Per discutere insieme sul significato delle parole
Luca De Fiore, Il Pensiero Scientifico Editore
Alle 4:09 dell’11 febbraio 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato il nuovo nome della malattia da coronavirus #2019nCoV. Da allora in poi avremmo dovuto indicarla come COVID-19. Seguiva lo spelling a evitare fraintendimenti: C-O-V-I-D hyphen one nine. Tre ore dopo l’annuncio, arrivava il commento del direttore generale dell’Oms, Tedros A. Ghebreyesus: “Having a name matters to prevent the use of other names that can be inaccurate or stigmatizing”.
Se ce ne fosse stato bisogno, è la conferma che intendersi sulle parole è un passaggio fondamentale: in una coppia, in famiglia, sul lavoro, nella comunità scientifica come in quella sociale, ancora più allargata. Intendersi sul significato delle parole vuol dire interrogarsi sui fatti, sulla loro genesi, sulla loro rilevanza, sulle conseguenze che possono avere. Più semplicemente, significa avere maggiori probabilità di parlare della stessa cosa quando ci si confronta.
Avviando il progetto Forward abbiamo scelto di parlare delle questioni di emergente importanza per la sanità italiana e internazionale, cercando di collegarle ogni volta a una parola che fosse capace di rappresentare un insieme di problemi e di opportunità. Non è un compito semplice. Non solo: spesso rischia di essere una scelta che suggerisce una direzione diversa da quella che sin dall’inizio ha informato il progetto: rischia infatti di limitare e non rappresentare la molteplicità di sguardi che contribuiscono alla definizione e alla conduzione delle politiche per la salute e dell’assistenza sanitaria. Una parola – pensiamo al valore, alla sostenibilità, alla paura o al coraggio, per esempio – difficilmente riesce a risolvere la complessità delle problematiche che dietro di lei si nascondono. Ecco che, allora, il lavoro sulle parole deve trasformarsi in un percorso di scavo per andare a cercare cosa si nasconde dietro di loro.
La scelta dell’Oms ha fatto discutere sia i buontemponi (“Kung Flu was better”) sia i criticoni a oltranza (“You should research about epidemiology rather than names”): intendersi sulle parole è spesso meno difficile che mettersi d’accordo sulla necessità di discutere il loro significato. Eppure è proprio questa la finalità del progetto Forward: convincere dell’opportunità di un confronto aperto, sincero e inclusivo su cosa sta dietro alle parole della nuova sanità. Il rischio di essere in disaccordo è molto minore e meno importante dei vantaggi di poter riflettere sul punto di vista degli altri che, come noi, sono coinvolti nella sfida avventurosa del proteggere o migliorare la salute dei cittadini.
Parole, parole, parole
Antonio Addis, Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale del Lazio, Asl Roma 1
Spesso ci chiedono come facciamo a selezionare le parole che vengono poi approfondite durante l’anno.
A quattro anni dall’inizio dei lavori del progetto Forward è possibile guardare indietro al lavoro fatto fino ad oggi e fare un primo bilancio. Siamo chiaramente attratti da quelle parole chiave che pur circolando insistentemente tra gli operatori sanitari, presentano un alto rischio di essere interpretate e usate nella maniera più disparata, spesso creando enormi attese di salute. Cerchiamo di andare dove c’è bisogno di discussione e studio, prendendoci il tempo necessario per approfondire e cercare le giuste competenze. Per quanto dedicata all’innovazione in ambito medico la nostra è un’attività lenta, lì dove al contrario, la velocità viene percepita come un fattore scontato.
Nel tempo ci siamo sempre più convinti che i cambiamenti hanno bisogno di ascolto e le decisioni che governano l’innovazione di un atteggiamento critico capace di gestire l’incertezza delle prove. Per fare ciò ci sembra sempre più interessante misurare le diverse tematiche tenendo conto di quanti più punti di vista possibili.
Uno dei risultati che sentiamo di rivendicare è quello di sentirci sempre più spesso chiamati da qualcuno che ci dice: “perché la prossima volta non scegliete come parola…”. Prendersi il tempo di un approfondimento per parole chiave, senza il desiderio di muoversi per soluzioni, potrebbe essere un approccio contagioso.
Naturalmente si tratta di un format che non si adegua facilmente alle tante occasioni di interazione pubblico-privato, dove il confronto è solo un rito scontato in cui ognuno finge di comprendere l’altro solo per vender meglio le proprie certezze.
Al contrario, l’incertezza e la possibilità di accettare onestamente la sfida del confronto, rimane anche quest’anno una delle cifre caratteristiche del nostro progetto.
La giornata 4words2020 si chiude quindi con più domande e stimoli di quando non sia cominciata: ma a noi va bene così.
Una rete che cresce
Marina Davoli, Direttrice Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale del Lazio, Regione Lazio, Asl Roma 1
Quasi 500 gli iscritti a 4words20, più della metà al di fuori della regione Lazio e con un numero non più esiguo di specializzandi della facoltà di medicina in risposta all’impegno di Forward di raggiungere sempre più i giovani. Un’altra buona notizia è la presenza di donne che quest’anno superano la metà degli iscritti. Nonostante l’impegno e la volontà non siamo riusciti a garantire un’equa rappresentanza femminile anche tra i relatori e discussant a conferma che, purtroppo, il raggiungimento della parità di genere è un traguardo ancora lontano. Mi auguro pertanto che questo tema possa essere affrontato con la serietà che merita, e non in maniera demagogica e opportunistica, per esempio portandoci a declinare le future parole di Forward sempre con uno sguardo al genere.
In questa quarta giornata di 4words i miei ringraziamenti vanno a Renato Botti e Angelo Tanese che hanno sempre seguito il progetto Forward dal suo nascere e alle due istituzioni che essi rappresentano, rispettivamente la regione Lazio che, nonostante le difficoltà, ci ha sempre sostenuti e l’Asl Roma 1 a cui afferisce il Dipartimento di epidemiologia. Ringrazio inoltre tutte le persone che hanno scritto su Forward e non da ultimi i collaboratori del Dipartimento, i colleghi del Pensiero Scientifico e i rappresentanti delle sedici aziende del gruppo di lavoro Forward con i quali si discute periodicamente insieme sulle parole da affrontare. La formula pubblico-privato di Forward è una partecipazione alla pari che ci spinge al confronto con mondi altri dal proprio rendendo questa diversità proficua e arricchente.
Un confronto a partire dall’ascolto come vogliono essere le giornate 4words, aperte a tutti con l’auspicio di disseminare spunti di riflessione e di condividere esperienze, di fare rete dentro e fuori questa aula. Ricordando Alessandro Liberati che di reti ne ha costruite tante e progettate altrettante per una medicina basata sulle evidenze a partire dal coinvolgimento dei pazienti.