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Avviene Articoli

Verso la prossima pandemia. Con nuove risposte

Una volta che ci saremo ripresi ridefiniremo i nostri valori?

Richard Horton

Editor-in-chief The Lancet

By Dicembre 2020Aprile 26th, 2022Nessun commento
Fotografia di Lorenzo De Simone

La covid-19 ha rimesso insieme un mondo frammentato e poi lo ha frammentato ancora di più. La comunità internazionale non è stata in grado di collaborare per limitare le gravi conseguenze di questa pandemia. Come ha osservato il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite António Guterres, la covid-19 ha scatenato uno “tsunami di odio e xenofobia, capri espiatori e allarmismo”. Ora stiamo vivendo un periodo di ansia e instabilità politica, economica e sociale senza precedenti. Il virus che ha causato la covid-19 non se ne andrà, ma rimarrà con noi ancora per molto tempo. Ciò che possiamo fare è sperare in una convivenza pacifica. Ci saranno probabilmente inchieste pubbliche in tutti gli Stati, segnati dalla morte di migliaia di cittadini. Ci saranno certamente indagini mondiali su origine, decorso ed esito di questa pandemia. Saranno fatte lunghe liste di raccomandazioni e consigli. Alcuni potrebbero anche venire implementati. La crisi della covid-19 del 2020 posizionerà la salute al centro di questa società moderna. Detto questo, Slavoj Žižek aveva ragione: i disastri possono diventare catalizzatori di cambiamenti sociali e politici significativi e sorprendenti. Ecco cosa devono fare le società se vogliono prevenire le pericolose conseguenze della prossima pandemia. All’interno dei paesi, il regime delle politiche scientifiche dovrà essere messo in discussione e ripensato, ideando meccanismi che riuniscano una più ampia élite di esperti che sappiano valutare e giudicare i rischi in modo trasparente e più autocritico. Non solo si migliorerà l’input governativo, ma si ottimizzerà anche la risposta per renderla più veloce e decisa. I sistemi sanitari resilienti dovranno essere maggiormente preparati a resistere ai pericoli di nuove, improvvise malattie. La sanità e l’assistenza sociale verranno unificate in un unico sistema sanitario. Una ridistribuzione della ricchezza riconoscerà (e premierà) i lavoratori chiave. La disuguaglianza dovrà avere un ruolo più importante nella lista delle priorità politiche. Nel 2013, il primo ministro britannico, Boris Johnson (allora sindaco di Londra), ha sostenuto che “la disuguaglianza è essenziale” per il successo della società. “L’invidia”, ha affermato, “è stato un prezioso stimolo all’attività economica”. Questo punto di vista non sarà più accettabile. I governi dovranno contrastare la disuguaglianza con ogni fibra del loro essere. E gli Stati che prevedono mercati di animali vivi dovranno iniziare a chiuderli.

Arundhati Roy ha descritto la covid-19 come “un portale, una porta tra un mondo e l’altro” [1]. Come potrebbe essere diversamente?

A livello internazionale, i paesi, inizialmente senza il sostegno degli Stati Uniti, dovranno lavorare insieme per rafforzare e riorganizzare l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’unica organizzazione internazionale che può guidare e coordinare la risposta globale a una pandemia. Per un maggior controllo sulle nuove minacce infettive, gli Stati dovranno considerare la salute non solo internamente, ma anche come una questione di politica estera fondamentale per la sicurezza nazionale. Dovranno quindi collaborare per garantire che tutte le nazioni avanzino verso l’unico obiettivo – quello di una tutela sanitaria globale – poiché una sicurezza sanitaria globale è indispensabile per la sicurezza sanitaria individuale. I paesi, poi, dovranno cooperare per condividere i dati e combattere la disinformazione. E dovranno trovare il modo, gradualmente, di rafforzare la loro responsabilità al fine di soddisfare i requisiti sanciti dall’International health regulations. Ma al di là di questi importanti progressi tecnici utili al miglioramento della sicurezza delle persone – e che porteranno incommensurabili benefici alla società – dovranno verificarsi anche cambiamenti radicali nella storia dell’umanità. Arundhati Roy ha descritto la covid-19 come “un portale, una porta tra un mondo e l’altro”[1]. Come potrebbe essere diversamente?

La covid-19 cambierà le società. Ha messo in luce le debolezze delle nostre nazioni, implicando costi economici – attività al collasso, disoccupazione in aumento, crescita in diminuzione – che minacceranno il futuro di un’intera generazione per i decenni a venire. Lo Stato e la società “vigilante” diventeranno la nuova normalità. Dobbiamo accettarlo. La minaccia di questa pandemia sottolineerà l’importanza di tutelare e rafforzare la salute delle civiltà e delle comunità: ciò che si potrebbe anche chiamare salute planetaria. I nostri musei sono pieni di reliquie di antichi popoli che un tempo pensavano che le loro società fossero stabili e forti. La fragilità delle nostre civiltà è stata portata alla luce dalla covid-19. I settori politico, economico, sociale, tecnologico e ambientale di una società stabile e sostenibile diventeranno questioni di massima importanza. L’idea di progresso verrà ridefinita, forse anche completamente stravolta. L’amministratore generale della Bank of England ha sostenuto che le società hanno sottovalutato l’importanza del capitale sociale come stabilizzatore automatico [2]. I governi presteranno più attenzione al rafforzamento del capitale sociale.

La covid-19 cambierà le amministrazioni. La politica ha compreso che una pandemia rappresenta una crisi politica e non solo una crisi sanitaria; per questo, le pandemie richiedono una leadership ai massimi livelli politici. I diversi presidenti e i primi ministri hanno anche abbracciato – a volte attraverso la loro stessa malattia – la responsabilità di proteggere la vita e il sostentamento dei loro popoli: sfruttare il commercio internazionale per risolvere i problemi della società non è sufficiente. I partiti politici e il servizio civile di ogni Paese recluteranno più scienziati nei loro ranghi. Il saper parlare la “lingua” degli scienziati sarà un requisito necessario per chi vorrà governare. I governi dovranno trovare strumenti migliori per portare avanti una leadership e un giusto coordinamento, a livello locale e globale. Capiranno quanto sia importante che il popolo riponga la propria fiducia nell’ordine pubblico. Il governo americano verrà infine reimmesso in un nuovo meccanismo di collaborazione globale, ma non finché Donald Trump sarà presidente.

La covid-19 cambierà le persone. I cittadini chiederanno servizi sanitari pubblici e sistemi sanitari più stabili. Avremo maggiori aspettative e accoglieremo favorevolmente la rinascita dello Stato. La salute può trasformarsi in ossessione e paura. Le preoccupazioni sulla nostra salute e sul rischio di ulteriori pandemie scateneranno dibattiti sull’organizzazione della società e la gente non vedrà più la malattia come una patologia del corpo, ma come una malattia della società. Le persone pretenderanno un’assistenza sociale più presente, soprattutto nei confronti dei più vulnerabili. Riscopriremo il concetto di comunità e arriveremo ad accettare il rischio di contagio – e di morte – come compromesso necessario per riconquistare le nostre libertà.

La covid-19 cambierà la medicina. Ciò che esprime One Health [3] diventerà una nuova priorità. One Health afferma che la salute dell’uomo e quella degli animali sono strettamente connesse. Gli operatori sanitari e le loro istituzioni avranno più voce nella società. Verranno assunti e formati più operatori sanitari, i sistemi di sanità pubblica saranno rafforzati e il benessere degli operatori sanitari sarà preso più seriamente. Rivolgeranno le loro richieste alla politica e chiederanno un maggiore coinvolgimento nel processo decisionale politico. Ci si prenderà cura con maggior attenzione della salute delle popolazioni chiave: persone anziane che vivono nelle case di cura, minoranze etniche e comunità nere, migranti, rifugiati e tutti coloro che vivono in condizioni di pervasiva povertà. I modelli di assistenza verranno rivoluzionati dalla tecnologia digitale, in particolare quelli di assistenza primaria. Saranno rafforzati gli investimenti nella scienza medica (in special modo nella sanità pubblica).

La covid-19 cambierà la scienza. La ricerca avanzerà costantemente e sarà completamente integrata nell’assistenza clinica. La covid-19 ha dimostrato che la scienza – in particolare gli studi clinici – può operare anche nel bel mezzo di una tempesta pandemica. E verrà presto inaugurata una nuova linea di farmaci e vaccini per il trattamento e la prevenzione della covid-19. Il remdesivir ha già ricevuto l’approvazione da parte della Food and drug administration statunitense. Altri antivirali sono in fase di studio. E per i vaccini si stanno svolgendo i primi studi clinici. Il rischio di un nazionalismo terapeutico e vaccinale sarà alto, ma verranno trovati i mezzi per garantire un accesso equo alle nuove tecnologie sanitarie. Il principio etico per eccellenza nella scienza della covid-19 sarà l’equità: ogni popolazione del mondo dovrà avere l’opportunità di beneficiare dei risultati della ricerca scientifica. Le prove scientifiche assumeranno un’importanza maggiore nel processo decisionale politico, e la trasparenza di queste prove dovrà diventare la norma piuttosto che l’eccezione. Verranno creati nuovi campi di conoscenza.

Ognuno di noi valuterà e trarrà le sue conclusioni sulla covid-19. Temo che i nostri leader politici non saranno in grado di cogliere l’opportunità che gli si sta presentando. Ci sono pochi segnali che ci fanno pensare che un qualsiasi leader sia, a oggi, disposto a trascendere i propri interessi di potere. Al contrario, esistono parecchi segnali di un nuovo nazionalismo emergente, ancora più spietato. Se questa è la strada che il mondo vuole percorrere, non ci sarà alcuna possibilità di prevenire le catastrofi di una futura pandemia. Temo che molti dubbi sul nostro futuro, manifestati ancor prima che si diffondesse la covid-19, saranno ignorati: povertà, malnutrizione, mancanza di accesso all’istruzione, disuguaglianza di genere (e disuguaglianze più in generale), emergenza climatica, oceani inquinati, guerre e conflitti. Conosciamo molto bene questa lista. Sono alcuni dei Sustainable development goals (Sdg), una straordinaria serie di impegni politici sostenuti da tutte le nazioni, con una deadline entro il 2030. Rappresentano una promessa fatta ai nostri figli. La covid-19 non deve distrarci – o almeno non troppo – dal realizzare l’obiettivo di uno sviluppo umano sostenibile. Non dobbiamo affidare i costi della covid-19 alla prossima generazione. Temo che il risultato della pandemia non sarà solo un presidente degli Stati Uniti che si distacca dagli affari esteri (il mondo ha bisogno di un Governo statunitense decisamente disponibile se vogliamo riuscire a soddisfare i Sdg), ma anche l’ostilità nei confronti della Cina. L’evidente razzismo che il virus ha causato nei confronti della Cina è un errore, oltre che un grave problema, perché la Cina è in grado di dare un grande contributo alla risoluzione di alcuni dei problemi più profondi affrontati come comunità globale. Il know-how scientifico della Cina, la sua capacità di innovazione e il desiderio di dare spazio alle menti migliori – tutte qualità che ho visto svilupparsi nella medicina e nella scienza medica cinese nel corso di due decenni – dovrebbero essere accolti e sfruttati per il bene comune. Rafforzare il legame della Cina con la comunità mondiale promuoverà l’emergere di nuove norme comuni internazionali. Questa convergenza di valori e di comportamenti ha rappresentato uno dei risultati del monitoraggio della sars nel 2002-3. Perderemmo una grande opportunità se la cattiva gestione della covid-19 comportasse una nuova fase di contrasti internazionali.

Temo che perderemo la nostra capacità di sorprenderci. Albert Camus, nel suo appello del 1947 ai medici, che combattono ancora oggi la peste, ha scritto: “Non dovete, mai, abituarvi a vedere la gente morire come mosche per le strade, come fanno ora e come hanno sempre fatto da quando la peste è stata chiamata così ad Atene”. Ci deve ancora ripugnare l’incompetenza dei governi, la corruzione del potere e la collusione delle caste elitarie. E dobbiamo essere pronti ad agire sfruttando questi sentimenti di ripulsa. Temo che la paura stia diventando gradualmente un nuovo principio dell’organizzazione della società. Il distanziamento fisico diventerà normale nelle nostre relazioni e la fiducia reciproca andrà sgretolandosi. I posti a sedere su autobus e treni ci allontaneranno. I cinema e i teatri perderanno il loro pubblico e forse anche il potere di farci commuovere. I bar e i ristoranti richiederanno l’isolamento piuttosto che l’aggregazione. Lars Svendsen sostiene che “la paura è diventata una caratteristica fondamentale di tutta la nostra cultura”. E se creassimo una società che preferisce difendersi dal male piuttosto che rincorrere il bene? Svendsen sottolinea che la paura è strettamente legata all’incertezza. Ma, come ho cercato di dimostrare, l’incertezza è fondamentale per il nostro futuro. Se lasciamo che la paura dell’incertezza ci travolga, lo scotto potrebbe essere vivere una vita inaccettabile.

E temo che dimenticheremo – come abbiamo già dimenticato, gli avvenimenti e gli insegnamenti della sars nel 2002-3. Oltre 300.000 decessi in tutto il mondo sono sicuramente un evento significativo nella nostra storia. Dobbiamo necessariamente ricordare. Naturalmente le famiglie non dimenticheranno le singole vite perse. Ma io voglio qualcosa di più. Noi, come comunità globale, non abbiamo forse l’obbligo di ricordare non solo la nostra situazione personale, ma anche ciò che abbiamo globalmente condiviso? Credo di sì, in parte perché la nostra memoria è ciò che dobbiamo a chi ha perso la vita, e in parte perché bisogna ricordare anche a noi stessi cosa va fatto per evitare che questa evitabile tragedia si ripeta. Che si tratti di diari, cerimonie commemorative o di istituzioni comunitarie, la realizzazione di questa memoria condivisa è importante, poiché, come sottolinea Avishai Margalit, “una vera e propria comunità della memoria può aiutare a modellare una nazione”.

La covid-19 ci ha dato l’opportunità di riorganizzare le fondamenta etiche della nostra società. Il virus ha rubato troppe vite. Non possiamo permetterci di tornare ai nostri vecchi mondi come se tutto questo, in qualche modo, possa essere dimenticato. Per onorare le vite che abbiamo perso dobbiamo vivere in modo diverso. Quello che affronteremo ora non è solo una rivoluzione politica di grandi proporzioni; ci troviamo di fronte anche a un attacco morale. Il capitalismo ha molti pregi. Ma la sua forma più estrema venuta a galla negli ultimi quarant’anni ha indebolito qualcosa di essenziale nel tessuto sociale delle nostre società. Queste debolezze hanno contribuito al tragico bilancio di morti. Dopo la covid-19, non è più accettabile considerare le persone come mezzi piuttosto che come obiettivi.

La covid-19 ci ha dato l’opportunità di riorganizzare le fondamenta etiche della nostra società.

Una volta che ci saremo ripresi da questa pandemia, troveremo un momento per ridefinire insieme i nostri valori e i nostri obiettivi? Forse, durante questa pandemia, abbiamo imparato a valorizzarci di più l’un l’altro. Anche se isolati, ci siamo avvicinati di più. Ci siamo presi del tempo per informarci sulla salute l’uno dell’altro. Abbiamo ridimensionato le nostre aspettative e siamo diventati più generosi anche nei nostri confronti. Abbiamo dato chiaramente la priorità al nostro benessere rispetto alla nostra ricchezza.

 

Il brano di Richard Horton è tratto dal suo libro
Covid-19. La catastrofe”,
pubblicato da Polity Books e Il Pensiero Scientifico Editore (2020).
 

 

 

Bibliografia
[1] Arundhati Roy. The pandemic is a portal. Financial Times, 3 aprile 2020. Ed. It. La pandemia è un portale.
[2] Andy Haldane. Reweaving the social fabric after the crisis. Financial Times, 24 aprile 2020.
[3] One Health rappresenta “gli sforzi collaborativi di più discipline che lavorano a livello locale, nazionale e globale, per raggiungere una salute ottimale per le persone, gli animali e il nostro ambiente”, come definito dalla Task Force One Health Initiative [ndt].