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Sostenibilità Articoli

La speranza di vita rende tutto più complicato?

L’invecchiamento della popolazione non è un “problema” solo sanitario.

Giuseppe Costa

Direttore SCaDU, Servizio sovrazonale di epidemiologia, Asl Torino 3, Università di Torino

By Maggio 2019Luglio 29th, 2020Nessun commento

Nonostante resti vero che gli over 65 consumano più assistenza sanitaria, tra farmaci visite e ricoveri, la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale di fronte all’invecchiamento potrebbe non essere messa a rischio così severamente. Ci sono diversi fattori, infatti, che vanno tenuti in considerazione.

Senza dubbio l’invecchiamento produce una estensione della morbosità, ma una parte significativa di questa espansione è dovuta alla tendenza di una migliore anticipazione diagnostica. L’attenzione delle persone alla propria salute e le campagne di prevenzione del servizio sanitario volte a fare diagnosi precocemente, infatti, permettono che vengano riconosciute per tempo diverse patologie croniche che avranno una storia naturale meno severa. Per esempio, se si riconosce una patologia diabetica a sessant’anni invece che a settanta si riuscirà a tenere la glicemia sotto controllo più facilmente evitando o limitando le possibili complicanze. L’espansione della morbosità da anticipazione diagnostica, quindi, sarebbe pienamente sostenibile perché si accompagna a un contenimento dei costi legati alle complicazioni. Inoltre occorre tenere a mente che stanno iniziando a invecchiare generazioni che hanno condiviso condizioni di vita molto più favorevoli rispetto alle precedenti: da un punto di vista ambientale e di alimentazione, ma anche di istruzione e qualità della vita. Questo significa che le nuove generazioni di anziani inizieranno ad ammalarsi molto più tardi rispetto alle precedenti; dunque le previsioni di impatto dell’invecchiamento sui consumi sanitari non dovrebbero fondarsi sul fabbisogno sanitario degli attuali anziani ma su quello peculiare e molto più favorevole degli anziani di domani. Unica eccezione sono le malattie neurodegenerative, che, essendo malattie tipiche dell’età avanzata, vedono una reale espansione della morbosità con l’invecchiamento. Espansione che rappresenta un vero peso supplementare per la sostenibilità al servizio sanitario.

Per quanto riguarda la disabilità, contrariamente alla morbosità, essa mostra nel nostro paese una modesta compressione: con l’invecchiamento della popolazione si osserva che le persone diventano disabili e perdono capacità funzionali a un’età più avanzata, così che il numero di anni vissuti in disabilità sembra diminuire con l’invecchiamento. Come conseguenza di quanto osservato con una morbosità meno severa e con generazioni di nascita più sane, è ragionevole aspettarsi che il rischio di disabilità si riduca e ritardi il suo esordio. Ancora una volta l’unica vera disabilità in espansione è quella legata alle malattie neurodegenerative.

L’azione in difesa della salute pubblica deve investire la responsabilità di tutte le politiche.

Un altro aspetto da tenere in considerazione riguarda i cambiamenti dei denominatori, soprattutto i cambiamenti inattesi. La coorte di nascita dei baby-boomer del primo dopoguerra è diventata ultranovantenne, inflazionando questa fascia di età che è ad alto rischio di morbosità, disabilità e mortalità. Se durante la prima guerra mondiale c’era stata una forte depressione demografica perché gli uomini erano al fronte e l’epidemia di influenza spagnola aveva falcidiato, nel periodo successivo si è verificato un grande aumento delle nascite. Quando all’inizio degli anni 2010 questa generazione di babyboomer è entrata tra gli ultranovantenni, aumentando di un 40 per cento il numero di assistiti in questa fascia di età, il nostro servizio sanitario si è trovato ad affrontare un aumento del 40 per cento del fabbisogno sanitario per questa popolazione, cosa che spiega il ricorrente allarme negli ultimi dieci anni per l’intasamento del pronto soccorso nelle emergenze stagionali.

Nonostante questo, resta il fatto che la popolazione sopra i 65 anni consuma un numero maggiore di farmaci, visite, esami, ricoveri e assistenza residenziale. Nelle età più avanzate il fabbisogno di visite, esami e ricoveri tende poi a declinare. Dal punto di vista del modello assistenziale la principale sfida dell’invecchiamento è rappresentata dalla multicronicità e dallo stato di fragilità, cioè di una minore capacità di adattamento di questi pazienti con più patologie croniche agli stress ambientali e degli eventi di vita. Di fronte a questa sfida i modelli assistenziali tendono a spostarsi più verso una medicina di iniziativa che una medicina di attesa, facendo in modo che il sistema impari a riconoscere pro-attivamente e per tempo le persone a rischio e a indirizzarle su strade di automedicazione o di presa in carico del paziente da parte della medicina generale o di quella specialistica in proporzione alla gravità.

Infine occorre riconoscere che il sistema sanitario non può farsi carico da solo della sostenibilità del fabbisogno sanitario derivante dall’invecchiamento. La morbosità e quindi il fabbisogno dipendono in maniera decisiva dallo status socioeconomico delle persone: alcuni anni di aspettativa di vita libera da disabilità separano le persone di alta e bassa posizione sociale. Quindi, l’azione in difesa della salute pubblica non può essere confinata all’ambito sanitario, ma deve investire la responsabilità di tutte le politiche. Queste disuguaglianze di salute in Italia sono di minore intensità di quelle osservate nel resto d’Europa, probabilmente grazie all’effetto protettivo sia della dieta mediterranea, ancora uniformemente distribuita nella popolazione, sia del Sistema sanitario nazionale che garantisce le prestazioni essenziali in modo universalistico anche ai ceti meno abbienti. Per venire incontro a questa esigenza di presa in carico da parte di diverse politiche, non solo di quelle sanitarie, in diverse regioni stanno nascendo formule di integrated community care dove vengono coinvolte risorse e responsabilità sociali, sanitarie, delle politiche urbane e della casa, del privato sociale e di tutti gli attori che possono condividere risorse ed energie dentro la stessa comunità locale.