Nel secondo dopoguerra alcune importanti conquiste hanno consolidato diritti fondamentali che oggi si danno per scontati, inconsapevoli delle difficoltà necessarie per ottenerli. Dai diritti umani al diritto alla salute e quello all’aborto, dal diritto al voto al diritto lavoro. La comprensione delle conquiste e delle sconfitte di ideali è una via da percorrere per non accorgersi troppo tardi del rischio di dover rinunciare ai valori di civiltà. Alcune riflessioni di Luigi Manconi, fondatore e presidente dell’associazione A Buon Diritto onlus.
Salute: quali gli obiettivi ancora da perseguire per riaffermare il diritto alla salute?
In Italia, in sanità come in altri campi, abbiamo assistito a un grottesco percorso per il quale dopo la giusta euforia per l’istituzione del Servizio sanitario nazionale se ne sono evidenziati gradualmente i limiti e le carenze. Ci si è orientati verso la limitazione del sistema pubblico a vantaggio del privato, per arrivare con l’esplosione della pandemia a doversi confrontare con la debolezza di questa impostazione e a dover rimpiangere una sanità pubblica che costituisce una garanzia per la tutela della salute della popolazione che la controparte privata non può assicurare. La pandemia che stiamo attraversando ha rilevato l’intima fragilità del sistema integrato pubblico/privato. Proprio in Lombardia, dove si riteneva avesse espresso la sua massima efficienza, questo sistema si è rilevato molto debole, incapace in primo di luogo di garantire l’integrazione tra pubblico e privato. Abbiamo avuto la prova che valorizzare il privato ha portato inevitabilmente a deprezzare e a indebolire il pubblico con le conseguenze che tutti abbiamo visto, soprattutto sul piano della medicina del territorio. Quindi è da lì che dobbiamo ripartire, con grande attenzione e anche con grandi mezzi perché altrimenti in caso di una futura emergenza ci troveremmo totalmente scoperti.
Migranti: come correggere la rotta per la tutela dei diritti fondamentali della persona?
Dobbiamo partire dal considerare i migranti come persone. Sembra scontato ma questo diritto è tutt’altro che acquisito. Nella migliore delle ipotesi il migrante viene visto come forza lavoro – sottolineo “migliore” perché in questo caso, almeno, se ne considera l’utilità economica e, almeno, si attuano politiche per la sua integrazione. Considerare il migrante come soggetto che contribuisce alla ricchezza nazionale ha un senso se questo lavoratore arriverà a godere di tutti i diritti propri della cittadinanza e non solo quelli relativi al suo ruolo di produttore. È un processo difficile ma questi due passaggi sono essenziali per riconoscere al migrante il ruolo di potenziale cittadino.
Giovani: come si possono ridurre le disuguaglianze che condizionano una crescita individuale?
La riduzione delle disuguaglianze ha come condizione preliminare la parità delle condizioni di partenza. Per garantire la parità di condizioni di partenza fondamentale è la forza, la vitalità, l’intelligenza della scuola pubblica. Ma anche su questo piano la pandemia è stata spietata nel rilevare le debolezze di un sistema incapace di integrarsi nel territorio, di affrontare condizioni di difficoltà, di tutelare al proprio interno i più deboli, di garantire le condizioni essenziali di sviluppo. Quanto è emerso con la didattica a distanza e con la carenza di insegnanti di sostegno rende evidente un indebolimento negli ultimi decenni della scuola pubblica italiana. Da lì bisogna ripartire.
Di tutte le conquiste raggiunte quali sono oggi più in pericolo?
Sotto un certo aspetto la parità di genere. Perché è in presenza delle grandi crisi economico-sociali che le conquiste più faticosamente ottenute vengono sottoposte a tensione. La carenza di risorse e di posti di lavoro fa sì che il rischio di tornare a situazioni precedenti di forte disparità di genere sia alto, a partire dal mercato del lavoro.