Il gruppo di lavoro del progetto Forward ha continuato a lavorare nel periodo di lockdown sfruttando le opportunità della tecnologia, rivalutando spazi che non si pensava potessero essere così preziosi e imparando le funzionalità di nuovi e meno nuovi strumenti informatici. I ricercatori e il personale amministrativo del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio continuano ancora oggi ad alternarsi in presenza nella sede di via Cristoforo Colombo lavorando però costantemente a distanza. Una modalità di lavoro simile a quella scelta dal Pensiero Scientifico Editore: la sede è rimasta sempre aperta e il lavoro redazionale e le progettualità editoriali sono proseguite regolarmente. In queste pagine sono descritte le risposte organizzative alla pandemia di due aziende che fanno parte del gruppo di lavoro del progetto, Takeda e Lundbeck. Quest’ultima ha deciso di chiedere ai propri collaboratori, sia personale di sede che personale di field (informatori, medical liason e regional access manager) cosa rappresentasse per loro la parola distanza. Il quadro è sintetico ma molto vario, attraversato da preoccupazione e speranza.
L’anticamera e il rispetto. Benvenuta distanza, se ci insegnasse qualcosa
La covid-19 ha introdotto l’accezione più negativa del termine distanza, più facilmente espressa dalla parola limite (limite di un metro, limite d’accesso, limite di persone che partecipano a una funzione religiosa, limite nelle relazioni). La distanza, però, è anche il gap che può separare un atleta medaglia d’oro dai suoi migliori avversari o, nel caso del pugilato, la resistenza su una distanza di 12 riprese. Quindi la distanza può essere voglia di vincere, di superare i limiti con volontà e allenamento. La distanza, dunque, come sfida da superare.
“La parola distanza mi fa venire in mente ‘qualcosa che separa’. Prima era ‘qualcosa da percorrere’. Voglio riappropriarmi del secondo significato, e lo farò.” | “Distanza, vuol dire opportunità di conoscere persone e situazioni che fisicamente non sono vicine e che prima, per questo motivo, non si cercava di approfondire.” | “La distanza si è trasformata da difficoltà in opportunità di definire nuove modalità di contatto e supporto, legate alla nostra attività.” | “Non percepisco più la distanza come lontananza fisica da qualcosa o qualcuno. Ora è molto più legata alla diversità (distanza appunto) che ognuno di noi ha rispetto a qualsiasi tema. Quanto siamo distanti se io penso X e tu pensi Y?”| “Distanza tra generazioni: i bambini a casa da scuola privati di un diritto alla propria crescita e gli anziani che devono applicare misure più restrittive di vicinanza sociale. Distanza tra i numeri della scienza e le parole delle persone comuni, dei giornalisti e delle scelte politiche.”
Distanza è anche differenza di opinioni e di pensiero che porta al confronto e quindi alla crescita. È anche dimensione che racchiude lo spazio e il tempo, due grandezze che da sempre scandiscono la nostra vita e ne fanno parte integrante.
“Distanza dal luogo di lavoro e dai colleghi che può essere però accorciata dagli strumenti digitali.” | “Distanza sono i 350 km da fare al giorno per lavorare.”
La pandemia ha rimodulato la distanza tra aziende e istituzioni in termini di collaborazioni e accordi pubblico-privato in unione d’intenti. Forse, se diventassimo capaci di cavalcarla potrebbe diventare una distanza qualitativa, in termini di spazio e di tempo, superando la regola tutta italiana che vige nelle relazioni subordinate, ovvero che lo spazio e il tempo non hanno per tutti lo stesso valore. Il tempo di qualcuno infatti può essere sprecato in anticamere, in attese, in “Ora non posso” e “Mi aspetti qui” anche per ore. Vale per i pazienti che devono percorrere lunghe e tortuose strade per la cura, che devono attendere il loro turno in ambulatorio per ricevere una visita che spesso si consuma in tempi sbrigativi e disattenti dei bisogni espressi e della persona. Vale per i dipendenti di aziende tra cui, quelle del farmaco o del dispositivo medico, che spesso devono attendere a lungo per essere ricevuti in uno spazio a volte fatto di corridoi e in un tempo somma di pochi minuti concesso dal loro interlocutore. E, nel tempo finalmente conquistato, devono essere atleti della comunicazione efficace per trasmettere il valore del prodotto e i valori dell’azienda. Come atleti devono coprire distanze in tempi sempre più ridotti, superando dei limiti senza scoraggiarsi o arrendersi, per esporre le caratteristiche dei farmaci o dei prodotti e il loro valore ad un pool sempre più ampio di interlocutori.
Ma alla fine l’anticamera ferisce tutti: anche i medici, gli infermieri, i farmacisti, gli operatori sociosanitari, le associazioni dei pazienti e dei familiari. Ferisce tutti quelli che stanno aspettando di fare sentire la propria voce, riempiendo un tempo e uno spazio ridotto e spesso distratto. Quella dell’anticamera è la distanza peggiore perché svaluta e non rispetta l’altro, né come essere umano né come lavoratore. Il post pandemia peggiorerà l’anticamera perché il sistema è in affanno e ha lasciato indietro un ordinario per fare spazio allo straordinario.
“Distanza è difficoltà di comunicazione.” | “La distanza implica la perdita di spontaneità, di atteggiamenti sociali abituali, modificazione della prossemica.” | “Pensando al termine distanza la prima cosa che mi è venuta in mente è protezione, ma anche impossibilità di comunicare le proprie emozioni. L’empatia nel nostro lavoro è fondamentale, come poter essere empatici ed esprimerlo mantenendo le distanze e con una mascherina sul volto?”
Forse è questo il momento di mettere in ordine le cose e dare dignità a tutti coloro che orbitano attorno al nostro Servizio sanitario nazionale. La distanza potrebbe averci insegnato cose preziose.
“Comportarmi sempre in totale sicurezza, ma essere comunque in sintonia con l’altro.” | “Imparare nuove regole.” | “Gestione e organizzazione del lavoro e dei propri collaboratori, senza l’esigenza dell’incontro fisico.” | “La distanza spazio/tempo ha significato paradossalmente stare ancora più vicino alle persone. A volte anche troppo, valorizzando ancora di più l’importanza di tenere le distanze per darsi l’opportunità di respirare e ossigenare.” | “Vivere meglio e con ragionevolezza. Benvenuta distanza. Meglio tardi che mai.”
Ora nel tempo della distanza è il momento di lavorare assieme per eliminare le distanze inutili, correggendo il tiro sull’anticamera perché il tempo e lo spazio sono preziosi per tutti.
Marina Mercurio
Regional access & affairs manager, Lundbeck Italia
Mariaelena Soffientini
Market access & public affairs director, Lundbeck Italia
Almeno un metro. E sempre connessi gli uni agli altri
Distanza. È senz’altro questa la parola che ha caratterizzato gli ultimi quattro mesi delle nostre vite. Quattro mesi durante i quali abbiamo dovuto fronteggiare un’emergenza sanitaria senza precedenti, che ha messo a dura prova il sistema sanitario ed economico del nostro paese, ma anche le nostre certezze. La pandemia da covid-19 ha imposto a tutti noi questo mantra: “mantenere la distanza di almeno un metro”, dal nostro collega o dal vicino in fila al supermercato, da amici e parenti o dal vicino in autobus.
Il concetto di distanza, per Takeda Italia, ha avuto un peso ancora maggiore, poiché proprio durante il lockdown si è concluso il processo di integrazione con Shire, che ci ha portato a essere un’unica grande azienda. Un momento tanto atteso, in cui avremmo dovuto condividere spazi e conoscenze, ma che comunque siamo stati in grado di affrontare al meglio, aggirando il limite della distanza, soprattutto grazie alla tecnologia, come nel caso del programma di on-boarding messo in piedi nel giro di pochissimo tempo e tutto online per oltre cento nuovi dipendenti.
Proprio il digitale è stata una delle nostre principali risorse. Grazie agli investimenti fatti in passato, oggi siamo riusciti a rimanere connessi. Abbiamo avuto gli strumenti per lavorare e dialogare internamente, durante il periodo di smart working, che dura tutt’ora, ma soprattutto gli strumenti per continuare a stare accanto ai nostri interlocutori, a tutela del paziente. Abbiamo riprogrammato il nostro modo di lavorare e di relazionarci: eravamo lontani, ognuno nella propria abitazione, ma sempre connessi gli uni agli altri. Abbiamo trovato soluzioni innovative per portare avanti ogni attività, per continuare a garantire la continuità delle terapie per i pazienti.
In linea con la nostra mission e con le nostre priorità strategiche, che pongono in primo piano l’interesse del paziente, abbiamo anche assicurato servizi di consegna a domicilio di alcuni farmaci specifici per i pazienti con mieloma multiplo, angioedema ereditario, emofilia e immunodeficienze primitive. Il servizio copre l’intero territorio nazionale per aiutare i pazienti, soprattutto quelli più vulnerabili, ad evitare i numerosi accessi in ospedale. Con lo stesso obiettivo, sono state implementate app e piattaforme di telemedicina, come MyHospitalHub, che ha consentito ad alcuni importanti ospedali italiani di gestire in maniera più semplice ed efficace, a distanza, i propri pazienti.
E poi ci sono tutte le misure messe in atto dall’azienda al fine di tutelare la salute e la sicurezza delle sue persone. Con l’obiettivo di garantire la salubrità degli ambienti di lavoro, le imprese adottano le misure previste dai protocolli emanati dagli organi istituzionali. Attraverso materiale informativo, Takeda ha fornito ai propri lavoratori uno strumento per comprendere la natura del virus che ha causato l’epidemia in atto, informando anche sulle principali regole di condotta e norme di prevenzione che ciascuno deve attuare per la gestione e il contenimento del rischio da covid-19 nell’ambiente lavorativo. Oltre a questo, sono state predisposte misure speciali di sicurezza per il graduale rientro negli uffici, con segnaletica ad hoc e indicazioni precise di comportamento. Per sostenere le sue persone e aiutarle ad affrontare al meglio questa situazione straordinaria, è stato messo a disposizione dei dipendenti anche un servizio di supporto psicologico.
Insomma, indietro non si torna. Il futuro ci impone di ripensare nuovi modelli di lavoro e di interazione, che molto probabilmente saranno caratterizzati ancora per molto dalla distanza. Non bisogna tralasciare, però, l’importanza dei rapporti umani e interpersonali, perché proprio questo ci spinge a mettere al centro sempre il paziente, la cui salute viene prima di tutto.
Alfonso Gentile
Direttore medico e affari regolatori, Takeda Italia