei periodi di vivace crescita mondiale. L’unica via d’uscita è cambiare la specializzazione produttiva del Paese imboccando, anche noi, la via di uno sviluppo basato sull’innovazione tecnologica. Che oltre all’economia ravviverebbe anche il clima culturale, richiedendo e promuovendo la coltivazione di un capitale umano e culturale che la sostenga, nelle scuole, nelle università e negli altri centri di cultura.

La scienza può contribuire al benessere della nazione solo all’interno di un lavoro di squadra. — Vannevar Bush

Vannevar Bush e Pietro Greco entrano nei dettagli su come farlo. Lo Stato deve promuovere la ricerca e in particolar modo quella di base, indispensabile ad alimentare l’innovazione sul medio-lungo termine, che non può essere sostenuta dai privati. Deve potenziare il capitale umano che realizzi l’innovazione, curando istruzione e cultura, rimuovendo le barriere culturali, burocratiche e socioeconomiche che trattengono molti dal partecipare all’impresa culturale, e promuovendo il merito. Deve creare un programma nazionale di politica della scienza e un’agenzia nazionale della ricerca, per promuovere un gioco di squadra dell’intera nazione.

Questo approccio ha reso gli Stati Uniti il Paese leader dal dopoguerra a oggi. E questo approccio è oggi la ricetta per la rinascita del nostro Paese, conclude Pietro Greco.

Finanziare il cambiamento

A quest’idea dovrebbe ispirarsi dunque l’uso di una parte del Recovery fund, o meglio del Next generation Eu. L’appello, che fa proprie le idee appena delineate, è stato lanciato a ottobre sul Corriere della Sera da 14 fra i più prestigiosi esponenti della comunità scientifica italiana, inclusi il presidente dell’Accademia dei Lincei Giorgio Parisi e il presidente del Consiglio nazionale delle ricerche Massimo Inguscio. La proposta è di investire 15 miliardi in 5 anni per portare i finanziamenti alla ricerca pubblica italiana agli stessi livelli della Francia (in rapporto al pil), aumentandoli di un miliardo all’anno e passando così, a un ritmo che consenta al sistema di assorbire le nuove risorse, dagli attuali 9 a 14 miliardi annui. I soldi dovrebbero finanziare nuovi bandi per i progetti di ricerca, il potenziamento delle grandi infrastrutture scientifiche, e la valorizzazione del capitale umano, anche con un piano strategico di concorsi per ricercatori basati sul merito e tenuti a cadenze prefissate e regolari.

È questa “l’unica realistica possibilità per il rafforzamento della ricerca italiana”, scrivono i ricercatori. E quindi, di sfruttare la crisi come opportunità di cambiamento per rilanciare l’Italia.

Anche Pietro Greco, nel libro del 2013, aveva scritto una lettera dal tenore simile, una sorta di riassunto estremo della relazione di Bush. Ma in tutti questi anni non l’aveva mai spedita, per mancanza di un interlocutore politico interessato a riceverla. Mario Draghi, nel discorso programmatico d’insediamento al Senato, ha affermato che bisogna finanziare più adeguatamente la ricerca scientifica, inclusa quella di base, e coltivare l’istruzione e la formazione universitaria. Sarà lui, finalmente, l’interlocutore giusto?

 

Bibliografia
[1] Diamond J. Crisi. Come rinascono le nazioni. Torino: Einaudi, 2019.
[2] Bush V. Manifesto per la rinascita di una nazione. Scienza, la frontiera infinita. Torino: Bollati Boringhieri, 2013.