Quello del tempo è un tema ricorrente e molto presente, in particolare ai nostri giorni, nel lavoro di cura, professionale e non. Per la cura professionale, le dotazioni organiche sono state tradizionalmente dimensionate in base al tempo (minuti/tempo infermiere da dedicare al paziente): questo aspetto è via via diventato una barriera che ha automatizzato il lavoro e reso più difficile una componente essenziale alla base della cura stessa e della sua qualità, cioè la relazione/tempo di dialogo con il paziente. Come recentemente riconosciuto dalla legge 219/2107 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” il tempo di comunicazione tra medico (e, aggiungiamo, infermiere) e paziente costituisce tempo di cura. Certo, deve esistere un equilibrio tra il tempo a disposizione e il tempo di comunicazione, ma quest’ultimo deve esserci.
Tuttavia la giornata dell’infermiere viene scandita dai tempi, importanti e ineludibili, dell’organizzazione del lavoro: quelli per le consegne, per la visita, per la terapia, per la documentazione, per il riordino e, non da ultimo, per la burocrazia. Mentre per l’ascolto e per le richieste dei pazienti non vi è nella maggior parte dei casi un tempo dedicato (e neanche previsto dall’organizzazione) ma un tempo che, a seconda delle situazioni, può essere percepito come regalato oppure sprecato, perso oppure sottratto ad altro di più importante: un tempo fuori dal lavoro.
Non sorprende quindi che quando gli studenti infermieri iniziano a lavorare sono motivati da valori e ideali. Come è stato loro insegnato, nel percorso formativo in aula, sono convinti di poter fornire un’assistenza di alta qualità e olistica (cioè che si prende cura della persona, e non solo della malattia) e di avere tempo da dedicare ai pazienti e ai loro familiari. Tuttavia già a distanza di un anno e mezzo si rendono conto di non riuscire a lavorare così come avrebbero voluto (e come i pazienti si aspettano) [1]. Questa situazione non sembra migliorare negli anni: la maggior parte degli infermieri non riesce a fare quello che dovrebbe [2] e la mancanza di tempo continua a essere la sfida principale per la professione infermieristica sia a livello internazionale che nazionale [3].
Gli statunitensi, molto pragmatici, hanno proposto agli infermieri una serie di regole per una gestione ottimale del proprio tempo: arrivare presto al lavoro per leggere le consegne e organizzarsi; annotarsi le cose da fare e valutare quanto tempo richiedono; definire le priorità, cominciando dalle cose più urgenti; evitare di fare cose non presenti nell’elenco; imparare a dire no; ascoltare i pazienti; prendersi una pausa, per rilassarsi e concentrarsi su cosa fare; essere flessibili; non essere troppo esigenti con se stessi [4]. Da sole queste regole come altre sono però insufficienti a risolvere un problema che richiede una presa di coscienza da parte delle organizzazioni, di chi lavora e anche dei pazienti, che devono vedere riconosciuto nel tempo dedicato dagli operatori un loro diritto.
In una professione intellettuale è fondamentale dedicare del tempo alla comunicazione e al pensiero, e qui sta una delle grosse contraddizioni dell’assistenza infermieristica che si inserisce purtroppo in un’organizzazione che monetizza le ore e i minuti, facendo rientrare le attività di cura in una dimensione quantitativa, spesso slegata dal significato e dalle azioni che vengono eseguite. Essenzialmente il lavoro degli operatori sanitari viene imbrigliato in ritmi rigidi che rispondono alle esigenze del sistema e – non sempre – coincidono con quelle dei pazienti. Una distribuzione dei tempi organizzata secondo una logica piramidale, fatta di priorità assolute definite sulla carta, diventa difficile da accettare – in particolare per le infermiere in quanto più consapevoli dell’importanza delle relazioni e della natura qualitativa del tempo (il fatto di essere donne conta non poco in questo vissuto) [5]. Per l’incalzare delle cose da fare e i ritmi di lavoro serrati, si viene messi nelle condizioni di non poter disporre del proprio tempo: tutto è importante da fare e difficilmente si riesce a trovare il punto oltre il quale occorre dire: “Basta! Lasciamo indietro alcune cose. Fermarsi con questo paziente è più importante”. Le professioni di cura incontrano storie e persone con problemi, e non solo problemi clinici: devono esserci tempi per il lavoro e tempi per le vite, ma spesso il tempo a disposizione degli infermieri non è al servizio delle persone e delle vite.
Il tempo a disposizione degli infermieri spesso non è tempo al servizio delle persone e delle vite.
Noi infermieri per primi siamo consapevoli che la cura richiede tempo. Più che lottare contro il tempo si deve lottare per il tempo [6]: per avere un numero sufficiente di personale necessario per la presa in carico delle situazioni complesse [7], per conoscere e interagire con i pazienti e i loro familiari senza limitarsi a dire cosa devono fare e quali terapie prendere. Le evidenze dicono che il tempo trascorso al letto del paziente migliora gli esiti e che questo tempo non deve essere riempito di cose da fare [8]. La vera sfida è riprendersi questo tempo: una rivoluzione che deve partire dalle logiche organizzative, contro un’informatizzazione che sempre più sottrae minuti lavoro senza restituire tempi, privilegiando e promuovendo l’ascolto che è una delle condizioni fondamentali per poter assistere.
La vera sfida è riprendersi il tempo di cura.
IL DECALOGO DELL’INFERMIERE PER LA GESTIONE DEL TEMPO
- Arriva presto al lavoro per leggere le consegne e organizzarti con calma.
- Annota le cose da fare per aver chiari i compiti che dovrai svolgere e per quale paziente.
- Valuta quanto tempo richiede ciascun compito per evitare di impegnare troppo tempo in uno e di trascurarne un altro.
- Definisci le priorità cominciando dalle cose più urgenti da uno a dieci.
- Evita di svolgere mansioni non presenti nell’elenco e non necessarie che ti farebbero perdere tempo.
- Impara a dire no, spiegando per esempio al paziente che in quel momento non puoi soddisfare le sue richieste ma che tornerai presto ad aiutarlo.
- Ascolta i pazienti: le loro priorità possono essere diverse dalle tue.
- Prenditi una pausa, per rilassarti e concentrarti su cosa resta da fare.
- Sii flessibile: in reparto può capitare che le priorità cambino nell’arco della giornata.
- Non essere troppo esigente con te stesso.
Fonte: Nadine Woogara. Nursing Times, 2012.
Bibliografia
[1] Maben J, Latter S, Mcleod Clark J. The sustainability of ideals, values and the nursing mandate: evidence from a longitudinal qualitative study. Nurs Inq 2007;14:99-113.[2] Bassi E, Tartaglini D, Palese A. Termini, modelli concettuali e strumenti di valutazione delle cure infermieristiche mancate: una revisione della letteratura. Assist Inferm Ric 2018;37:12-24.
[3] Ball J. Nurses are short of time, not compassion. International Nurses day 2015. Independent, 25 maggio 2015.
[4] Woogara N. Ten ways to effectively manage your time in the ward. Nursing Times, 30 marzo 2012.
[5] Rampazi M. Tempo di vita e tempo di lavoro nell’esperienza femminile. Corso “Donne, Politica, Istituzioni”, AA 2005-2006, Università di Pavia.
[6] Alaimo M. Quanto tempo ci vuole per curare?it, 13 dicembre 2016.
[7] Laquintana D, Pazzaglia S, Demarchi A. Le nuove metodologie di valutazione del fabbisogno del personale infermieristico, medico e di supporto: un esempio di applicazione. Assist Inferm Ric 2017;36:123-34.
[8] Aiken LH, Sloane D, Bruyneel L, et al. for the RN4CAST consortium. Nurse staffing and education and hospital mortality in nine European countries: a retrospective observational study. Lancet 2014;383:1824-30.