Valore è un termine sempre più ricorrente in Sanità: da quali premesse occorre partire, secondo lei, per coglierne i significati?
Non possiamo prescindere da un’evidenza: nella maggioranza dei paesi OCSE, il contesto sanitario è attraversato da dinamiche derivanti, sempre più, dall’interazione tra le innovazioni tecnologiche e le istanze che provengono dai cittadini: dalle aspettative di salute e di assistenza, dalle loro condizioni di salute e socio-economiche. Le tecnologie sanitarie (farmaci, vaccini, programmi di assistenza, percorsi diagnostico terapeutico assistenziali, protesica e presidi) evolvono e spesso sono in grado di modificare significativamente il decorso di numerose patologie: tutto questo contribuisce alla maggiore longevità della popolazione, ma anche alla prevalenza di malattie croniche. Aumentano anche le aspettative dei cittadini che si traducono in una maggiore domanda di prestazioni sanitarie e nella conseguente crescita della spesa, sia pubblica sia privata. Una sfida complessa soprattutto dal punto di vista della sostenibilità finanziaria.
La spesa sanitaria aumenta dunque in modo omogeneo?
In realtà, con qualche differenza: nel nostro Paese, per esempio, a fronte di una elevata speranza di vita, la spesa sanitaria risulta contenuta, se paragonata a quella di Paesi con aspettativa di vita sia superiore (Giappone) sia inferiore. In generale, la crisi economica ha rallentato il tasso annuale di crescita della spesa sanitaria pro-capite dei paesi OCSE, passando dalla media annuale di 3,4% nel periodo 2005-2009 alla media annuale dello 0,6% nel periodo successivo (2009-2013); con alcune variazioni che connotano in modo particolare nazioni, tra cui l’Italia e altri stati sud-europei, che fanno segnare di recente un’inversione di segno della crescita (in Italia il tasso di crescita medio annuale risulta pari a –1.6% nel periodo tra il 2009 e il 2013). Ma nonostante il recente rallentamento della crescita, si stima che la spesa sanitaria vada a consumare un ulteriore 2% del PIL dei paesi OCSE nel corso dei prossimi 20 anni.
Negli ultimi anni, molti Paesi hanno introdotto misure in grado di intervenire in modo sostanziale sulla spesa sociale, soprattutto a fronte dell’attuale ciclo economico. Tra le possibili misure adottate, la scelta è riconducibile a tre approcci: 1) incremento della tassazione o tagli in altri settori della spesa pubblica, in modo tale da aumentare le risorse per la sanità; 2) la revisione dei limiti tra spesa pubblica e spesa privata; 3) il miglioramento dell’efficienza della spesa sanitaria pubblica.
A proposito di quest’ultimo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che tra il 20% e il 40% della spesa sanitaria totale sia consumato in interventi che contribuiscono in misura irrilevante al miglioramento della salute delle persone, il che equivale a potenziali risparmi di efficienza pari a circa 1,204 dollari pro capite nei paesi ad alto reddito, cifra peraltro prudente rispetto ad altre stime. Si ritiene, inoltre, che la speranza di vita alla nascita possa essere aumentata di oltre due anni, nel complesso dei Paesi OCSE – pur tenendo ferma la spesa sanitaria – se tutti i paesi diventassero efficienti come i “best performer”.
Tenuto conto che qualsiasi scelta, di tipo clinico o di policy, è frutto di un confronto e presuppone una rinuncia, le dinamiche sopra rappresentate e queste stime, in un contesto di risorse limitate, portano a considerare con estrema attenzione il valore della spesa sanitaria come criterio di misura del risultato conseguibile a parità di spesa e, dunque, come criterio decisionale.
Come andrebbe definito e misurato il valore?
Partirei dal noto lavoro del 2010 uscito sul New England Journal of Medicine (“What Is Value in Health Care?”), in cui Michael Porter sostiene che l’obiettivo generale dell’assistenza sanitaria debba puntare al conseguimento di un elevato valore per i pazienti: il concetto di valore corrisponde all’“esito di salute guadagnato per ogni dollaro speso” e non può essere misurato se non in rapporto al paziente. In un sistema sanitario ben funzionante, la creazione di valore per il malato dovrebbe mettere in raccordo gli interessi di tutti gli attori del sistema, rappresentando, secondo l’autore, un fattore di sostenibilità economica del sistema sanitario. Intendiamoci: il valore non è un elemento facile da mettere a fuoco, ma uno dei punti essenziali è la restituzione di un ruolo centrale alla persona, sana o malata, con riguardo alla sua salute. Il miglioramento della performance dell’assistenza sanitaria dovrebbe misurarsi sulla metrica del valore che, secondo Porter, andrebbe inoltre valutata nell’ambito dell’intero ciclo assistenziale del paziente. Il valore, dunque, non può scaturire solo da un ragionamento di tipo economico, come confermano anche le analisi di Sir Muir Gray.
L’Organizzazione mondiale della sanità stima che tra il 20% e il 40% della spesa sanitaria totale sia consumato in interventi che contribuiscono in misura irrilevante al miglioramento della salute delle persone.
Quali politiche è possibile mettere in atto, a livello nazionale, per facilitare la transizione verso l’assistenza sanitaria basata sul valore?
Anche nel nostro Paese si è reso necessario porre in atto meccanismi per assicurare la sostenibilità del Servizio Sanitario, mantenendone i principi costitutivi di equità ed universalità attraverso l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) in modo appropriato ed uniforme su tutto il territorio nazionale. Rispetto ai tre approcci a cui ho sopra accennato, l’opzione strategica alla sfida della sostenibilità, nel nostro caso, si è fondata su un intenso programma di riqualificazione della spesa sanitaria, rivedendo gli assetti organizzativi dei servizi sanitari al fi ne di migliorarne la qualità, l’appropriatezza, l’efficienza e l’equità, in grado di coniugare il controllo della spesa con un incremento del suo valore assistenziale per il cittadino. In questi termini, la logica di tale strategia ricalca, in un’ottica di sistema, il paradigma del valore.
Nonostante l’attuazione di tali indirizzi in tutto il Paese abbia ancora un lungo percorso da compiere, alcune scelte di policy hanno già creato importanti presupposti sia per la riqualificazione della spesa, nell’ottica sopra descritta, che per facilitare l’evoluzione verso la “value-based health care”, agendo su due ambiti.
- Azioni sui modelli organizzativi dell’assistenza: posto che la metrica del valore vada applicata all’intero ciclo assistenziale del paziente, è essenziale crearne i presupposti organizzativi tesi a favorire la massima integrazione e complementarietà dei singoli processi di cura, da valutare poi nel loro insieme; questi indirizzi si rivolgono in modo particolare alle cronicità, che richiedono la definizione di percorsi assistenziali in grado di prendere in carico il paziente nel lungo termine, garantire la continuità assistenziale, l’integrazione degli interventi sociosanitari, migliorandone così la qualità di vita attraverso la prevenzione di complicanze, disabilità e non autosufficienza. In tale ottica il Ministero della salute, di concerto con le Regioni, sta per emanare il primo “Piano Nazionale della Cronicità” e in questo percorso sarà molto importante un utilizzo delle nuove tecnologie, quali componenti di un diverso modello di servizio al cittadino.
- Azioni sui sistemi centrali di misura e valutazione degli esiti di interventi sanitari: come ribadito da Porter, la misura, il reporting e il confronto degli esiti rappresentano, forse, il passo più importante verso il miglioramento rapido degli outcome di salute e nella guida di scelte appropriate per la riduzione dei costi. In Italia sono attivi diversi sistemi di monitoraggio nazionale e nelle singole Regioni in specifici ambiti dell’assistenza sanitaria. Negli ultimi anni, l’azione del Ministero di concerto con le Regioni è stata rivolta a costruire un sistema di monitoraggio e valutazione della qualità dell’assistenza sanitaria che consenta, da una parte, di valutare l’equità dell’erogazione dell’assistenza su tutto il territorio nazionale e dall’altra di individuare criticità e punti di eccellenza delle strutture erogatrici allo scopo di promuovere attività di audit rivolte al miglioramento della performance assistenziale.
In tale ottica lavora già dal 2010 il Programma Nazionale Esiti con l’obiettivo di sviluppare nel Servizio Sanitario italiano la valutazione degli esiti degli interventi sanitari. PNE fornisce a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure prodotte nell’ambito del servizio sanitario, con attenzione soprattutto ai processi ospedalieri. Le misure di PNE sono strumenti di valutazione a supporto di programmi di auditing clinico ed organizzativo finalizzati al miglioramento dell’efficacia e dell’equità nel SSN, sia nelle sue funzioni di produzioni (con attenzione alle singole aziende ospedaliere/stabilimenti ospedalieri) che nelle sue funzioni di tutela (attraverso la valutazione di esiti di aziende sanitarie locali/ province).
Altre importanti recenti azioni di sistema sono state volte alla revisione degli assetti organizzativi dei servizi sanitari, sempre nell’ottica di coniugare l’aumento dell’efficienza al miglioramento degli esiti dell’assistenza e, conseguentemente, della salute della popolazione. Ne ricorderei alcune.
- Il Regolamento che riporta indirizzi e standard per il riordino e la riqualificazione delle reti ospedaliere (DM 2 aprile 2015, n. 70), finalizzati anche al contenimento della eccessiva parcellizzazione dell’offerta, affinché l’erogazione delle prestazioni da parte delle strutture pubbliche e private avvenga in condizioni di sicurezza e qualità, in un sistema a rete effettivamente integrato e complementare.
- Nella logica di coniugare il superamento di criticità nell’efficienza e negli esiti di salute nel sistema delle aziende sanitarie pubbliche, la Legge di stabilità 2016 ha definito alcune azioni volte alla riorganizzazione delle aziende in una logica di valutazione e miglioramento del rapporto tra valore prodotto, fattori produttivi utilizzati ed esiti dell’assistenza, attraverso i piani di rientro aziendali. Tale legge ha disposto che ciascuna regione individui le aziende ospedaliere (AO), le aziende ospedaliere universitarie (AOU), gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS) o gli altri enti pubblici che erogano prestazioni di ricovero e cura, che presentano criticità finanziarie (scostamento tra costi e ricavi) e/o cliniche (mancato rispetto di parametri relativi a qualità ed esiti delle cure): la sussistenza di tali condizioni determina lo svolgimento di un programma aziendale specifico di revisione organizzativa e assistenziale volto al loro superamento, monitorabile, dal punto di vista clinico, sempre attraverso misure di qualità ed efficacia identificate dal PNE.
Una sanità basata sul valore deve sempre non poter prescindere dall’uso intelligente delle informazioni: è così?
Certamente: la valutazione presuppone un intenso investimento sui sistemi informativi nazionali e sul loro utilizzo da parte dei sistemi centrali di misura e monitoraggio degli esiti di interventi sanitari. Nel contesto italiano, tali investimenti dovrebbero riguardare il superamento di lacune informative su specifici settori dell’assistenza che riguardano le cure primarie e, per quanto concerne la messa a punto e la sistematizzazione delle misure di outcome, l’intera area dell’assistenza territoriale. Inoltre, tutto il patrimonio informativo, attualmente segmentato per attività, dovrebbe essere ricondotto alla Persona: a questo è orientata l’attività nazionale che intende integrare tutti i sistemi informativi del SSN, anche quando gestiti da diverse amministrazioni dello Stato, ed alla interconnessione degli stessi su base individuale. Solo così si potrà pervenire ad una segmentazione della popolazione in relazione ai suoi bisogni e alla successiva definizione di percorsi individuali di assistenza.
Questo programma può realizzarsi senza sostegno all’innovazione?
In un contesto di risorse limitate, è indispensabile che l’ingresso dell’innovazione nel SSN sia disciplinato da un percorso che ne garantisca efficacia, sicurezza e sostenibilità, assicurando al tempo stesso la rivalutazione di interventi obsoleti in un’ottica di disinvestimento. Il paradigma del valore e la sua metrica trovano la loro piena applicazione in tale ambito, al fi ne di informare, secondo diversi elementi valoriali, tutte le tappe fondamentali del processo di Health Technology Assessment. Valutazione dell’innovazione e disinvestimento devono far sì che tutte le prestazioni a carico del SSN rispondano a criteri di efficacia e appropriatezza clinica e organizzativa. L’Italia ha recentemente deciso di istituire, presso il Ministero della salute, la Commissione nazionale per l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza a cui compete, tra le altre cose, la valutazione sistematica delle attività, dei servizi e delle prestazioni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria già inclusi nei LEA, per valutarne il mantenimento e definirne condizioni di erogabilità o appropriatezza, l’acquisizione e la valutazione di proposte di inserimento nei LEA di nuove prestazioni e l’aggiornamento dei LEA. Il tema del valore riguarda pienamente l’esercizio ottimale di queste funzioni, tenuto conto che fi no ad oggi molti interventi sanitari (escludendo i farmaci, che hanno procedure regolatorie definite) entravano nel sistema sanitario in modo spesso informale e talvolta non corroborato da prove scientifiche di efficacia. È necessario, dunque, che tutti gli interventi erogati dal Servizio Sanitario rispondano ad un meccanismo regolatorio codificato e si basino su prove scientifiche di efficacia e comparazioni costi/efficacia; è altrettanto necessario promuovere e coordinare, a livello centrale, la sperimentazione di interventi in presenza di valutazioni insufficienti. Questo equivarrebbe a prevedere un programma di Health Technology Assessment, nel cui ambito coordinare ed integrare tutte le attività di valutazione di efficacia e costo/efficacia di interventi innovativi o di interventi già inclusi nei LEA che non dispongono di adeguata documentazione scientifica di efficacia.
Nell’ambito del governo dei consumi dei Dispositivi Medici, il Ministero della Salute, avvalendosi di Agenas e AIFA e con il coinvolgimento delle Regioni, ha già avviato la messa a sistema di un percorso simile ad uso dei decisori nazionali (Commissione LEA), istituendo una Cabina di Regia, con Decreto del Ministro della Salute del 12 marzo 2015, cui compete (ai sensi della Legge di Stabilità 2016) sia la definizione delle priorità, sia la valutazione multidimensionale, sia la disseminazione degli esiti delle valutazioni stesse.
Tra le fasi più complesse del lavoro della Cabina di Regia credo vada sottolineata la definizione delle priorità per la valutazione, considerato che una pluralità di soggetti può essere interessata a formulare proposte di valutazione, che le risorse disponibili non sono sufficienti a valutare la totalità delle tecnologie che vengono introdotte ed utilizzate nel sistema sanitario e che non tutte le tecnologie meritano di essere valutate. In tale ambito, il Programma Nazionale di HTA dei Dispositivi Medici ha considerato fondamentali i principi della trasparenza, dell’indipendenza e dell’equità e si è dotato di specifici criteri che prenderanno in considerazione diversi elementi valoriali e differenti prospettive: la rilevanza del problema di salute, le caratteristiche tecniche della tecnologia, la sicurezza, l’efficacia teorica e pratica, l’impatto economico e finanziario, l’impatto organizzativo.
Vorrei sottolineare, infine, che la determinazione del valore della prestazione sanitaria risente, in misura peculiare nella sanità, dei fattori produttivi, con particolare riferimento ai professionisti del SSN, su cui andrebbero rimodulate alcune delle riflessioni sopra esposte.