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Paura/Coraggio Articoli

Droghe e dipendenze: tanta paura e poco coraggio

Attingere alle evidenze e alle buone pratiche per affrontare il problema delle dipendenze.

Antonella Camposeragna, Laura Amato

Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale del Lazio, Asl Roma 1

By Luglio 2019Ottobre 30th, 2020Nessun commento

Parlare di droghe evoca sentimenti contrastanti, tra cui paura e timore, sovente generati dagli stereotipi e dai pregiudizi verso chi assume sostanze stupefacenti. La stessa parola, droga, ha almeno tre significati differenti: spezia, farmaco e sostanza stupefacente. Alcune droghe, quindi, evocano paura mentre altre potrebbero evocare il coraggio della cura.

Sappiamo tutti come sulla paura delle droghe o dei “drogati” si siano costruite carriere professionali e politiche che poco avevano a che fare con il coraggio di farsi carico del problema. Tuttavia, da sempre l’essere umano ha utilizzato sostanze stupefacenti con vari obiettivi: guarire le malattie, migliorare le prestazioni fisiche e intellettuali, procurarsi il sonno, evadere dalla realtà, ottenere piacere. Nell’antichità non esisteva il problema morale dell’uso delle droghe, assumerle non era giudicato giusto o sbagliato, perché era parte integrante del rapporto con le divinità, una connessione con il proprio corpo, oppure per l’impiego a fini medici. Sappiamo che gli antichi Egizi usavano l’oppio come antidolorifico, così come anche i Romani, inclusi i loro imperatori. Facendo poi un salto nel tempo, ricordiamo che Sigmund Freud scrisse nel 1884 il saggio Sulla cocaina, prescrivendola per la cura di malesseri fisici e psichici e per la disassuefazione da altre sostanze.

Le droghe che fanno paura
Perché oggi parlare di droghe ha una connotazione cosi emotivamente forte? Partiamo dalla modalità di classificazione delle droghe. Per farlo, si utilizzano criteri di tipo chimico, in base alla struttura chimica del principio attivo, sintomatologico, in base alle modificazioni psico-fisiche che producono, di preparazione, distinguendo tra sostanze che si trovano in natura (per esempio, l’oppio) e quelle sintetiche prodotte in laboratorio (per esempio, il fentanyl), oppure di tipo legislativo, separando le droghe legali, quali tabacco, alcol, caffè, da quelle illegali, quali oppiacei, cannabis e stimolanti. È indiscutibile che questa ultima possibile classificazione incida più delle altre a esporci a giudizi morali ed emotivi, piuttosto che squisitamente scientifici e razionali. Ma non tutte le droghe fanno paura. Perché droghe come l’alcol o il tabacco sono legali? Oppure perché in alcuni paesi sono disponibili dosi massicce di farmaci oppioidi per le cure palliative mentre in altri ci troviamo di fronte alla situazione opposta? Per l’Organizzazione mondiale della sanità, proprio il consumo pro capite di morfina è un indicatore importante della qualità della terapia del dolore cronico da cancro. Tuttavia, secondo un rapporto pubblicato dal Lancet [1], il 90 per cento di tutta la morfina nel mondo è consumata dal 10 per cento della popolazione nei paesi più ricchi. Anche la distribuzione di questi farmaci mostra un divario tra paesi, rispecchiando le disuguaglianze nella salute. Delle 298 tonnellate di oppioidi equivalenti alla morfina distribuiti nel mondo ogni anno (distribuzione media nel 2010-13), solo 0,1 tonnellate sono distribuite nei paesi a basso reddito. La quantità di oppioidi equivalenti alla morfina distribuiti ad Haiti è pari a 5 mg per ciascun paziente che necessiti di cure palliative all’anno, il che significa che oltre il 99 per cento del bisogno non è soddisfatto. Al contrario, la distribuzione annuale di morfina è di 55.000 mg per ciascun paziente che necessiti di cure palliative negli Stati Uniti e più di 68.000 mg in Canada –molto più del necessario per soddisfare tutte le cure palliative e altre esigenze mediche per gli oppioidi sulla base delle stime della commissione del Lancet. Sembra che la paura del dolore superi quella dell’uso di droghe, ma questo vale solo per alcuni paesi. Oppure, nel caso di alcol e tabacco, sembra che alcune droghe siano percepite come meno dannose, e quindi legali, e pertanto facciano meno paura di altre. Un articolo del 2010 [2], ormai diventato un cult, confronta la pericolosità delle varie sostanze secondo diversi criteri. L’alcol risulta essere quella ritenuta più dannosa, con un punteggio complessivo di 72/100, seguita dall’eroina (55/100) e dalla cocaina (54/100). L’articolo conclude che la pericolosità non sembra correlarsi con le classificazioni, ovvero le tabelle delle sostanze adottate dal Regno Unito, che quindi non prendono in considerazione il danno, perché altrimenti l’alcol dovrebbe essere bandito, essendo molto più dannoso di altre droghe illegali quali cannabis, acido lisergico (lsd) e funghi psicotropi.

Affrontare l’argomento basandosi sulle paure non solo è inefficace ma può anche essere dannoso.

Emotività versus razionalità
Anche a livello globale è stata alimentata una paura verso le droghe, con la guerra dichiarata nel 1998 dalla United nation general assembly special session on drugs (Ungass), ovvero il summit di più alto livello per valutare e discutere le scelte politiche mondiali sulla droga, quando si è riunito con lo slogan “A Drug Free World – We can do it”. A distanza di circa vent’anni ci si è resi conto che tutto ciò, anziché risolvere, ha inasprito alcune delle problematiche di salute pubblica droga-correlate: sono aumentate le carcerazioni, sono state alimentate la corruzione, la violenza e il mercato nero degli stupefacenti, tant’è che la cadenza decennale dell’assemblea prevista per il 2019 è stata anticipata al 2016. Il summit del 2016 si è concluso affermando che “il problema mondiale della droga rimane una responsabilità comune e condivisa che dovrebbe essere affrontata in un contesto multilaterale, attraverso efficaci e maggiori sforzi di cooperazione e che richiede un approccio integrato, multidisciplinare, mutuale, bilanciato, basato sull’evidenza scientifica e onnicomprensivo” [3]. Quindi alcuni governi si sono parzialmente messi in discussione e con coraggio hanno riaffrontato il tema droghe, rendendosi conto che affrontare l’argomento basandosi sulle paure non solo è inefficace ma può anche essere dannoso. Ma lo stesso approccio non sembra essere messo in atto da alcuni politici, e non solo, che spesso si rivolgono all’opinione pubblica con toni allarmanti. Recentemente su una testata giornalistica nazionale [4] è stato scritto “che i genitori (di ragazzi, ndr) che consumano non sanno che fare. Sono disperati. Uno di loro ha raccontato (…) qualcosa che può apparire terribile, ma è invece esperienza comune (…) che molti padri e madri sperano con tutto il cuore che i loro figli siano fermati e processati per un reato”. Quindi facendo loro paura, e non affrontando il tema partendo dalla diffusione di conoscenze, senza ideologie, senza dare giudizi, sui reali rischi e sui veri danni che causano le droghe, per rendere i consumatori, ma anche tutti i giovani in generale, consapevoli e informati, liberi di scegliere. Ma ci vuole coraggio ad affrontare il tema droga con questa diversa modalità, un coraggio che combatta la paura e che parta dalla conoscenza e diffusione di pratiche che si basano sulle evidenze, per fare qualcosa che serva veramente.

Bibliografia

[1] Knaul FM, Farmer PE, Krakauer EL, et al. Alleviating the access abyss in palliative care and pain relief—an imperative of universal health coverage: The Lancet Commission report. Lancet 2017;391:1391-454.
[2] Nutt DJ, King LA, Phillips LD. Drug harms in the UK: a multicriteria decision analysis. Lancet 2010;376:1558-65.
[3] www.ungass2016.org
[4] Polito A. La droga e i nostri ritardi. Corriere della Sera, 14 febbraio 2019.