Negli ultimi anni abbiamo assistito allo sviluppo di nuovi strumenti di digital health pensati per migliorare la salute. In questo settore si è concentrata l’attenzione dei Big dell’informatica e di numerose start-up alla ricerca dell’idea vincente da proporre al mercato della salute. Accanto a orologi e braccialetti intelligenti per monitorare lo stato di salute delle persone e app per smartphone (dotati o meno di sistemi di intelligenza artificiale) per somministrare “trattamenti informativi”, raccogliere/archiviare dati fisiologici ed effettuare semplici diagnosi, sono stati lanciati prodotti (spesso dotati di sensori particolarmente sofisticati) rivolti prevalentemente al modo consumer. Ne è un esempio il lancio dell’Apple Watch avvenuto lo scorso anno, che è stato registrato negli Stati Uniti dalla Food and drug administration (Fda) come dispositivo medico e che è in grado di rilevare episodi di fibrillazione atriale grazie alla esecuzione di un elettrocardiogramma a una derivazione [1]. Anche il mondo delle health app è in forte fermento. Si stima che 325.000 app relative alla salute siano disponibili sui principali app store, anche se molte di queste hanno più a che fare con l’area del benessere che della medicina [2]. Nuove acquisizioni avvengono continuamente da parte delle grandi aziende hi-tech per posizionarsi in questo settore. Google ha recentemente acquistato Fitbit per 2,1 miliardi di dollari [3], Adidas nel 2015 ha acquistato Runtastic (una delle applicazioni maggiormente conosciute da chi pratica il fitness), mentre Roche due anni fa aveva acquistato MySugr.

Di che cosa stiamo parlando?
Nell’ambito della digital health un nuovo spazio lo stanno ottenendo le cosiddette terapie digitali [4]. Più note con il termine “digital therapeutics”, riguardano quelle opzioni terapeutiche che utilizzano tecnologie digitali per curare una patologia, una malattia mentale o una condizione psicologica [5]. Il trattamento si basa su modifiche del comportamento o degli stili di vita attraverso l’implementazione di linee guida e programmi e, quando possibile, sulla raccolta sistematica di dati utili a raggiungere l’obiettivo [6]. Una delle caratteristiche fondamentali delle terapie digitali è la capacità di coinvolgere il paziente, spesso usando quelle componenti ludiche (la definizione degli obiettivi, il percorso per raggiungerli, la condivisione con i propri “pari”, magari sui social media, del loro raggiungimento) che i farmaci tradizionali non hanno.
A differenza delle usuali app relative alla salute (o di altri interventi di digital health non sottoposti a verifica scientifica) le terapie digitali offrono interventi terapeutici basati sulle evidenze scientifiche. D’altra parte, in analogia con i farmaci tradizionali, sono dotati di un principio attivo (l’algoritmo che esse implementano) in grado, nel caso specifico, di migliorare gli esiti clinici modificando il comportamento dei pazienti.
Le terapie digitali possono essere utilizzate da sole o in combinazione con altri farmaci, dispositivi o altre terapie per ottimizzare la cura del paziente. Appartenenti alla prima categoria sono per esempio le app in grado di ridurre i livelli di emoglobina glicata in pazienti diabetici favorendo una migliore alimentazione e un esercizio fisico più costante (BlueStar è forse la più nota e una tra le prime terapie digitali sviluppate) [7], mentre alla seconda appartengono gli inalatori intelligenti (come Propeller) che, grazie all’ausilio di sensori collegati a un software, sono in grado di aiutare chi soffre di malattie respiratorie, come l’asma, ad assumere la corretta quantità di farmaco.
Le aree nelle quali hanno fatto registrare i maggiori progressi sono le malattie croniche e i disturbi mentali, condizioni nelle quali i comportamenti e gli stili di vita hanno un ruolo chiave.
Come si sviluppano e come si studiano
Le terapie digitali, in analogia con quelle farmacologiche, sono sottoposte a regolamentazione da parte delle autorità competenti (Fda negli Stati Uniti, European medicines agency in Europa) prima della loro messa in commercio al fine di misurarne il profilo di sicurezza e l’efficacia clinica.
La metodologia impiegata per sviluppare e studiare una terapia digitale è del tutto sovrapponibile a quella usata per i farmaci e include la conduzione di sperimentazioni cliniche controllate randomizzate per misurare la loro efficacia (rispetto al trattamento standard) su esiti di salute misurabili, e l’uso della evidence based medicine e della health technology assessment.
Analogamente al ciclo di vita di un farmaco si possono identificare quattro fasi per il ciclo di vita di una terapia digitale.
- Sviluppo della terapia digitale. Lo sviluppo prevede competenze cliniche e ingegneristiche in grado di sviluppare l’intervento digitale (che può presentarsi nella forma di app, di un sito web, di uno strumento di realtà virtuale o di un apparato munito di sensori) al fine di coinvolgere e responsabilizzare i pazienti nella gestione della patologia. Non è un caso che in questa fase siano coinvolte associazioni di pazienti o pazienti esperti in grado di aiutare i tecnici a migliorare la sua usabilità con l’obiettivo di limitare al massimo il numero di drop-out. Il corretto uso dei dati (nel rispetto delle vigenti normative riguardanti la privacy) e l’eventuale integrazione dei dati raccolti nelle cartelle cliniche elettroniche sono ulteriori aspetti che spesso si prendono in considerazione nello sviluppo di una terapia digitale.
- Valutazione della sicurezza della terapia digitale. L’obiettivo è verificare che il software funzioni in modo corretto, che i valori eventualmente raccolti dallo strumento siano affidabili (un’eventuale misurazione scorretta potrebbe mettere in pericolo la salute del paziente se a partire da questi dati il software prende delle decisioni) e che i suggerimenti forniti dall’algoritmo siano veritieri. Al termine della convalida del software medicale potrebbe esserci da parte del produttore la richiesta di certificazione dello stesso come dispositivo medico attraverso la marcatura CE o attraverso la certificazione della Fda.
- Disegno e conduzione di una sperimentazione clinica randomizzata, in grado di misurare i benefici della terapia digitale su esiti clinici ben definiti rispetto a un gruppo di controllo che impiega la terapia tradizionale o nessuna terapia. Il disegno dello studio e la metodologia usata per condurlo non variano rispetto a quanto è previsto per i farmaci tradizionali.
- Inserimento della terapia digitale nella pratica clinica, in base alle indicazioni terapeutiche per le quali la terapia digitale è stata sviluppata (il prodotto in genere è accompagnato da un foglietto illustrativo del tutto simile a quello che accompagna i farmaci tradizionali).
L’obiettivo finale è la richiesta della registrazione e autorizzazione al commercio. Ed è proprio su questo punto che le cose rischiano di bloccarsi.
Regolamentazione, prescrivibilità e rimborsabilità
Al termine dello sviluppo e dello studio di una terapia digitale, spesso l’obiettivo è la richiesta di una registrazione presso l’ente preposto a rilasciare una certificazione e ad autorizzarne la messa in commercio. Ed è proprio su questo punto che le cose rischiano di bloccarsi. Se negli Stati Uniti questa funzione è svolta regolarmente da diversi anni dalla Fda, in Europa la questione è regolamentata dal Regolamento dei dispositivi medici 2017/745 che entrerà in vigore il 26 maggio 2020, ma nel quale non c’è alcuna traccia di terapie digitali. Per quanto riguarda l’Italia, inoltre, non è ancora chiaro se a farsi carico delle terapie digitali sarà il Ministero della salute (in quanto dispositivi medici) o l’Agenzia italiana del farmaco (in quanto terapia).
Un altro problema è quello della prescrivibilità e conseguentemente della rimborsabilità della terapia digitale. Se negli Stati Uniti sono diverse le terapie digitali che possono essere prescritte e rimborsate dalle assicurazioni, in Europa ci si muove in maniera disomogenea. Per esempio in Germania è recente la notizia dell’approvazione di una legge che a partire dal 2020 consentirà ai medici di prescrivere app e terapie digitali che abbiano superato i controlli di sicurezza e di scientificità individuati dal Regolamento 2017/745 e dall’Istituto federale per i farmaci e di dispositivi medici [8]. Nel Regno Unito, invece, lo scorso anno il Nice ha pubblicato linee guida volte ad aiutare i produttori a comprendere i tipi di prove che essi dovrebbero fornire per poter accreditare i propri prodotti e renderli prescrivibili.
Altre problematiche legate alle terapie digitali
L’individuazione dell’ente responsabile di fornire l’autorizzazione alla diffusione/vendita di terapie digitali, la prescrivibilità, la rimborsabilità (attraverso quali modelli?) non sono gli unici problemi che occorrerà affrontare per gestire l’avanzata delle terapie digitali. Per esempio, trattandosi di terapie, è necessario attivare procedure di farmacovigilanza? La dipendenza che esse potrebbero sviluppare potrebbero essere considerati un effetto collaterale? E ancora, se un software su cui si basa una terapia digitale è sottoposto ad aggiornamento (e nel corso degli anni è prevedibile che ciò avvenga con una certa frequenza), la nuova terapia digitale risulta essere diversa da quella approvata e necessita quindi di un nuovo iter di approvazione? Non bisogna poi dimenticare che una sperimentazione clinica controllata randomizzata potrebbe richiedere molti mesi, se non anni, per ottenere i risultati, durante i quali la tecnologia potrebbe essere cambiata e lo strumento in studio diventare obsoleto. È possibile pensare a una corsia preferenziale come ha deciso di fare la Fda statunitense [9] e l’Istituto federale tedesco per i farmaci e i dispositivi medici [10]?
Solo rispondendo a queste domande e contestualmente creando una cultura sulle terapie digitali che si estenda su più livelli – clinici, scientifici, accademici, tecnologici, regolatori, politici, istituzionali – l’Italia potrà affrontare queste sfide e governare il fenomeno senza correre il rischio di subirlo.
Solo rispondendo ai quesiti aperti e creando una cultura sulle terapie digitali potremo governare il fenomeno senza correre il rischio di subirlo.
Vedi anche
Da Deprexis al videogioco Akili
La prima terapia digitale è stata sperimentata proprio nel campo del trattamento della depressione. Al 2009 risale infatti lo sviluppo e il lancio di Deprexis, una piattaforma digitale che offre un intervento cognitivo-comportamentale che si è dimostrato efficace nel trattamento di questa condizione sia quando è usato in autonomia dal paziente, sia quando inserito in un percorso gestito dal terapista. Oggi è utilizzato negli ospedali in Germania, paese nel quale è stato sviluppato, e in Svizzera, dove è rimborsato dalle assicurazioni.
Altri esempi di terapie digitali approvate dalla Food and drug administration (Fda), che da un paio di anni è molto attenta a queste tematiche, sono ReSET (un’app che offre una terapia cognitivo-comportamentale per curare chi soffre di problemi di dipendenza e abuso di oppiacei), Oleena (un’app che permette a pazienti oncologici in cura con chemioterapia di gestire i propri sintomi e di attivare un monitoraggio remoto da parte dei team di assistenza), mySugr e BlueStar Diabetes per la gestione dei pazienti diabetici, l’inalatore intelligente Propeller in grado di migliorare l’aderenza alla terapia inalatoria, e programmi online come quelli di Omada Health per aiutare a perdere peso diminuendo il rischio cardiaco. Molte altre, grazie al lavoro di oltre 170 aziende specializzate in terapie digitali, sono in sperimentazione in diverse aree mediche quali la diabetologia, la cardiologia, la riabilitazione, la gestione del dolore, i disturbi mentali e le malattie respiratorie.
Anche i videogiochi possono essere identificati come terapie digitali, come dimostra l’esperienza di Akili che ha avuto la certificazione da parte della Fda per il proprio videogioco progettato per il trattamento dei bambini con disturbo da deficit di attenzione e iperattività.
Bibliografia
[1] Perez MV et al. Large-scale assessment of a smartwatch to identify atrial fibrillation. N Engl J Med 2019; 381:1909-17.
[2] Pohl M. 325,000 mobile health apps available in 2017 – Android now the leading mHealth platform. Research2Guidance, 2017.
[3] Google sbarca nel fitness: acquistata Fitbit per 2,1 miliardi di dollari. Il Garante per la privacy: “Concentrazione pericolosa di dati”. Repubblica.it, 1 novembre 2019.
[4] Makin S. The emerging world of digital therapeutics. Nature, 25 settembre 2019.
[5] Digital theareputics alliance – www.dtxalliance.org
[6] Sim I. Mobile devices and health. N Engl J Med 2019;381:956-68.
[7] Quinn CC, Clough SS, Minor JM, et al. WellDoc mobile diabetes management randomized controlled trial: change in clinical and behavioral outcomes and patient and physician satisfaction. Diabetes Technol Ther 2008;10:160-8.
[8] Why Germany becomes a top country for digital health solutions. Research2Guidance, 2019.
[9] Food and drug administration. Digital health software precertification (Pre-Cert) program. Fda.gov, 18 luglio 2019.
[10] Herzog R. The new digital health law in Germany – turning point or flash in the pan? Research2Guidance, 2019.