“Il successo della medicina di precisione ha bisogno della prospettiva della medicina di popolazione”. Così titolava il post di Muin J. Khoury sul blog dei Centers for disease control and prevention (CDC) [1]. Era il 29 gennaio 2015 e l’annuncio della Precision medicine Initiative (PMI) era stato dato da pochi giorni: un tempo sufficiente a rendere necessaria una puntualizzazione da parte dello stesso direttore dell’Office of Public Health Genomics dei Centers.
La nota non tardava a specificare che la PMI non si sarebbe limitata a considerare le differenze genetiche individuali, ma si sarebbe spinta a personalizzare le strategie anche in base ad altri fattori ugualmente importanti, come le esposizioni ambientali e gli stili di vita. Fatto sta, commentava Khoury, che è impossibile non confrontare i dati individuali con quelli che si riferiscono ad ampie popolazioni per riconoscere le caratteristiche individuali rilevanti e identificare sottogruppi di popolazione che è probabile rispondano differentemente ad alcune terapie e ad altri interventi.
Inoltre, proseguiva Khoury, raccogliere dati senza tenere conto di fattori come l’etnia, il genere o l’età può compromettere la qualità delle informazioni per un sostanziale selection bias. C’è la questione, poi, della ricaduta attesa della PM che è prevalentemente centrata sulla terapia. La prevenzione di precisione è una strada possibile: per esempio, è ipotizzabile mettere in atto degli interventi personalizzati per la cessazione dell’abitudine al fumo indirizzandoli alle persone con particolari caratteristiche di metabolismo della nicotina o, più comunemente, vigilare sul rischio oncologico di chi ha una familiarità per il cancro. Ma, per dare senso a un genoma, abbiamo bisogno di migliaia di genomi, sottolineava Khoury riprendendo un’affermazione di Craig Venter: sono necessari studi epidemiologici di vasta portata per mettere a fuoco i determinanti genetici e non di diverse patologie.
Decenni di ricerca hanno documentato che la salute è determinata da molto di più dell’assistenza sanitaria.
National Research Council – Institute of Medicine Report
Qualsiasi personalizzazione dettata dalla genetica “avviene nel più ampio contesto delle organizzazioni sanitarie, delle famiglie, delle comunità e delle politiche federali. L’imperativo di salute pubblica è garantire che qualsiasi applicazione validata raggiunga tutti i segmenti della popolazione e proteggere i pazienti e la comunità dall’implementazione prematura di interventi di efficacia modesta, inefficaci o addirittura dannosi. Non sono le evidenze a provocare un sovratrattamento ma la scarsezza di prove o una sovra interpretazione dell’evidenza stessa” [2].
Altro che contrapposizione tra PM e EBM: al contrario, anche l’epidemiologia clinica sarà sollecitata dalla necessità di disegnare studi in grado di fornire maggiori informazioni, all’occorrenza liberandosi dalla “dittatura” dei trial controllati randomizzati.
Tutte queste, però, sono dichiarazioni di principio e vedremo nei prossimi anni se l’evoluzione della PMI andrà effettivamente in questa direzione. Allo stato attuale, restano le perplessità di chi teme – cifre alla mano – che i finanziamenti per l’iniziativa della amministrazione Obama possano realmente penalizzare le strategie di sanità pubblica. È il caso di Ronald Bayer, della Mailman School of Public Health della Columbia University, autore di una coraggiosa Perspective pubblicata sul New England Journal of Medicine [3], da lui firmata insieme a Sandro Galea, della Boston University School of Public Health.
Bibliografia
[1] Khoury MJ. Precision Medicine and Public Health: Improving Health Now While Generating New Knowledge for the Future. Genomic and health impact blog CDC. 13 febbraio 2014. Ultima consultazione 5 ottobre 2015.[2] Stewart A, Khoury MJ. Is evidence-based medicine the enemy of genomic medicine? Genomic and health impact blog CDC. 13 febbraio 2014. Ultima consultazione 5 ottobre 2015.
[3] Bayer R, Galea S. Public health in the precision medicine era. New Engl J Med 2015; 373: 499-501.