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Avviene Articoli

Il lato positivo dell’impreparazione

Come nel "Prometeo incatenato" di Eschilo, la cieca speranza infusa nei nostri cuori può motivarci a essere più preparati

Nicholas Christakis

Sol Goldman family professor of social & natural science Professor internal medicine and general medicine Yale University

By Dicembre 2020Aprile 26th, 2022Nessun commento
Fotografia di Lorenzo De Simone

Nel 2015, Bill Gates ha diffuso una popolare TED Talk intitolata “La prossima epidemia? Non siamo pronti” spiegando perché fosse così importante riconoscere il rischio di una pandemia; il video e stato visualizzato oltre 36 milioni di volte. I Centers for disease control hanno mantenuto per anni informazioni sui propri siti web e hanno pubblicato molte dozzine di rapporti su come prepararsi a una pandemia, così come hanno fatto anche altri enti governativi. La nostra nazione ha numerosi epidemiologi ben preparati e molti esperti hanno lanciato l’allarme. Eppure, poiché le epidemie sono presenti solo nella nostra lontana memoria collettiva, e poche persone ancora in vita ricordano pandemie della portata della covid-19, questi avvertimenti sono stati ignorati. Inoltre, come abbiamo visto, le epidemie sono sempre accompagnate da contagi emotivi di paura e negazione. E così ci siamo fatti trovare impreparati, emotivamente, politicamente e concretamente. Non avevamo nemmeno l’attrezzatura necessaria per salvare le nostre vite, dai dispositivi di protezione individuale (dpi), ai test, ai ventilatori meccanici. Ma, soprattutto, non avevamo una comprensione collettiva della minaccia che stavamo affrontando. La pandemia da covid-19 ha aperto gli occhi agli americani sull’importanza della salute pubblica nello stesso modo in cui l’11 settembre lo ha fatto sulla sicurezza nazionale, la grande recessione sulla fragilità del nostro sistema finanziario e l’elezione di vari leader populisti in tutto il mondo nel XXI secolo sui pericoli dell’estremismo politico.

La pandemia da covid-19 ha aperto gli occhi agli americani sull’importanza della salute pubblica, nello stesso modo in cui l’11 settembre lo ha fatto sulla sicurezza nazionale.

Le pandemie respiratorie si ripetono. La figura, nella pagina a fianco, si concentra solo su quelle causate dall’influenza negli ultimi 300 anni. Sono apparse periodicamente per tutto questo tempo, ogni pochi decenni. Pandemie respiratorie particolarmente gravi si verificano ogni 50-100 anni. La covid-19 non sarà l’ultima. Infatti, anche mentre stavamo affrontando le prime fasi di questa pandemia, è stata segnalata la presenza, nell’estate del 2020, di un nuovo patogeno influenzale (di non chiara gravità) trovato durante un controllo di routine sui maiali in Cina. È orribile pensare di dover affrontare un’epidemia di un’altra classe completamente diversa di agenti patogeni che si sovrappone con la pandemia in corso. Ma la minaccia è sempre presente.

Nonostante tutte le sofferenze che ha causato, la pandemia da covid-19 ha offerto alle persone nuove possibilità. La mancanza di spostamenti ha generato aria pulita e una riduzione delle emissioni di carbonio pari a quanto sarebbe necessario (anche se in modo più prolungato) per affrontare il cambiamento climatico. Lavorare insieme per mettere in atto i vari dpi ha favorito il riconoscimento dell’importanza della volontà collettiva e ha contribuito a preparare il terreno per l’attivismo politico, con lo scopo di affrontare altri problemi di lunga data della nostra società, dalla disuguaglianza economica alla giustizia razziale, fino all’accesso all’assistenza sanitaria. La volontà del governo di spendere enormi somme di denaro in un batter d’occhio è stata una dimostrazione tangibile della capacità di esercitare il suo enorme potere economico per affrontare una minaccia ritenuta abbastanza importante. La pandemia ha funzionato come una sorta di lezione sul campo: Hai visto? Hai visto cosa è possibile?

La pandemia da covid-19 ha anche dimostrato in modo molto concreto quanto siamo interconnessi tra noi e quanto il benessere comune sia tale solo quando coinvolge i più deboli. Oltre a sollevare importanti preoccupazioni morali, l’esistenza di categorie vulnerabili – negli Stati Uniti o nel mondo – che potrebbero diventare serbatoi di infezione dimostra anche l’utilità pragmatica del mostrare solidarietà. Quando infuria un virus mortale è anche nell’interesse dei forti prendersi cura dei più deboli. E un contenimento efficace della malattia, per definizione, pone le esigenze della collettività davanti alle esigenze dei singoli individui.

Nel ‟Prometeo incatenato”, opera teatrale di Eschilo, Prometeo offre agli umani il dono del fuoco (e quindi della tecnologia). Inoltre, fa loro un altro dono: rende impossibile che gli uomini possano prevedere quando moriranno. Ma poiché gli uomini sanno ancora che possono soffrire e morire (vedendo che accade negli altri), questa ignoranza e incertezza tendono a renderli infelici. Possiamo usare la tecnologia per prevedere il futuro, ma questo può anche peggiorare le cose se le previsioni sono accurate e tragiche. Il coro nell’opera chiede a Prometeo: “Quale cura hai scoperto per la loro miseria?”. E Prometeo risponde: “Ho piantato saldamente nei loro cuori una cieca speranza”. Ma la cieca speranza è un compagno volubile per la nostra miseria. Non è abbastanza. Eppure, costringendoci a guardare al futuro, la speranza può servire anche a un altro scopo: può spingerci a prepararci.

La vita tornerà alla normalità. Le epidemie finiscono sempre. E, come le epidemie, la speranza e una parte persistente della condizione umana.

I microbi hanno modellato il nostro percorso evolutivo sin dall’origine della nostra specie. Le epidemie lo hanno fatto per molte migliaia di anni. Come il mito delle frecce di Apollo, hanno sempre fatto parte della nostra storia. Le abbiamo superate in passato, utilizzando gli strumenti biologici e sociali a nostra disposizione. La vita tornerà alla normalità. Le epidemie finiscono sempre. E, come le epidemie, la speranza e una parte persistente della condizione umana.

 

 

II brano di Nicholas Christakis è tratto dal suo libro
La freccia di Apollo. L’impatto profondo e duraturo del coronavirus sulle nostre vite”,
pubblicato da Little, Brown & Company e Il Pensiero Scientifico Editore (2020).

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