Il vostro centro Cspe si occupa nello specifico dello sviluppo di ricerche, studi e progettazione nel settore sanitario e sociale. Che cosa considerate prioritario nella ideazione degli spazi di cura?
La priorità è perseguire i principi di umanizzazione dei luoghi per la cura, la formazione e la ricerca. Quindi la sfida per noi è progettare gli spazi intorno alle persone che abitano questi luoghi nel rispetto delle loro preferenze ed esigenze funzionali tenendo in considerazione la funzione che la struttura deve avere e la rete di servizi in cui deve inserirsi secondo quanto l’organizzazione impone. Questa impostazione di progettazione e ideazione trova le sue basi negli studi del professor Romano Del Nord, co-fondatore del Cspe, scomparso prematuramente un anno fa. Parte delle sue ricerche sulla umanizzazione degli spazi di cura gli erano state commissionate dal Ministero della salute per il quale aveva curato un libro in cui spiegava come calcolare l’umanizzazione in uno spazio di cura e quali i criteri per realizzarla.
Fa parte della nostra filosofia sperimentare sempre nuovi modelli sostenibili e nuovi criteri di umanizzazione.
Quali sono i vostri criteri per l’umanizzazione degli spazi?
Il criterio è progettare una struttura che abbia al centro tanto il paziente quanto i familiari e i professionisti sanitari. Va molto di moda l’espressione “mettere il paziente al centro” ma il paziente è solo una parte del percorso di cura. Questo implica che la progettazione di un ospedale e di qualsiasi spazio legato alla sanità richiede di mettersi attorno al tavolo con i committenti e le diverse figure che vivono quegli spazi. Solo attraverso un progetto partecipato possiamo pensare la struttura ospedaliera come un luogo umanizzato, democratico e integrato nel contesto sanitario e territoriale. Ad esempio per la progettazione dell’ospedale pediatrico Meyer ci siamo confrontati con un gruppo di lavoro formato dai rappresentati della direzione della struttura, dei medici e del personale infermieristico per cogliere i loro bisogni e proporre una serie di modelli, fino ad arrivare persino alla creazione di mock up in scala 1:1 per verificare che loro esigenze fossero state recepite. Durante lo sviluppo del progetto, dal confronto sono nate anche delle nuove idee che ci hanno permesso di rimodellare la progettazione e di ottimizzare gli spazi, e questo anche grazie alla consulenza di psicologi ambientalisti che ci hanno aiutato a mettere in relazione la percezione degli spazi sanitari con i meccanismi della psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza. Questo ci ha permesso per esempio di riunire le aree di attesa di ogni reparto in un grande spazio pluripiano luminoso, accogliente e riconoscibile, e di realizzare dei percorsi con le opere d’arte, inserite all’interno dell’architettura, che accompagnano fino alla degenza. Per noi la bellezza sta nel creare questo ambiente di accoglienza e accompagnamento alla cura, un ambiente che in questo modo cura meglio. Proprio in quest’ottica stiamo progettando una nuova sezione all’interno del parco, esterna all’ospedale, dedicata specificamente all’accoglienza dove al bambino e alla famiglia viene spiegato cosa succederà per poi essere condotti in reparto e in camera. Anche questo è un percorso lento e dolce, non traumatico ma più umano, per il bambino.
La sfida è progettare gli spazi intorno alle persone che abitano i luoghi della salute nel rispetto delle loro preferenze ed esigenze.
Difficoltà e ostacoli?
Uno degli ostacoli è quello della gestione e del controllo dei costi nonostante benefici e vantaggi di una architettura più umana che si traducono in vantaggi anche economici per il sistema sanitario. Per esempio è stato dimostrato che l’umanizzazione si traduce in una riduzione dei giorni di ospedalizzazione. Sul costo totale della vita dell’ospedale non incidono solo la progettazione e costruzione della struttura ma anche la manutenzione, la gestione e i costi del personale. Le nostre realizzazioni, a partire dall’ospedale pediatrico Meyer, partono dal presupposto di creare dei modelli che ottimizzino gli spazi e i costi durante tutto il ciclo di vita dell’ospedale e hanno dimostrato che in realtà molti dei criteri di umanizzazione non incidono sulla dimensione economica dell’intervento. Fa parte della nostra filosofia sperimentare sempre nuovi modelli sostenibili e nuovi criteri di umanizzazione.
Polo pediatrico Meyer, un ospedale a misura di bambino
Vincitore del premio “Toscana ecoefficiente” il nuovo polo pediatrico è stato inaugurato nel dicembre 2007. Il progetto si connota per la grande sensibilità nei confronti dell’ambiente e del costruito pre-esistente: un parco storico, un’antica villa, una collina di alto pregio paesaggistico. La parte nuova della struttura è stata costruita dietro quella preesistente che è stata ristrutturata affinché il bambino non avesse l’impatto del grande ospedale e attraversasse un percorso di pacificazione e di calma per entrare nello spazio di cura. All’interno, i materiali, la luce, i colori e la percezione del paesaggio concorrono alla creazione di uno spazio fisico e psichico che re-inventa l’idea di ospedale nel modo di vivere e gestire gli spazi a misura del bambino e delle persone che lo vivono.
- © M. Ciampi
- © D. Orlandi
- © P. Cagnacci
- © P. Cagnacci
- © P. Cagnacci
- Disegni © Cspe srl
- Disegni © Cspe srl