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Valore/Valori Interviste

Gli esiti sono essenziali per valutare l’innovazione

Alla ricerca di un equilibrio tra speranza e realismo.

Intervista a Vinay Prasad

Assistant professor of medicine, Oregon health and sciences university

By Aprile 2016Gennaio 20th, 2022Nessun commento

Molte recenti approvazioni di nuovi medicinali oncologici sono basate sui risultati di studi che avevano come oggetto di valutazione esiti surrogati. I risultati ottenuti sono stati poi confermati da ricerche successive?

È vero: gran parte delle approvazioni di medicinali oncologici si basa su esiti surrogati, come la response rate o la sopravvivenza libera da malattia (Progression-Free Survival – PFS). In una lettera pubblicata su JAMA Internal Medicine [1] abbiamo riportato i risultati di un nostro studio: abbiamo identifi cato 54 approvazioni effettuate tra il gennaio 2008 e il dicembre 2012. Trentasei farmaci (67%) sono stati approvati sulla base di esiti surrogati. L’approvazione è stata decisa sulla base di un endpoint surrogato per tutti i 15 “accelerated approval” e per 21 delle 39 approvazioni tradizionali (54%). La rate response – ovvero la riduzione nella dimensione o nel volume di un tumore – era la misura primaria di efficacia per 19 delle 36 approvazioni basate su endpoint surrogati e il disease-free survival o la PFS era la base di 17 delle 36 approvazioni (47%).

Un follow-up medio di 4,4 anni ci dice che solo 5 tra i farmaci approvati in virtù di esiti surrogati hanno successivamente dimostrato di migliorare la sopravvivenza complessiva (Overall Survival – OS) in studi randomizzati. Diciotto farmaci non hanno dimostrato benefici sulla OS e 13 dei medicinali approvati hanno un effetto sconosciuto sulla sopravvivenza, vale a dire continuano a non essere stati sottoposti a valutazione o i risultati di eventuali studi non sono stati pubblicati. La diffusione degli endpoint surrogati e degli outcome a breve termine ha ridotto la credibilità dei risultati degli studi clinici. L’inversione di marcia, nella pratica clinica, è più comune quando non si fa ricorso a esiti clinici pragmatici per l’approvazione iniziale e l’autorizzazione al commercio dei nuovi interventi sanitari.

Credo che gli standard di governo dell’approvazione dei medicinali e dei dispositivi debba essere reso più robusto. In pratica, le innovazioni devono essere valutate in studi controllati randomizzati metodologicamente ben condotti che abbiano come obiettivo la valutazione di esiti centrati sul paziente.

Crede che la comunità dei ricercatori svolga troppo spesso degli studi di valore incrementale modesto?

Sì, l’agenda della ricerca è orientata verso la promozione commerciale di prodotti o la valutazione delle differenze tra diversi trattamenti sulla base di benefici marginali o di scostamenti trascurabili. Valutiamo raramente le questioni fondamentali dell’assistenza sanitaria. Magari, possiamo mettere a confronto due differenti stent cardiaci ma solo i ricercatori più coraggiosi possono cercare di capire se l’impianto di uno stent può dare benefici rispetto alla terapia medica.

A prescindere da ciò che facciamo, comunque dovremo attenderci dei cambiamenti di rotta?

Sì e questo è un punto essenziale. Ci sarà sempre qualche ripensamento negli standard assistenziali perché la statistica non è infallibile e dovremo sempre accettare qualche errore alfa. Ma la quantità di marce indietro cui stiamo assistendo oggi è di gran lunga maggiore di qualsiasi incertezza dovuta alla statistica.

Quali sono i pericoli dei sovvertimenti dei percorsi della pratica clinica?

I cambiamenti di rotta hanno tre conseguenza negative. Primo, i pazienti che seguono una terapia negli anni in cui questa è in voga si espongono ad un rischio, infin dei conti, e non hanno benefici reali. Secondo, c’è sempre una componente di inerzia nella pratica clinica. Una volta che ci accorgiamo dei nostri errori, non cambiamo immediatamente i comportamenti clinici, così che anche i pazienti futuri sono in pericolo. Terzo, i ripensamenti minano la fiducia nel sistema sanitario [2].

Ma, nonostante le evidenze di cui lei parla, gli stessi pazienti chiedono spesso di poter usufruire di terapie innovative e “risolutive”, o dei farmaci rivoluzionari di cui hanno letto su internet…

La stampa laica ci fa un gran danno. La verità è che molti farmaci antitumorali sono di utilità marginale e nonostante questo gli organi di comunicazione ne parlano come di “game changer” o di “breakthrough” [3]. Come ho detto in un’intervista al Washington Post [4], alcuni farmaci oncologici sono veramente eccellenti. È ragionevole essere contenti di poterne disporre ma dobbiamo mantenere un equilibrio tra la speranza e le aspettative più realistiche. I pazienti vogliono sperare, ma è di una speranza realistica che hanno necessità. Ed è questo per cui dobbiamo impegnarci. 

Bibliografia

[1] Kim C, Prasad V. Cancer drugs approved on the basis of a surrogate end point and subsequent overall survival: An analysis of 5 years of US Food and drug administration approvals. JAMA Internal medicine 2015;175:1992-4.
[2] Prasad V, Cifu A, Ioannidis JP. Reversals of Established Medical Practices: Evidence to Abandon Ship. JAMA. 2012;307(1):37-8.
[3] Abola MV, Prasad V. The use of superlatives in cancer research. JAMA Oncology 2015;1-2.
[4] Dennis B. “Revolutionary”. “Game changer”. “Miracle”. How much are we hyping unproven cancer drugs? Washington Post, October 29, 2015.