Piazza della Pilotta si chiama così perché c’era un campo dove si giocava alla pelota. In origine, era un gioco sanguinario associato al culto del sole, rappresentato dalla palla: il giocatore che la faceva cadere in terra andava sacrificato. Due squadre da sette persone, quattordici giocatori disposti a tutto. Sedici, invece, i giocatori di 4Words18 per il secondo convegno del progetto Forward che si è svolto a Roma, in piazza della Pilotta, il 25 gennaio. Niente sangue ma qualche sacrificio, come quello fatto da chi si è alzato alle 4 per raggiungere Roma da Cosenza o da un paesino del Veneto.
Raro ascoltare relatori del genere. Fuori dal giro dell’educazione continua all’italiana. Infrequente anche vedere una sala ancora abbastanza piena alle 17:30 senza neanche ci fosse da sbrigare la pratica finale del questionario di autovalutazione. La ragione potrebbe essere nella curiosità per un meeting dai contenuti poco prevedibili. Aperto da una relazione di Trisha Greenhalgh che ha confermato come la buona ricerca preveda, di fatto, un’attività di storytelling. Giornata che ha avuto un momento particolarmente emozionante nello speech di Danielle Ofri centrato sulla relazione tra il medico e il malato come “tecnologia” ad alto valore aggiunto. Sì, “tecnologia“, perché di questi tempi è questa la parola chiave in grado di aprire la serratura dell’attenzione. Perché le sia riconosciuta importanza, serve che il recupero della rilevanza del rapporto tra il paziente e il curante sia considerato una innovazione.
Al punto che potrebbe addirittura meritare un fondo ricco di risorse per finanziare la formazione alla capacità di dialogare…
Se c’era un attrito, nel corso di 4Words18, era tra la domanda di rapidità costantemente rivolta a sanità e medicina e l’esatta pacatezza dei relatori, dei discussant e degli interventi di commento. Sembra non si possa mai trovare la calma necessaria per osservare l’innovazione nel modo che solo ci permetterebbe di valutarla. Quasi che per cogliere l’immagine di un treno in corsa dovessimo noi stessi, sempre e per forza, seguirlo in parallelo alla medesima velocità. Tutto va vissuto di corsa, nonostante molti indicatori parlino di un Paese, il nostro, quasi fermo.
L’editoria scientifica, e più in generale la comunicazione, non aiuta a mettere a fuoco meglio la realtà: pubblicazione accelerata, selezione inadeguata dei contenuti così che il filtro di qualità sia sempre meno affidabile. Il tempo sarebbe un alleato prezioso, per riflettere, valutare, selezionare, migliorare la qualità. Prendersi il tempo per partecipare a una giornata come quella del 25 gennaio alla Pilotta non può essere considerato un lusso. Ma neanche, dai più intransigenti, un “dovere“.
Dovrebbe essere, semplicemente, un diritto.
Articolo pubblicato anche su Dottprof.com.