La rete è una conquista formidabile nell’ottica di un’informazione condivisa e accessibile. Ma è diventata anche il terreno fertile per numerose controversie, con posizioni opposte che si scontrano pur senza avere, spesso, pari dignità e la forza dell’evidenza. In questo ambito uno dei principali topic è quello dei vaccini e delle vaccinazioni.
A fronte di chiare evidenze scientifiche a favore dell’immunizzazione, le vaccinazioni sono progressivamente passate da argomento di discussione nella sola comunità scientifica a tematica che vede protagonista anche il grande pubblico. Questo ha portato, soprattutto sui social network, e non solo, a forti contrapposizioni ideologiche (e in alcuni casi anche politiche) legate a percezioni soggettive non corroborate da evidenze, con lo sviluppo progressivo delle cosiddette fake news.
Dopo un primo periodo di estrema confusione, oggi si può comunque dire che esiste una polarizzazione ben definita delle discussioni sul web sull’argomento vaccini e soprattutto che la rete ha sviluppato anticorpi efficaci nei confronti delle notizie false. A confermarlo è l’indagine “Voices from the blogs” dell’università di Milano che ha analizzato 530.000 postati da 60.000 utenti su Twitter e Facebook [1]. I risultati mostrano infatti una forte polarizzazione: chi è contrario ai vaccini non riesce infatti a convincere chi non la pensa allo stesso modo, condivisioni e commenti positivi arrivano solo da un utente esterno su cinque; è vero invece l’esatto contrario per le comunità più attive sul fronte pro-vaccini che, pur essendo molto simili per diffusione sul web, mietono consensi al di fuori della loro cerchia nell’80 per cento dei casi. I dati della survey milanese evidenziano quindi che gli anti-vax sono un gruppo chiuso che raccoglie l’8 per cento degli utenti che parlano di vaccini sui social, mentre i pro vaccini riescono a raggiungere anche utenti non polarizzati anche grazie al coinvolgimento degli influencer il cui ruolo, in un’epoca di ricorso a tecniche di narrazione come lo “storytelling”, appare di grande importanza: le esperienze condivise da Bebe Vio e da altre persone che hanno vissuto la realtà della malattia potenzialmente prevenibile con la vaccinazione portano a mobilitarsi e postare un commento anche chi altrimenti non farebbe sentire la sua voce online.
Il web rappresenta oggi la “second opinion” più utilizzata quando si parla di salute.
In termini generali, comunque, quando compaiono notizie relative alla vaccinazione (anche in chiave politica e non solamente scientifica) si ricrea la dinamica dei “gruppi”. Sempre secondo quanto riporta l’analisi condotta dai ricercatori milanesi i “picchi” di sostegno ai messaggi contrari alla vaccinazione arrivano soprattutto dopo attacchi diretti e con ampia risonanza, come il boicottaggio dei documentari sui danni ai vaccini; mentre chi ha una visione positiva della vaccinazione tende a guadagnare terreno online quando si diffonde la paura per le malattie che si possono prevenire con i vaccini, come nel caso del cluster di meningite registrata qualche tempo fa in Toscana.
Sempre di più le notizie sull’immunizzazione vaccinale, soprattutto sul web, diventano comunque stimolo di discussione indipendentemente dal fatto che siano o meno sostenute da una realtà scientifica acclarata e dimostrata. In questo senso, aumentano il rischio di ricomparsa di fake news, a partire da quelle legate al rapporto tra vaccinazione e autismo fino alle notizie sui rischi di eccessivo stimolo antigenico legato al numero dei vaccini concentrati nel tempo e alla presenza di contaminanti o di sostanze potenzialmente nocive nei vaccini stessi. Molti dei falsi miti presenti in rete, peraltro, nascono proprio dalla correlazione, ampiamente smentita perché completamente falsa, tra vaccini e autismo. E i risultati, a distanza di anni, sono sotto gli occhi di tutti tanto da far dichiarare a Seth Berkley, l’amministratore delegato di Gavi alliance: “È incredibilmente preoccupante vedere che, a vent’anni dalle false affermazioni pubblicate da Andrew Wakefield nel suo famigerato documento di ricerca, la fiducia del pubblico nella vaccinazione non si sia ancora ripresa. Ora più che mai, è fondamentale combattere il fattore di paura guidato dalla disinformazione nei confronti dei vaccini e proteggere gli individui e le comunità dalla distruzione che le malattie infettive possono causare”.
Probabilmente il trend del dibattito su vaccini e fake news influenzerà anche la diversa predisposizione delle diverse fasce d’età della popolazione dei giovanissimi verso questo argomento. Diversi sondaggi, infatti, rilevano che rispetto al resto della popolazione i millennials sono più propensi a cercare le notizie sui siti più affidabili e dare importanza all’autorevolezza delle fonti [2].
Contrastare adeguatamente le fake news con il linguaggio e con gli strumenti più efficaci significa costruire una rete che si basi sulla fiducia percepita dall’interlocutore in relazione all’emittente, sia esso persona o istituzione, e sull’efficacia dei messaggi. Il web rappresenta oggi la “second opinion” maggiormente utilizzata quando si parla di salute. Lo conferma un’indagine del Censis [3] che ha rilevato come nove italiani su dieci chiedano proprio alla rete conferma alle loro ansie. Questa dinamica informativa impegna in primo luogo il livello istituzionale che deve farsi carico di offrire verità scientificamente certificate. Oggi non è più sufficiente solamente smentire un’eventuale fake news, ma bisogna essere in grado di proporre con autorevolezza la verità basata su dati scientifici. Non mancano infatti le evidenze a supporto dell’importanza delle vaccinazioni come intervento sanitario efficace per l’eradicazione delle malattie infettive e anche nella lotta alla resistenza antimicrobica [4]. Lo stesso piano d’azione europeo One Health contro la resistenza antimicrobica [5] pone l’accento sul valore dei vaccini e degli strumenti prebiotici nella lotta contro la resistenza antimicrobica e le infezioni associate all’assistenza sanitaria e raccomanda l’integrazione di obiettivi in materia di vaccinazioni e controllo delle infezioni durante tutta la vita nella popolazione. Il documento – non da ultimo – sottolinea l’importanza che il pubblico disponga di informazioni accessibili e sia sensibilizzato.
In questa società “liquida” bisognerebbe tornare alla solidità della scienza.
In genere davanti a problemi complessi il cittadino è portato a cercare scorciatoie e le notizie false possono essere viste come una soluzione semplice ed emotivamente coinvolgente. Per questo tutti gli stakeholder del sistema debbono essere in grado di saper comunicare autorevolmente e con la necessaria attenzione al target e alla complessità del messaggio, senza cadere nell’errore che vede l’esperto vero perdere più tempo a spiegare gli errori dell’esperto falso che a diffondere vera conoscenza. Solo con una particolare attenzione a questo aspetto potremmo far sì che internet non si trasformi da formidabile strumento di conoscenza rapida a strumento di disinformazione altrettanto efficace, in una logica di estremizzazione” che nuoce soprattutto al cittadino.
Bisognerebbe in questa società “liquida” tornare alla solidità della scienza perché, parafrasando Galileo Galilei, “le verità scientifiche non si decidono a maggioranza”.
Bibliografia
[1] Voices from the blogs, spinoff dell’università di Milano. Meningite e vaccini. Le opinion e le reazioni della rete 2017.
[2] McFadden E. In news we trust: latest study from teads reveals consumers’ deep ties to news content. Teads news, 16 maggio 2018.
[3] Censis Assosalute 2017.
[4] Vaccines europe. The role of vacccination in reducing antimicrobical resistence, 16 novembre 2016.
[5] Proposta di risoluzione del Parlamento europeo su un piano d’azione europeo “One Health” contro la resistenza antimicrobica, 12 luglio 2018.